Per l’amministrazione Biden è arrivato il momento di rientrare nell’accordo USA-Iran sul nucleare, e raccogliere i cocci della presidenza Trump.

Il 6 Aprile sono iniziati a Vienna i negoziati per ricostituire il Nuclear Deal, raggiunto inizialmente da Obama nel 2015, e in seguito rotto da Trump con l’imposizione di nuove sanzioni sull’Iran (l’accordo formalmente veniva tenuto in vita grazie alla permanenza dei partner europei). Al momento i negoziati sono in pieno svolgimento, portati avanti grazie all’assistenza di Germania, Francia, e UK (e la presenza di Russia e Cina) dal momento che l’Iran si rifiuta di trattare direttamente con gli Stati Uniti. Il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas ha definito l’atmosfera “costruttiva” e affermato “Tutte le parti hanno dimostrato la volontà di lavorare con la necessaria sincerità verso lo stesso obiettivo“.

Rappresentanti dei 6 paesi ancora parte dell’accordo che hanno tenuto trattative preliminari il 6 Aprile – BBC

I Nodi da Sciogliere

Il primo è senz’altro la volontà di USA e Iran di vedere per prima la loro controparte fare la prima mossa, per poi rispettare la propria parte dell’accordo. In merito a questo pare che ci si stia accordando su una “roadmap” per la quale le parti agirebbero in un “botta e risposta” per implementare gli accordi un po’ alla volta.

L’Iran inoltre richiede che tutte le sanzioni dal 2016 vengano annullate, ma dal momento che gli USA sostengono che alcune di queste sanzioni non riguardino il nucleare, ma altre questioni come il piano missilistico iraniano, o violazioni dei diritti umani, sono decisi a mantenerle.

Da aggiungere alla lista dei problemi sono le elezioni iraniane del prossimo Giugno. Né Washington né Teheran sono ansiosi di mostrarsi deboli nei negoziati per vedere il consenso al loro governo scendere. Ma con le elezioni iraniane in rapido avvicinamento e con un possibile successo del partito oltranzista, sembra necessaria una velocizzazione dei processi diplomatici.

Infine bisognerà tenere conto dell’influenza esterna di nazioni come Israele e l’Arabia Saudita, che, in competizione con l’Iran, potrebbero tentare di fermare i negoziati.

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