Ci abbiamo scherzato su per anni, permettendo ad una trovata giornalistica (neanche tanto originale) di diventare merce di scambio per le chiacchiere da bar e non solo nella nostra penisola. Siamo diventati quelli di Tangentopoli, come si diventa quelli con i Ferragnez.
Non ci siamo accorti che, facendo scendere nel piano della cultura pop uno scandalo di così grande portata da aver coinvolto 2565 persone fisiche per un totale di 3146 posizioni processuali, lo si sarebbe presto assolto nella mentalità collettiva.
Questo non riguarda solo una questione di ordine etico, ma coinvolge tutto l’apparato statale e produttivo.
La magistratura si trovò ad affrontare un’emergenza che minava nel profondo le basi dell’Italia democratica, coinvolgendo gruppi industriali pubblici e privati e dirigenti di partito. Ricordiamo inoltre che i partiti storici della Prima Repubblica (Democrazia Cristiana e Partito Socialista italiano) ne rimasero intrappolati ed vennero di fatto sostituti in Parlamento.
Fin qui, la storia parla chiaro; la lotta alla corruzione sembra aver trionfato, perlomeno in superficie. Quello che segue dimostra però che i fatti in Italia seguirono vie diverse; si punta il dito contro la magistratura, contro il suo grande potere dimostrato lungo tutta l’operazione Mani pulite e a cavallo del nuovo millennio l’italiano medio, quello che ancora ama considerarsi un borghese, cerca protezione in altri luoghi.
L’attenzione si sposta su quelli che sarebbero stati i nuovi bersagli delle inchieste contro la corruzione, i cittadini comuni, abituati a subire e far subire piccoli episodi di clientelismo e raccomandazioni per i più svariati vantaggi, sia nell’amministrazione pubblica che negli investimenti privati.
E questi che fanno? Reagiscono.
Tolgono la fiducia alle istituzioni; il progressismo diventa moralismo e la giustizia un lontano ricordo di chi ha poco da fare nella vita e si va ad impelagare in questioni di etica e morale. Come sempre nella storia, l’uomo si percepisce onesto quando si fa i fatti suoi, qualsiasi questi siano. Gli altri sono gli spioni, sono in torto e vogliono distruggerci l’economia e gli sforzi, il lavoro di una vita.
La corruzione, il meccanismo di finanziamento della politica venuto alla luce nel ’92, era un fatto costitutivo della mentalità che gran parte del Paese aveva fatto propria, partecipandovi o rimanendo a guardare.
Non scambiamo per coscienza storica la battuta sullo stato precario del nostro Paese, sulla mancanza di giustizia e la distanza tra gli interessi di chi non è né potente né ricco e chi dovrebbe rappresentarci, perché è mera accettazione del presente delle cose.
Siamo tutti cittadini di Tangentopoli finché non ci impegniamo con le nostre personali energie a far vivere il desiderio di uguaglianza e giustizia che ci qualificano come essere umani e non come esseri passivi, animati solo da quel gusto sterile per la lamentela all’italiana e la bestemmia contro i potenti.
(Foto di copertina da: RaiCultura)