Gli Stati Uniti e gli statunitensi sono uno Stato e un popolo che hanno dei pregi e dei difetti, come tutti gli Stati e i popoli del mondo, simple as that. Nonostante ciò, nella narrazione statunitense è sempre esistita la convinzione di avere un certo non so che di speciale rispetto agli altri (l’eccezionalismo americano, espresso in concetti come “a shining city on a hill“, “the last, best hope on Earth” e “the leader of the free world“) e in certe fasi storiche gli USA hanno innegabilmente avuto un ruolo cruciale per lo sviluppo e la resistenza della democrazia. Proprio questo fa però risaltare in maniera più netta ogni situazione che contraddice con questa “narrazione ufficiale”, il tutto esasperato oggigiorno dai moderni mezzi d’informazione e dai social network sempre attivi e dall’enorme impatto mediatico che il contesto a stelle e strisce riesce ad avere: infatti, la notizia ha monopolizzato i canali d’informazione. The revolution on prime time television, la rivoluzione in prima serata tv.
Che Trump fosse deleterio per la democrazia statunitense lo si sapeva già prima di ieri sera, ma quanto accaduto è qualcosa di mai visto, infatti molti giornalisti ritengono sarà “una ferita difficile da rimarginare” [RaiNews]. Fin dagli scorsi giorni si temeva che in concomitanza con la conferma della vittoria elettorale di Biden ci sarebbero state delle manifestazioni, ma la “Trump mob” – così definita dalla CNN perché composta da supporters di Trump, ma anche perché dallo stesso Presidente aizzata negli anni di presidenza, nei mesi di accusa dei presunti brogli elettorali e nelle ore precedenti la ratifica dell’elezione – ha poi compiuto un gesto che è un grave smacco al significato simbolico delle istituzioni democratiche.
[…]
Alcuni estratti del discorso che Trump ha tenuto nel pomeriggio del 6 gennaio 2021
We will never give up. We will never concede, it doesn’t happen. You don’t concede when there’s theft involved.
[…]
You know what the world says about us now? They said we don’t have free and fair elections and you know what else? We don’t have a free and fair press.
[…]
Now it is up to Congress to confront this egregious assault on our democracy. After this, we’re going to walk down and I’ll be there with you. We’re going to walk down. We’re going to walk down any one you want, but I think right here. We’re going walk down to the Capitol, and we’re going to cheer on our brave senators, and congressmen and women. We’re probably not going to be cheering so much for some of them because you’ll never take back our country with weakness. You have to show strength, and you have to be strong.
We have come to demand that Congress do the right thing and only count the electors who have been lawfully slated, lawfully slated. I know that everyone here will soon be marching over to the Capitol building to peacefully and patriotically make your voices heard.
[…]
Today, we see a very important event though, because right over there, right there, we see the event going to take place. And I’m going to be watching, because history is going to be made. We’re going to see whether or not we have great and courageous leaders or whether or not we have leaders that should be ashamed of themselves throughout history, throughout eternity, they’ll be ashamed. And you know what? If they do the wrong thing, we should never ever forget that they did. Never forget. We should never ever forget.
[…]
Il fatto che i trumpisti siano riusciti a fare così tanto fa sorgere dubbi sulle reazioni delle forze dell’ordine, soprattutto tenendo conto di come si erano comportate solo quest’estate durante le manifestazioni BLM. Che si sia deciso così per evitare una degenerazione violenta? Non sono sicuramente io ad avere delle risposte, sta di fatto che l’impatto visivo è forte ed emblematico.
Poche ore prima di questi eventi, il Presidente Trump aveva tenuto un comizio in cui aveva continuato a sostenere le false teorie secondo cui i risultati elettorali sarebbero stati manomessi, ripetendolo poi in un video su Twitter in cui – solo dopo aver sostenuto tale bugia – ha chiesto ai terroristi che hanno attaccato il Congresso di andarsene a casa. In quel video ha detto ai “manifestanti” “we love you, you’re very special“, e in un altro tweet ha scritto “Remember this day forever!“, mentre sua figlia Ivanka (in un tweet poi cancellato) li aveva definiti “American patriots“! I due tweet sopra citati – come anche altri – sono stati oscurati da Twitter e anche Facebook ha preso misure simili; i due social networks hanno poi per la prima volta bloccato l’account di Donald Trump (Facebook per 24 ore e Twitter per 12, minacciando anche di chiuderlo definitivamente).

Questi comportamenti hanno portato l’importante rivista politica statunitense The Atlantic a scrivere questo:
Armed assailants are attacking the seat of American government in an attempted coup, urged on by the president of the United States.
