Zuckerberg auspica la creazione di un metaverso, molti non hanno capito di cosa si tratta, facciamo chiarezza
A fine ottobre Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook, ha annunciato che la compagnia – intesa non solo come il social network, bensì come l’azienda che gestisce tutte le attività di cui Facebook è proprietaria (Instagram, WhatsApp, Quest, Horizon, ecc.) – avrebbe cambiato nome in Meta. Zuckerberg ha spiegato che intende farlo per trasformare Facebook da “un’azienda di social networks” a “un’azienda del metaverso”, motivazione che esprime chiaramente la visione strategica per i prossimi anni.
And my hope, if we do this well, I think over the next five years or so, in this next chapter of our company, I think we will effectively transition from people seeing us as primarily being a social media company to being a metaverse company.
Mark Zuckerberg, intervista a The Verge
Ma cos’è questo metaverso? Perché a Meta e alle altre grandi aziende del settore tecnologico interessa così tanto? E io, utente medio con conoscenze tecnologiche nella media, cosa devo farmene di questa notizia?

Chiariamo il concetto
Per cominciare, qualche definizione per capire i termini di base.
Il metaverso può essere definito come “una zona di convergenza di spazi virtuali interattivi, localizzata nel cyberspazio e accessibile dagli utenti attraverso un avatar con funzione di rappresentante dell’identità virtuale”. Un esempio più efficace può essere questo video, in cui il presentatore descrive il metaverso come “persistent, shared, 3d-virtual spaces linked into virtual universe”.
In generale il metaverso è una immersive technology, termine che può riguardare sia la VR che la AR, ma non solo: quest’ultima intende che alla realtà fisica vengono attuate delle aggiunte, infatti si parla di augmented reality; la VR, invece, crea un contesto alternativo alla realtà fisica (qui descritta come “artificial computer-generated world”), con la quale però può comunque interagire.
Importante per la questione è il contributo dell’analista Matthew Ball, che in un saggio ha individuato alcune caratteristiche che potrebbero caratterizzare il metaverso: è persistente (nel senso che è sempre attivo, non viene spento); è sincronizzato e live (“un’esperienza live che esiste consistentemente per tutti e in real-time”); è un’economia funzionante; riguarda sia il mondo fisico che digitale; permette interoperabilità dei dati e dei contenuti; è gestito da una pluralità di soggetti.
Sono delle caratteristiche piuttosto generiche, anche per via del fatto che a livello strutturale ancora non si sa come costruirlo: internet funziona in un modo completamente diverso, cioè dei server interagiscono l’uno con l’altro ma non tutti insieme contemporaneamente e costantemente, al contrario di quanto sarebbe necessario per il metaverso; per questo motivo, Ball paragona la sua struttura a quella del video conferencing e dei videogames, soprattutto di tipo battle royale.

Nel saggio Ball si sofferma anche su chi sono i soggetti più coinvolti nello sviluppo del metaverso: a differenza di internet e di molte altre scoperte in ambito tecnologico, stavolta i maggiori investimenti provengono da aziende private e non da entità statali. Attive nella creazione del software sono Meta, Microsoft, Google, Amazon, Unity, Valve (proprietaria del game store Steam) ed Epic Games (proprietaria di Fortnite); molte di esse, insieme anche ad Apple, investono pure nei devices che potrebbero essere necessari per vivere l’esperienza.
Un po’ di storia
Tutti questi concetti non sono stati inventati da Zuckerberg negli ultimi mesi, anzi (infatti l’annuncio viene criticato di non proporre nulla di nuovo). La dichiarazione sulla trasformazione di Facebook in Meta ha però dato estrema visibilità a progetti sui quali si lavora da decenni, ma per i quali solo ora la tecnologia pare essere adatta a realizzarli.
Ripercorrendo in breve le tappe principali, il termine metaverso viene usato per la prima volta con il significato che gli è attribuito al giorno d’oggi nel romanzo Snow crash di Neal Stephenson, del 1992. Il protagonista, Hiro Protagonist, vive consegnando pizze in un’America distopica e al collasso, in cui molti si rifugiano nel metaverso per sfuggire alla quotidianità: ciononostante, sia nel metaverso che nel mondo reale esiste una droga che permette di controllare e programmare il cervello umano. Non proprio come vorrei che fosse un eventuale metaverso creato dalle Big Tech, ma visti molti degli scandali che le coinvolgono…

