Si è tenuta il 18 giugno 2021 la tredicesima elezione presidenziale dell’Iran, in contemporanea con la sesta elezione dei consigli islamici di città e villaggio e alle elezioni parlamentari di medio termine. A vincere l’elezione presidenziale è stato l’ultraconservatore capo della Corte Suprema Ebrahim Raisi che si è imposto sugli altri candidati con 17,8 milioni di voti e il 61,95% delle preferenze.

Anche se il dato più sensibile a cui tutti guardavano era quello dell’affluenza alle urne, cartina di tornasole per misurare il consenso alla Repubblica islamica dopo l’operazione Raisi, volta chiaramente a restringere la cerchia del potere intorno a Khamenei. Il dato ufficiale parla di una partecipazione del 48,8%: la più bassa appunto per una consultazione presidenziale. Ma qualcuno alla vigilia delle elezioni prevedeva addirittura un risultato inferiore al minimo storico per un’elezione, toccato lo scorso anno per le parlamentari con poco più del 42%.

Ebrahim Raisi, il nuovo presidente iraniano (via Adnkronos)

Risultato scontato

Il risultato era apparso già scritto quando il Consiglio dei Guardiani a fine maggio aveva escluso dalla competizione figure di spicco sia di campo moderato e riformista che conservatore, probabilmente ritenute una minaccia alla vittoria del 61enne capo della magistratura.

A capo del Consiglio dei Guardiani c’è Ali Khamenei, e proprio sotto la sua ala è cresciuto Ebrahim Raisi con un passato carico di pesanti ombre, come quella di aver ordinato nel 1988 l’esecuzione di migliaia di prigionieri politici da membro del cosiddetto «comitato della morte».

Un curriculum che ha destato sospetti e fatto scattare la denuncia immediata di Amnesty International che ha chiesto un’indagine su Raisi: questa vittoria «ci ricorda in modo fosco che in Iran regna l’impunità», ha detto il segretario generale dell’organizzazione, Agnes Callamard.

Il primo a congratularsi tra i leader stranieri è stato Vladimir Putin, che in un messaggio scritto al neo presidente ha auspicato una collaborazione stretta tra i due Paesi, mentre Israele definisce così Raisi: “il macellaio di Teheran è il più estremista mai eletto”.

Rohani, invece, ha incontrato il suo successore esprimendogli l’auspicio di potergli consegnare un Paese con una situazione migliore, tra cui la revoca delle sanzioni americane e una riduzione dei contagi da Covid.

Svolta nel rapporto con gli USA?

Per quanto riguarda i rapporti con gli Usa, a Vienna proseguono i negoziati indiretti per il ritorno all’accordo sul nucleare, da cui l’amministrazione Trump era uscita nel 2018 introducendo pesanti sanzioni. La speranza tra i Paesi è che si possa arrivare ad un compromesso entro luglio. Raisi ha già annunciato che non incontrerà Biden e che non sarà disposto a negoziare sui missili, e invita gli Usa a tornare sull’accordo del nucleare cancellando le sanzioni.

Secondo Mohammad Marandi, analista politico di aerea conservatrice, il governo di Raisi in politica estera guarderà soprattutto ad Est, all’Asia centrale, alla Cina e alla Russia. Promettendo di utilizzare «tutta l’esperienza del governo precedente», Raisi ha poi ringraziato il popolo iraniano: «Ha messo sulle mie spalle una grandissima responsabilità, spero di ricompensare questa fiducia con la mia presidenza».

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