This is a coup, David A. Graham per The Atlantica, 6 gennaio 2021
Si è trattato di un atto talmente sovversivo – non solo fisicamente, ma anche e soprattutto nei confronti del processo democratico – che addirittura alcuni dei politici repubblicani più vicini a Trump hanno condannato tali azioni; tra questi si è distinto in modo evidente il Vicepresidente Pence, che in giornata aveva anche rifiutato di voler seguire il Presidente nella contestazione al risultato elettorale e pare che abbia anche autorizzato l’invio della National Guard a Capitol Hill, d’accordo con il Segretario alla Difesa e i principali leader parlamentari sia democratici che repubblicani, di fatto scavalcando Trump (questo argomento si ricollega all’ipotesa invocata da molti che venga attivato il 25esimo emendamento della Costituzione, il quale riguarda la rimozione del Presidente dal suo incarico poiché “incapace di assolvere i poteri e i doveri del ruolo”). Nelle ultime ore sono uscite notizie di numerose dimissioni all’interno dell’amministrazione Trump, sia nello staff della Casa Bianca che nei vari dipartimenti: si salvi chi può, prima che sia troppo tardi e si perda ogni speranza di continuare ad avere una carriera politica.
I commenti di Trump – via tweet – sembrano voler essere il minimo indispensabile per fare in modo che non sia possibile accusarlo di non aver detto nulla, mentre ha parlato chiaramente il Presidente-eletto Biden: ha chiesto a Trump di andare in TV (cosa che non è successa) e dire di mettere fine a tali gesti perché “le parole di un presidente hanno importanza“, ma tale concetto purtroppo vale anche per quanto detto da Trump nel pomeriggio. Ha poi detto che il lavoro dei prossimi quattro anni deve essere “il ripristino della democrazia, del rispetto e dello stato di diritto”: Biden si è sempre posto come una figura che vuole unire i cittadini statunitensi in anni di forte polarizzazione del sistema politico nazionale, ma gli eventi di ieri sera dimostrano l’esistenza di frange che non hanno intenzione di accettarlo e di collaborare. Potrebbero ora voler collaborare dei membri e dei sostenitori del GOP, mentre fino agli scorsi giorni sembrava che tale partito fosse prigioniero della figura di Trump, con gravi conseguenze per chi avesse il coraggio di prendere posizioni diverse da quelle del tycoon newyorkese. L’autorevole giornalista Francesco Costa ha però fatto notare come questi eventi non originino dal nulla, ma siano il frutto di una costante polarizzazione del sistema partitico e politico negli USA, soprattutto per via di scelte del Partito Repubblicano stesso.
Poco prima dell’una di notte italiana è giunta la notizia che la Speaker della Camera dei Rappresentanti, la democratica Pelosi, ha annunciato che la sessione di ratifica del risultato dei grandi elettori si sarebbe tenuta nel corso della notte: verso le 11 ora italiana, il Congresso ha concluso la ratifica dei voti dei Grandi Elettori, perciò Biden è ufficialmente il 46esimo Presidente degli Stati Uniti d’America [Il Post].
La democrazia statunitense è quindi riuscita a resistere e a procedere, superando questo ulteriore ostacolo posto da Trump, la cui insistita protesta non è sicuramente dovuta alla volontà di difendere strenuamente le istituzioni e i loro principi, quanto piuttosto alla sua incapacità di accettare la sconfitta e quindi di voler perseguire i suoi interessi personali senza rendersi conto (presumo, ma se fossero delle scelte razionali sarebbe molto peggio) delle conseguenze che tali gesti possono avere a livello nazionale e internazionale. Fino a ieri i comportamenti di Trump mi sono parsi come i rantoli deliranti di un uomo incapace di riconoscere la sconfitta e incurante delle conseguenze sistemiche e simboliche delle sue azioni, delle quali probabilmente neanche conosce il vero impatto per via del fatto che non si è mai interessato di capirne il funzionamento e il valore simbolico: il fatto però che non abbia mai esplicitamente condannato l’assalto al Congresso – evento che non si verificava dal 1814, per mano dell’esercito britannico durante la Guerra del 1812 – mi porta ad essere d’accordo con chi definisce i comportamenti di Trump come autoritari, se non addirittura fascisti, visto come non abbia mai accettato il procedimento democratico e come abbia incitato i suoi sostenitori a ostacolarlo e a non rispettarlo.
Il processo di ratifica del risultato delle elezioni presidenziali di novembre è continuato e fra due settimane la presidenza Trump si concluderà: quanto accaduto ieri sera ci dimostra però che non si tratta della fine di un’era perché i supporters di Trump continueranno a contestare il sistema istituzionale statunitense, con conseguenze sullo sviluppo futuro dei rapporti politici e sociali. Che America sarà? Ma soprattutto, vista l’influenza che gli USA hanno a livello globale (d’altronde tutti i populisti fanno riferimento a Trump), che mondo sarà?
Credits immagine di copertina: Wall Street Journal.