Come detto, i videogiochi sono molto importanti nello sviluppo di questi progetti: in essi si trovano alcune delle caratteristiche che si vogliono dare al metaverso (un avatar personalizzato, libertà di azione al di fuori degli obiettivi del gioco, interazione in tempo reale con altri giocatori), ma manca l’interoperabilità tra i vari giochi, rendendoli quindi degli scenari disconnessi gli uni dagli altri. Tra i progetti più influenti ci sono There (1998), RuneScape (2001), Second Life (2003), Roblox (2006), Fortnite (2017).
Cosa ha detto Zuck
Zuckerberg ha comunicato il rebranding dell’azienda in questo video, in cui viene introdotto il concetto di metaverso e vengono spiegati gli ambiti riguardo a cui Meta sta lavorando per realizzarlo.
[…] The next platform and medium will be even more immersive, an embodied internet where you’re in the experience, not just looking at it, and we call this the metaverse. And you’re going to be able to do almost anything you can imagine, […] as well as entirely new categories that don’t really fit how we think about computers or phones today. […] We believe the metaverse will be the successor to the mobile internet.
Mark Zuckerberg
Il video comincia con questa affermazione, fin da subito mettendo in chiaro come questo concetto viene immaginato da Meta e che obiettivi vengono posti a riguardo. Lo scopo ultimo della tecnologia – secondo Zuckerberg – deve essere connettere le persone: nella sua visione, però, internet attualmente non ci riesce perché il prodotto è strutturato intorno alle app e non sugli individui; il metaverso viene quindi presentato come una possibilità per superare questo limite e avere un contesto in cui “rendere migliore” il tempo che già passiamo al computer e al telefono. Ma allora, se ci vorranno anni per creare il metaverso, perché nel frattempo non si può provare ad applicare questi principi ad internet e alle tecnologie attuali?
So I don’t think that this is pimarly about being engaged with the internet. I think it’s about being engaged more naturally
Mark Zuckerberg, intervista a The Verge
A livello tecnologico, il metaverso è ancora lontano dall’essere realizzato e questo l’ha chiarito lo stesso Zuckerberg nel video; ci si aspetta che i risultati possano essere visibili tra 5 o 10 anni. I devices che ora utilizziamo quotidianamente potranno ancora venire utilizzati per accedere al metaverso, ma la ricerca tecnologica si sta concentrando anche su altri mezzi che permetterebbero di vivere un’esperienza molto più coinvolgente, che può riguardare sia l’intrattenimento, ma anche il lavoro.
Già ora si stanno sviluppando delle tecnologie che potrebbero essere essenziali: nel video vengono presentati sensori facciali e per le mani, per catturare ogni espressione e movimento, così da dare realismo agli avatar e da permettere di interagire con la AR (Meta sta lavorando per applicarla a degli occhiali utilizzabili nel quotidiano) o la VR (Meta vi lavora tramite l’azienda Quest, che produce Oculus).

Diversi articoli sul metaverso fanno notare come la sua struttura e le sue tecnologie porterebbero gli utenti a cedere alle piattaforme moltissimi dati personali. Per quel che invece riguarda il software e gli ambienti del metaverso, Meta sta lavorando per crearli, ma Zuckerberg spiega che l’intenzione è di permettere a qualsiasi creator di realizzare le proprie idee; inoltre, viene più volte ripetuto il concetto di interoperabilità e collaborazione con altri soggetti attivi nell’ambito.
Avendo però in mente la considerazione che l’opinione pubblica ha di Facebook – o Meta, per essere precisi – e il recente caso dei Facebook papers, è interessante vedere come nel video Zuckerberg parli di temi come privacy (soprattutto riguardo alla trasparenza sulla raccolta e sull’uso dei dati) e regolamentazione legislativa, dicendosi disponibile a collaborare fin da subito per creare un ambiente sicuro e inclusivo.
The way I look at it is that in the past, the speed that new technologies emerged sometimes left policy makers and regulators playing catch-up. So, on the one hand, companies get accused of charging ahead too quickly. And on the other, tech people feel that progress can’t afford to wait for the slower pace of regulation. And I really think that it doesn’t have to be the case this time around because we have years until the metaverse we envision is fully realized. So, this is the start of the journey, not the end.
Mark Zuckerberg
Zuckerberg aveva discusso queste problematiche già in un’intervista, tenutasi a luglio, con il portale The Verge. Riguardo al ruolo che Meta vuole avere nello sviluppo del metaverso, Zuckerberg spiega che i molti investimenti nei devices che potrebbero venire usati sono giustificati dal fatto che essere presenti nello sviluppo fin dalle fasi iniziali può permettere di influenzarne la struttura (cosa che, spiega, Facebook agli albori non ha potuto fare relativamente ai telefoni cellulari), volontà che fa capire la grande attenzione che il video di ottobre dà a questo ambito.
Anche in questa intervista viene toccato il concetto di interoperabilità, riguardo al quale Meta si dimostra disponibile a collaborare, permettendo ad altre aziende di utilizzare il suo software (ma ciò fa capire come Meta voglia avere grande influenza sull’aspetto strutturale della questione); in ogni caso, ci deve essere interconnessione tra quanto le varie aziende riescono a sviluppare, ma solo nel tempo si potrà capire come farlo. Viene anche posta una domanda sulla possibilità che nel metaverso esistano spazi pubblici e che le istituzioni pubbliche possano avere un ruolo attivo: Zuckerberg li ritiene necessari, ma potrebbero essere gestiti da soggetti non-profit e da comunità open-source anziché dagli stati.

