Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky anche la settimana passata ha compiuto il suo tour (virtuale) dei parlamenti, dopo aver già parlato davanti a quello europeo, tedesco, israeliano, canadese, britannico e statunitense. Martedì Zelensky ha tenuto un discorso collegato in videoconferenza con il parlamento italiano, mentre mercoledì ha parlato ai parlamentari francesi e giapponesi.
Fino ad ora i suoi interventi si sono contraddistinti per il fatto di seguire un format in cui il presidente cerca di sensibilizzare i politici a cui si rivolge paragonando l’attuale situazione in Ucraina a tragedie storiche proprie del paese “visitato” di volta in volta. Ad esempio ha fatto riferimento all’olocausto, al muro di Berlino, all’11 settembre, all’attacco a Pearl Harbor del 1941, ha citato Winston Churchill, Shakespeare e Martin Luther King; inoltre ha cercato di smuovere le coscienze chiedendo ai parlamentari di immaginarsi come dovesse essere la loro nazione se fosse invasa con quelle modalità da un’autoritaria potenza straniera.
Questo tipo di retorica è ormai diventato prevedibile ma ciò non significa che non possa risultare efficace. In questo mese di guerra Zelensky ha mostrato delle abilità comunicative inaspettate, con cui è stato in grado di compattare il supporto dell’opinione pubblica occidentale attorno al popolo ucraino e con cui è riuscito a mobilitare la resistenza sia morale che concreta dei suoi cittadini contro l’invasore russo. Con questo non si vuole dire che le sue doti da leader siano l’unica spiegazione del sostegno esterno ed interno alla causa ucraina, ma sicuramente hanno aiutato.

In Italia fra le polemiche
Come anticipato, ad inizio settimana il presidente ucraino si è rivolto ai deputati e senatori italiani riuniti in seduta comune, a cui è susseguito un intervento del premier Draghi sempre riguardo la guerra in Ucraina.
Zelensky ha esordito dicendo che il popolo ucraino è il loro esercito e ha poi parlato della drammatica situazione dei bambini rimasti vittima del conflitto, dei feriti, dei morti, delle famiglie e delle case distrutte, “accusando” come tutto ciò sia risultato della procrastinazione a fare pressione sulla Russia. Ha invitato ad immaginare se la totale distruzione di Mariupol fosse avvenuta a Genova, visto che le due città hanno le stesse dimensioni.
Ha più volte ripetuto che la guerra è responsabilità di una sola persona, che ha potuto guadagnare dalle esportazioni di gas, e che l’obiettivo della Russia è influenzare l’Europa e distruggere i suoi valori. Ricordando la solidarietà comune fra Italia e Ucraina nel corso degli anni, Zelensky ha chiesto ancora una volta che vengano aumentate le sanzioni e le pressioni sulla Russia, invitando gli europei a non accogliere chi fa propaganda e disinformazione. In chiusura ha ringraziato per l’accoglienza dei profughi ucraini, “il vostro calore, il vostro coinvolgimento e la vostra forza devono fermare una sola persona affinché sopravvivano in milioni, gloria all’Ucraina e grazie Italia”.
Un discorso sicuramente potente e che si spera possa convincere la parte più ampia possibile della classe politica italiana a supportare convintamente il modello democratico che in questo momento è sotto attacco, e che finora è stato sotto attacco con mezzi più subdoli ed invisibili rispetto ad una guerra.
Concetto che non sembra condiviso da tutti i parlamentari. Infatti, secondo le stime mancavano all’appello 300-350 parlamentari e anche se si è trattato di una seduta informale delle camere, senza obbligo di presenza, è scontato sottolineare l’importanza storica dell’evento. La maggior parte degli assenti si sono giustificati con motivi di lavoro o personali, altri invece avevano detto che non avrebbero presenziato in aperta polemica con Zelensky.
15-17 parlamentari di L’Alternativa c’è avevano annunciato la loro assenza e così è stato. Si tratta di un gruppo di fuoriusciti del Movimento 5 Stelle, che rappresentano l’ala più intransigente e fedele al grillismo delle origini. Mancavano anche alcuni deputati/senatori del M5S e altri un tempo facenti parti del Movimento. Erano poi assenti quattro senatori del gruppo Italexit, il partito puramente euroscettico e sovranista fondato da Gianluigi Paragone. Si aggiungono infine alla lista come “ingiustificati” un paio di parlamentari di Forza Italia e Lega.

