Jonathan Bazzi, Febbre, Fandango Libri editore, pagg. 326, € 18,50

Sarà stato il caldo torrido, o la mancanza di un climatizzatore a portata di braccio, ma quando ho letto Febbre mi sono sentita in ritardo rispetto a tutto il mondo che già ne parlava, che già  conosceva Jonathan e mi guardava. 

Dunque quando ho iniziato a scorrere le pagine, la curiosità era tanta. Si è scontrata con un’anima fragile e fortissima che dalla prima pagina non risparmia niente a nessuno, un io narrante deciso ma non ingombrante si dipana tra l’infanzia e l’età adulta.

Febbre non è un romanzo di formazione, non è nemmeno un’autobiografia; è una fotografia con i colori giusti, di un mondo intero; Rozzano, nella periferia milanese, l’amore su Internet, una famiglia ingombrante, grandi passioni, la ricerca di se stessi. Poi beh, poi arriva la Febbre. 

Non si capisce bene cosa sia questa febbre che lo tormenta, adesso che i sobborghi li ha lasciati e vive in una casa piena d’amore con il proprio compagno. Piano piano prende possesso di lui e lo catapulta nel caos. Noi stiamo lì a vedere, seguiamo i suoi movimenti e camminiamo al suo fianco, lentamente. A Jonathan gli si vuole bene dopo due pagine

Scivolano via con una scorrevolezza inaudita, ne esce una dolcezza rara ai nostri giorni, un amore universale misto all’angoscia del non sapere non solo chi siamo, ma come siamo, come funziona questa vita che ti dà tutto ma tanto per dire. Questo è l’anno in cui non abbiamo potuto toccare con mano quasi niente, in cui volerci bene è diventato più difficile, ha richiesto nuovi spazi, nuovi linguaggi. Leggere un libro così in un momento così, è conoscere un’anima nuova.

Jonathan Bazzi è stato finalista al Premio Strega del 2020, facendo parlare di sé, con la sua personalità irriverente e freschissima, figlio del nostro tempo, ma migliore del nostro tempo. Più umano, più sincero. Ci parla di sieropositività, di luoghi difficili in cui crescere. Ho letto una recensione che definiva il libro “brutale”; io in un racconto di un viaggio in macchina conclusosi dal lato opposto del quartiere per non far vedere quale sia il portone da cui si entra, ci ho trovato gli occhi lucidi e tanta speranza. La voce che ci guida fa dei giri su se stessa, per guardarsi da dentro. Scardina anche un po’ di tabù, che esseri diversi non è una storia da copertina, è un sentimento, forte fin da piccoli, talvolta soffocante e la ricerca è lunga, la strada è solitaria, ma che bella è la libertà di raccontare chi siamo

La scrittura è scorrevole, ironica, giovane ma controllata, è un libro di “uno che ne sa”.

Vi terrà stretti forte, non capirete subito bene come, sarà bello scoprirlo alla fine; era un abbraccio. 

(Foto di copertina da artwave.it e rbcasting)

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Di Valentina Farinon

22 anni, mi sono laureata in Lettere moderne e ora studio Filologia. Amo il teen drama, Kerouac, Tutti Fenomeni e Vasco Brondi. Provo a fare anche delle cose più serie, talvolta.

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