Alcuni commenti a riguardo
La decisione di Zuckerberg di trasformare Facebook in Meta è stata commentata da diverse riviste come un tentativo di schivare gli attuali problemi che l’azienda deve affrontare, di fatto cercando di spostare l’attenzione per evitare che gli scandali peggiorino ulteriormente l’immagine pubblica sua e dell’azienda. Anziché affrontare le criticità sorte da precedenti errori (una tra le altre), Zuckerberg starebbe cercando di presentare l’azienda in modo diverso.
But for Facebook, the metaverse also serves another crucial purpose: allowing the company to distract from its proliferating legal, regulatory, and reputational problems. Even as antitrust regulators circle, Facebook is attempting to sell itself as hugely ambitious and transformative, rather than a surveillance-capitalist juggernaut deserving of being broken up.
Articolo di The New Republic
Particolarmente critica è l’opinione della rivista New Yorker, non solo relativamente alla strategia comunicativa di Zuckerberg ma anche per quel che riguarda l’importanza che, secondo Meta, il metaverso avrà nei prossimi anni. Viene fatto notare come nel video Zuckerberg parli in continuazione di “presenza” e “senso dello spazio condiviso” riferendosi a una simulazione tecnologica, perciò “ispirando un intenso senso di dissonanza cognitiva” poiché per prendere parte al metaverso sarà invece necessario estraniarsi dal mondo reale.
Throughout the presentation, Zuckerberg is fixated on the notions of “presence” and “shared sense of space,” as if the metaverse could somehow provide us with a way of logging off the Internet rather than sucking us deeper in. Watching his video inspires an intensifying sense of cognitive dissonance: very little technology is pictured in the renderings of spacious metaverse homes and offices—in fact, the C.G.I. interiors appear quite analog, with pleasurable glimpses of plants, natural light through wide windows, and textured wood furniture that might have been designed by Charles and Ray Eames. What goes barely acknowledged is the fact that accessing this hypothetical world would require sitting on your couch strapped into a V.R. headset and wearing motion-tracking gloves—not a particularly “natural” state.
Articolo di The New Yorker

L’articolo fa poi notare come Zuckerberg presenti il metaverso come qualcosa che si realizzerà per certo, è solo una questione di tempo: potrebbe succedere, ma ciò non significa che sarà poi un prodotto di successo. Basandosi su un ragionamento simile, un articolo di Wired definisce la VR – così importante per vivere il metaverso a pieno – come “il ragazzino bianco con i genitori ricchi, sempre giudicato per le sue potenzialità e mai considerando i suoi fallimenti”. Alla fine, anche il metaverso potrebbe venire realizzato per davvero, se non altro perché tutte le principali aziende tecnologiche ci stanno investendo e perché viene considerata come la next big thing del settore.
Stop trying to get us to put shit on our faces, we might want to yell in unison toward Menlo Park. But the insanity of this moment may be that it may not matter. With enough money on the table, and with the historically juiced tech industry uniting around it like this, we may get a metaverse whether we like it or not, in some form or another.
Articolo di The Atlantic
Cercando articoli e video su internet per capirci qualcosa in più, il concetto mi ha portato a pensare cose contrastanti. Da un lato c’è lo stupore per l’aspetto tecnologico, rendersi conto di cosa sia necessario per creare e per fare esistere quello che mi viene da definire un mondo parallelo.
Dall’altro, però, c’è proprio il timore di come potrebbe essere questo mondo parallelo e di che effetti potrebbe avere sugli individui che ne fanno uso: siccome c’è grande difficoltà già ora nel gestire internet e nel garantire sicurezza per gli utenti, il modo in cui il metaverso viene presentato fa principalmente temere che gli stessi difetti odierni si possano verificare anche in quell’ambito, forse addirittura su scala più ampia.
The metaverse isn’t about building perfect escape virtual escape hatches – it’s about holding a mirror to our own broken, shared world. Facebook’s prmised metaverse is about distracting us from the world it’s helped break.
Articolo di The Atlantic
Da quanto scritto traspare pessimismo piuttosto che ottimismo per i futuri sviluppi tecnologici, probabilmente a causa della governance e non per via del potenziale di applicazione che il concetto può avere. Non è ancora un qualcosa di pervasivo nella nostra quotidianità, ma può fornire un termine di paragone con il contesto attuale e aiutarci a riflettere su come potremmo gestirlo diversamente. Forse, ad ora, dovremmo interessarci al tema per tenere d’occhio come viene immaginato e proposto.