Era il 17 dicembre 2010 quando nel villaggio tunisino di Sidi Bouzid, a 280 chilometri da Tunisi, Mohammed Bouazizi si dà fuoco nella piazza del paese, morendo pochi giorni dopo a causa delle ustioni riportate.

Mohammed Bouazizi in preda alle fiamme a Sidi Bouzid.
Fonte: ilcambiamento.net

La polizia locale quella mattina decise di confiscargli il carretto di frutta e verdura che vendeva, perchè senza la licenza: lo stipendio di Mohammed si aggirava sui 150 dollari mensili, con i quali manteneva la famiglia.

Dopo il rifiuto di Mohammed di dare una piccola tangente ai poliziotti, fu picchiato e gli furono sequestrate merce e carretto: da qui le vane proteste del ragazzo agli enti governativi e la decisione disperata di darsi fuoco in pubblica piazza.

La rivolta era iniziata: uno sconvolgimento della situazione geopolitica del Medio-Oriente che mai si era vista prima. Dallo Yemen alla Libia all’Egitto i dittatori caddero uno dopo l’altro.

Ben Ali, Mubarak, Sleh, Gheddafi: la Primavera Araba era ufficialmente iniziata.

Il “Fattore X” della Primavera Araba: i social network

La rivoluzione era partita si dalle piazze, ma nel caso tunisino di Ben Ali, il Governo aveva sottovalutato la potenza dei social network.

In Tunisia a metà del decennio 2000-2010 cominciarono a rifugiarsi diversi attivisti politici, che non potendo comunicare sui consueti canali statali, si riversarono prima su Facebook e poi su Twitter.

Dopo la morte di Bouazizi, Twitter in Tunisia vide l’aumento del 16% della creazione di account falsi, i quali mostravano le rivolte in piazza ma senza fornire le generalità “vere” di chi le filmava.

I social network quindi si sono stati il “fattore X”, ma le forme di protesta vera e propria sono alla fine state quelle “classiche”: bisogna sfatare il mito mediatico delle cosiddette “Facebook & Twitter Revolutions“.

L’aumento degli abitanti delle fasce di popolazione giovanile in Tunisia ha accentuato questo fatto, per la maggiore alfabetizzazione e soprattutto per un maggiore uso della tecnologia.

La Primavera Araba quindi non è nata soltanto con i social, ma ha ampliato il rumore mediatico tramite altre forme di comunicazione.

La Tunisia oggi: gli effetti della Primavera Araba

Oggi la Tunisia è una democrazia, ma la situazione sociale non è cambiata troppo, anzi è aumentato il gap tra ricchi e poveri dell’84%.

Sempre un maggior numero di tunisini non vede un futuro roseo e si unisce alla causa religiosa jihadista: l’85% dei giovani under-35 sono disoccupati e il Covid non ha fatto che dimezzare la crescita economica.

L’aumento di iscrizioni ai social network è quasi quadruplicato: il 73% della popolazione tunisina ha un account social tra Twitter, Facebook e YouTube, anche se c’è la variabile Telegram usata moltissimo dall’Isis e dai reclutatori di gruppi terroristici.

Curiosità: la famiglia di Bouazizi è rifugiata politica in Canada, nonostante un’effige gigantesca di Mohammed sia presente davanti alla facciata del palazzo governativo. Motivazioni? Ignote, ma i Bouazizi non hanno alcuna intenzione di tornare in patria.

(Foto di copertina da Left)

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