I punti caldi dei flussi migratori
L’Europa e in particolare i Paesi dell’Unione Europea sono la meta prediletta dai migranti e dai richiedenti asilo di buona parte del pianeta, sicuramente per la sua posizione geografica, raggiungibile da Asia e Africa, ma anche per la percezione esterna di un mondo ricco di risorse ed opportunità. Il Vecchio Continente si trova così al centro di una matassa inestricabile, tra il rispetto dei diritti umani, la politica isolazionista e le masse di disperati ai suoi confini.
In Europa sono ormai tre i principali punti di interesse per le questioni migratorie, a cui se ne aggiunge uno di minor consistenza numerica ma di maggiore pericolosità. Le rotte predilette di migrazione sono quelle che giungono fino alla Spagna, all’Italia e alla Polonia, la più pericolosa è la traversata del canale della Manica.
Italia e Spagna, due realtà gemelle
La situazione nei due Paesi geograficamente più vicini all’Africa e quindi prediletti dagli scafisti è particolarmente simile, sia dal punto di vista numerico, sia da quello del tipo di migranti giunti. Sia in Italia che in Spagna, infatti, si sono raggiunti numeri altissimi di persone giunte dal mare alla ricerca di fortuna e accoglienza in Europa. Nel nostro Paese, a partire da gennaio, sono arrivate più di 62.000 persone, la maggior parte dalla Tunisia e dall’Egitto, secondo le statistiche del Ministero dell’Interno.
In Spagna, fino allo scorso settembre, i migranti sbarcati erano più di 22.000, numeri certo minori dei nostri, ma pur sempre ragguardevoli. In questo caso le nazionalità principali sono quella algerina e quella marocchina. In entrambi di questi paesi le persone non giungono in Europa come richiedenti asilo, ma sono individui che compiono questa rischiosa traversata del mare alla ricerca di condizioni di vita migliori. Sono quindi, principalmente, migranti economici. Buona parte di queste persone, poi, non ha un reale interesse a stabilirsi nel Paese di arrivo, quanto a raggiungere il cuore dell’Europa e i suoi Stati più settentrionali.
Un altro comune e triste dato è l’elevato numero di morti riscontrato nelle due rotte: più di 2000 da inizio anno verso la Spagna, più di 1000 verso l’Italia. Nel mezzo, tante battaglie politiche, ideologiche, discorsi di porti aperti e chiusi, che hanno avuto tanto clamore, ma pochi risultati concreti.
Il fronte Orientale, la Polonia
Il grande flusso di migranti terrestri verso l’Europa coinvolge la Polonia e in parte la Bielorussia, con il suo discutibile leader Aleksandr Lukashenko. Questa rotta, a differenza delle precedenti, è frequentata in gran parte da richiedenti asilo in fuga da Paesi del Medio Oriente, come Siria e Afghanistan.
Qui, al posto delle onde del mare, il nemico numero uno sono il freddo e i cordoni della polizia polacca, sempre pronta a rispedire i migranti nelle foreste di confine, dove sono spesso costretti, in condizioni critiche, a passare la gelida notte dell’Est in condizioni di fortuna. Con l’abbassarsi delle temperature si contano già i primi morti, ma la stretta della Polonia non si allenta e passare il confine è di giorno in giorno più difficile.
La responsabilità di questa situazione non ricade solo sulla Polonia, però. È la Bielorussia a tirare i fili dei disperati, incoraggiandoli ed aiutandoli a superare il confine in gran numero, per essere più facilmente identificati e bloccati dalla polizia polacca. Se in Italia si faceva politica interna sulla pelle dei migranti, qui è oggetto di politica estera. L’obiettivo di Lukashenko, e per molti di Putin dietro di lui, è quello di destabilizzare l’Europa, generando una seconda crisi migratoria che agisca da “casus belli” tra i Paesi con le visioni più diverse sull’argomento.

Il mare della Manica
Il Canale della Manica, teatro dei più famosi e audaci spostamenti navali nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, è oggi il palcoscenico per tratte meno appariscenti ma più pericolose. È notizia recente la morte di almeno 27 persone che cercavano di recarsi dalla Francia al Regno Unito. È l’ultimo caso di una lunga serie di morti in questo pericoloso tratto di mare, specialmente nella brutta stagione, che denota una terza zona calda per gli spostamenti migratori in Europa, forse meno nota ma altrettanto grave.
Il presidente francese Macron e il premier Boris Johnson si sono rapidamente trovati a colloquio per cercare una soluzione ad un problema che era solamente sopito, in attesa che una tragedia in termini di vite lo riportasse agli onori della cronaca.

La posizione europea
Come è ormai chiaro i profughi e i migranti in generale si avviano verso l’Europa guardando ad essa con grande speranza, non come una mitica terra promessa, ma come una solida realtà dove possano finalmente vivere una vita più dignitosa e vedere i loro diritti rispettati. In linea di massima tutto ciò è vero ma, osservato da dentro, il Vecchio Continente e l’Unione Europea con esso paiono divorati dalle contraddizioni.
Una dichiarazione recente, in particolare, ha fatto scalpore e sembra andare contro tutto ciò che l’UE rappresenta. Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo, ha dato parere favorevole alla richiesta dei Paesi dell’Est Europa (Polonia in primis) di usare fondi comunitari per costruire dei muri di frontiera per arginare l’immigrazione clandestina. Ironia della sorte, il tutto è avvenuto nel giorno dell’anniversario della caduta del muro di Berlino, proprio uno di quegli eventi che l’Unione Europea considera tappa fondamentale della propria storia. Chiaramente l’apertura di Michel non significa che questi fondi saranno stanziati e che l’Europa diverrà una fortezza inespugnabile dall’esterno, ma anche il solo pensiero è un colpo scioccante a tutto quello che l’Unione dovrebbe rappresentare.
Se l’Europa si considera ancora la culla della civiltà e il bastione mondiale della democrazia e dei diritti, deve superare queste dirompenti contraddizioni interne, accogliere invece che respingere, aprire porte e abbattere muri invece che innalzarli. La strage colposa dei migranti, silenziosa finché non arrivano il mare mosso o il rigido inverno, è sulle coscienza dell’Europa tutta, il cui potere d’attrazione non corrisponde alla sua reale capacità di fronteggiare questa, sempre maggiore, emergenza.