La posizione con cui questi si sono chiamati fuori è l’oramai già stancante discorso del né con Putin né con la NATO e dell’equidistanza dai due “blocchi”, spesso usato come maschera per nascondere quella che invece è la vicinanza proprio ad una parte, e non serve esplicitare quale. Un anti-atlantismo e anti-occidentalismo che si manifestano nella retorica pacifista e nello scetticismo verso l’esposizione mediatica di Zelensky. Fortunatamente un paese liberal-democratico come il nostro, a differenza di altri, permette di esprimere anche questo tipo di dissenso, tuttavia il picconamento dall’interno, sia simbolico che sostanziale, del modello di libertà in cui viviamo preoccupa chi questo modello lo ama, compreso il sottoscritto.
Anche in Francia
Il giorno seguente, mercoledì, il presidente ucraino ha parlato davanti al parlamento francese in seduta comune. Zelensky, nel chiedere aiuto all’Ucraina e nel condannare al Russia, si è adattato al contesto e ha esortato i parlamentari a mettere fine alla guerra contro la libertà, l’uguaglianza e la fraternità, i tre valori fondamentali e fondanti della Repubblica transalpina. Per sensibilizzare la platea ha fatto riferimento alla devastazione della città francese di Verdun dovuta alla prima guerra mondiale. Inoltre, non è mancato il ringraziamento al presidente Macron per lo sforzo profuso nel cercare una soluzione diplomatica con Putin sia prima che durante il conflitto.
Tuttavia, non sono mancate le critiche contro le aziende francesi che operano ancora in territorio russo, in particolare Renault, Auchan e Leroy Merlin. Le sanzioni attuali non impediscono loro di restare, ma la questione è stata spostata su un piano morale e politico: “Le aziende francesi devono lasciare il mercato russo […] Renault, Auchan, Leroy Merlin e altri devono cessare di essere sponsor della macchina da guerra della Russia […] Le imprese francesi devono smettere di finanziare il massacro dei bambini e gli stupri delle donne, i valori sono più importanti dei profitti”.

Per quanto riguarda l’umore della classe politica francese verso Zelensky, la situazione è simile a quella italiana. Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra Rassemblement National e candidata alle prossime elezioni presidenziali, inizialmente aveva detto che non avrebbe partecipato al discorso del presidente ucraino, giustificandosi col fatto di avere impegni già fissati: “Non ammiro particolarmente il presidente Zelensky […] Penso si stia comportando come un capo di stato e ciò non dovrebbe scatenare il nostro entusiasmo, dovrebbe essere un comportamento normale”. Le Pen alla fine però ha fatto marcia indietro e ha annunciato avrebbe partecipato alla seduta.
Queste posizioni di Le Pen non sorprendono più di tanto, la destra sovranista francese ed europea ha sempre avuto una fascinazione, spesso malcelata, per il regime autoritario ed illiberale di Putin. Le Pen ha sì condannato l’invasione dell’Ucraina, ma non va scordato che in passato si è rifiutata di condannare l’annessione della Crimea e il tentato assassinio di Navalny, oltre ad esprimere dubbi sulla decisione dell’UE di imporre delle sanzioni contro la Russia. Oltre all’ammirazione, negli anni si sono sommate le prove di contatti e collaborazioni fra questi partiti ed il regime russo nelle sue varie articolazioni; in Italia rispondo al nome di Lega e Movimento 5 Stelle.
E in Giappone

Il giorno stesso Zelensky ha tenuto un discorso ai parlamentari giapponesi. Seguendo il “copione”, il presidente ucraino ha ricordato l’attacco terroristico effettuato con il gas sarin del gruppo Aum Shinrikyo nella metropolitana di Tokyo nel 1995, collegandolo all’accusa che la Russia sia intenzionata ad usare armi chimiche. Altro riferimento alla storia giapponese è stato lo tsunami avvenuto a seguito del terremoto del 2011, “Per fermare lo tsunami dell’invasione russa, dovete bandire il commercio e ritirare le vostre società dalla Russia […] Il popolo giapponese può probabilmente comprendere il sentimento di chi vuole ritornare nelle proprie case, dove si è vissuti per tanto tempo“, chiaro paragone con i profughi ucraini.
C’è stato poi l’elogio al fatto che il Giappone è stato fra i primi paesi ad aver fatto pressione sulla Russia e ad aver imposto le sanzioni, “…vi esorto a continuare” ha dichiarato il presidente.