Negli ultimi mesi, lo Stretto di Taiwan si sta trasformando in uno dei fulcri del conflitto USA-Cina. Se il confronto regionale dovesse precipitare in guerra, le conseguenze sarebbero catastrofiche non solo per le parti direttamente coinvolte, ma anche per l’Europa.

Le ragioni per cui la Cina non può accettare una Taiwan indipendente de facto, sono molteplici. In prima istanza si tratta di una questione storica e politica, il Partito Comunista Cinese non può infatti riconoscere che l’isola nella quale si rifugiò il rivale nazionalista Chiang Kai-shek non sia parte del resto della Cina, e anzi, la riannessione dell’Isola è adesso uno degli obiettivi principali da compiere per il centenario della Repubblica Popolare Cinese nel 2049.

Il controllo di Taiwan presenta poi per Beijing un’incredibile opportunità economica, oltre ad essere un trampolino di lancio per l’Oceano Pacifico, per l’Isola transita una grossa fetta di tutto il commercio marittimo del Mar Cinese Meridionale, che in totale è stato stimato dal Center for Strategic and International Studies a 3.37 trilioni di dollari. In ultima analisi Taiwan rappresenta un’ottima piattaforma per armamenti avanzati, nello specifico per missili anti nave che ivi posizionati formerebbero un’ottima difesa della Cina continentale verso minacce provenienti dal Pacifico. 

un caccia taiwanese affianca un bombardiere cinese sopra lo stretto di Taiwan – South China Morning Post – Foto: Military News Agency, ROC

Il conflitto con gli USA

D’altro canto gli USA – che non riconoscono Taipei dai tempi dell’amministrazione Nixon – non vogliono rischiare un’escalation con la Cina, ma non potrebbero nemmeno restare a guardare nel caso quest’ultima facesse uso di forza militare per appropriarsi dell’Isola.

Per il momento un invasione anfibia rimane una possibilità remota, per via dei costi, monetari e umani che comporterebbe per l’esercito cinese. Tuttavia ci sono più vie per Xi Jinping per piegare Taiwan al proprio volere, cyber-attacchi, isolamento economico, destabilizzazione politica, insomma una guerra di logoramento.

Tutto questo rende il punto-di-non-ritorno difficile da individuare. Ma se come scrive il Journal of Political Risk, una guerra per Taiwan comportasse una crisi economica globale peggiore di quella del 2008, è più che mai cruciale un’intensificazione degli sforzi diplomatici.

crediti immagine in copertina: Afp via Repubblica

Condividi!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *