Dal 1° luglio, la Turchia ha abbandonato ufficialmente la convenzione di Istanbul. L’iniziativa presa dal Consiglio d’Europa ha come scopo la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne. Uscire dalla Convenzione ribadisce nuovamente la posizione conservatrice e maschilista del capo di Stato turco.

Basti ricordare quanto accaduto lo scorso 7 aprile, quando Erdogan lasciò in piedi Ursula Von Der Leyen, l’unica donna presente durante l’incontro con i maggiori esponenti dell’Unione Europea. Lo scandalo fu immediato, nominato Sofagate. Lasciare in disparte la presidentessa della Commissione Europea per l’opinione pubblica ha rappresentato una forte manifestazione dell’ideologia sessista del presidente, oltre che di una totale incuranza dinanzi al protocollo diplomatico. Per Erdogan, tutelare le donne ed i loro diritti non è più una priorità, non che lo sia mai realmente stato. In media, una donna su tre subisce violenza nel corso della propria vita.

(via Il Post)

In Turchia i dati sono anche peggio. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno il 40% delle donne turche è vittima di violenza, rispetto a una media europea del 25%. Si parla anche di tre femminicidi al giorno. In seguito alla pandemia, sono state registrate ulteriori escalation di violenza a causa delle restrizioni di movimento, isolamento sociale ed insicurezza economica. L’atteggiamento di Erdogan nei confronti della Convenzione è a dir poco incoerente oltre che ipocrita.

La Convenzione

La Convenzione prese il nome della città turca non solo perché venne firmata ad Istanbul, ma perché la Turchia fu il primo Paese a ratificarla quando Erdoğan era già presidente. Anzi, allora fu per lui un punto di vanto, una bandiera di progressismo e modernità da sventolare agli occhi degli europei. Appare chiaro che Erdogan abbia solamente strumentalizzato la grave piaga sociale della violenza sulle donne, che in un primo momento serviva per perseguire i suoi obiettivi e portare avanti la sua discutibile campagna politica. 

Le donne turche, dal canto loro, si sentono tradite e ignorate dal loro Stato, che molte volte le ha abbandonate alle ingiustizie perpetrate da un sistema patriarcale che ancora incredibilmente vige nel ventunesimo secolo. Dobbiamo ricordare che le donne turche continuano ad essere vittime di stupro e delitto d’onore: la ricerca svolta dagli studiosi più accreditati e dalle agenzie governative indica inoltre una diffusa presenza di violenza domestica tra la popolazione maschile.

Non solo violenza

Le donne sono costrette ad affrontare anche disparità significative nel campo occupazionale e, in alcune regioni, in quello dell’istruzione. La partecipazione delle donne alla forza lavoro è inferiore alla metà della media europea e, mentre diverse campagne sono state intraprese con successo per promuovere l’alfabetizzazione femminile, esiste ancora un enorme divario tra i sessi nell’istruzione secondaria.

Vi è anche una diffusione a macchia d’olio del matrimonio infantile, pratica quest’ultima che è particolarmente presente nelle parti più orientali e centrali del paese. La discriminazione basata sul genere è espressamente vietata dalla costituzione del 1982.

Mentre ad Istanbul e Ankara migliaia di donne sono scese in piazza per protestare contro la decisione politica di Erdoğan, sono nate reazioni anche a livello internazionale. L’ennesima scelta antidemocratica della Turchia, infatti, non può e non deve nuovamente passare inosservata di fronte agli occhi dell’Europa e del mondo Intero.

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