Come il termine unificante per eccellenza diventa divisivo
Per il vocabolario Treccani patriota è la “persona che ama la patria e mostra il suo amore lottando o combattendo per essa”. La più grande e memorabile stagione del patriottismo italiano fu, senza dubbio, il Risorgimento. Negli anni attorno all’unificazione della penisola lo slancio al patriottismo trovava il suo punto di origine in alcune figure di grande importanza storica: i reali di casa Savoia, Camillo Benso, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi. L’intento della grande propaganda patriota che si faceva in quegli anni era di certo unificante. I fautori dell’Italia unita, “una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor” cercarono di aggregare la popolazione italiana, che fino ad allora e da secoli aveva vissuto divisa in tanti stati diversi, attraverso la creazione del mito del patriottismo.
Il concetto di patriottismo non può che essere un concetto positivo, unificante e generalmente condiviso all’interno di una nazione, specialmente nella sua classe dirigente. Ora, a 160 anni dall’Unità d’Italia, questo vocabolo ha assunto una connotazione divisiva. Parte delle forze politiche del nostro Paese come Lega, Fratelli D’Italia e le formazioni di estrema destra si definiscono patrioti. È in particolare la leader di FDI, Giorgia Meloni, a usare con grande frequenza questo epiteto per sé e per i propri compagni di partito.
Quest’uso si è poi capillarmente diffuso, con effetto a cascata, dalla leader ai militanti che affollano i gazebo nelle campagne elettorali, agli attivisti politici da social che spopolano su Tik Tok e i Reels di Instagram, fino agli immancabili commenti sul social network principe del falso dibattito politico, Facebook. Ma perché questo termine diventa divisivo?
Patriottismo divisivo
Nel momento in cui un politico, specialmente di alto livello come è Giorgia Meloni, si sbilancia con affermazioni come “Noi siamo i patrioti, quelli che pensano che l’amore per l’Italia venga prima di tutto il resto”, alla Festa dei Patrioti a Palombara Sabina, è chiaro che sta tracciando una sottile linea di divisione tra il suo schieramento politico e gli altri. Nel momento in cui un concetto basilare ed implicito per l’impegno politico, come appunto il patriottismo, ha necessità di essere dichiarato ed esplicitato, si attiva, in chi ascolta, un meccanismo mentale che porta a chiedersi perché l’oratore di turno abbia sentito questo bisogno. Se loro sono i patrioti, gli altri che cosa sono? La pericolosità dei nuovi patrioti sta tutta in questo ragionamento, così come la potenza divisiva di un termine unificante. Autodefinendosi tali, a torto o a ragione, mostrano la differenza con le altre forze politiche che, evidentemente, non sono patriote.
Dal patriottismo al complottismo…
Ma se gli altri partiti non sono patrioti, cosa sono? È a questo punto che si moltiplicano gli epiteti e le accuse agli avversari, accuse che sono talvolta ragionevoli o interpretabili, ma che in alcuni casi, specialmente negli ambienti di destra più estrema, sfociano nel complottismo. Ecco così che in Italia ci si ritrova con “i servi di Bruxelles e delle banche” per rimanere nel primo tipo, ma anche con “gli schiavi di Big Pharma e del Nuovo Ordine Mondiale” per citare anche il secondo. L’implicita demarcazione che fanno alcuni partiti autodefinendosi patrioti non fa altro che gettare, consapevolmente o meno, benzina sul fuoco del complottismo e dell’estremismo, sempre pronto a riaccendersi vigoroso alla minima scintilla. La politica italiana è ormai dominata da propaganda, sfiducia e sospetto, e l’azione divisiva dei “patrioti” ne è una delle cause meno in vista, ma più efficaci.
…Passando dal fascismo
Non solo questo pericolo, però. L’assalto alla sede romana della CGIL è ancora nella mente di tutti, così come l’abbondante gruppo di neofascisti, guidati da Roberto Fiore, fondatore di Forza Nuova, che si sono resi responsabili dell’attacco durante una manifestazione contro il Green Pass. La dialettica dei partiti patrioti, sempre ambigui e mai decisi a condannare le violenze di matrice fascista (vuoi per convinta ideologia, vuoi per raccattare qualche voto in più), è terreno fertile per le infiltrazioni e le collaborazioni con i gruppi di destra estrema. A tal proposito è cristallino ciò che è stato fatto emergere dall’inchiesta “Lobby nera” di Fanpage. In alcuni spezzoni del girato è proprio Carlo Fidanza, eurodeputato e capodelegazione di Fratelli d’Italia a Bruxelles, a definire i consessi di neofascisti a cui viene invitato e nei quali pare profondamente a proprio agio “serate patriottiche”.
L’altro protagonista dell’inchiesta, il Barone Nero Roberto Jonghi Lavarini, si riferisce alla candidata in consiglio comunale, poi eletta con 903 preferenze, Chiara Valcepina come a una “patriota tra i patrioti”. Subito dopo quest’epiteto il Barone Nero, evidentemente scontento del termine riduttivo, specifica: “potremmo usare un altro termine al di là di patriota, però va bene per adesso patriota.” Si potrebbe continuare così ancora con diversi esempi, tutti ricavati dall’inchiesta di Fanpage. Non solo Fratelli d’Italia, però. Anche nella Lega di Salvini ci sono uomini legati e in contatto con questa Lobby Nera, come l’eurodeputato Angelo Ciocca, che non pare nemmeno lontanamente imbarazzato ad avere un “patriota” con la croce celtica come collana tra i suoi uomini di fiducia.
Verso l’eversione
È così che il termine patriota ha cambiato radicalmente il proprio significato. Che stesse ad indicare le frange più estreme della galassia di destra prima era solo un sospetto, ma ora appare chiaro che anche e soprattutto i neofascisti lo usino come termine non connotato per autodefinirsi durante eventi aperti al pubblico e alla stampa. Ci si trova di fronte a una parola un tempo bellissima e unificante, che ha profondamente mutato senso. È bello citare Catone Uticense, così fatto parlare dallo storico Sallustio ne “La congiura di Catilina”: “ormai da tempo abbiamo perso il vero significato delle parole”. Catone criticava i costumi dissoluti della società romana di I secolo a.C., mostrando come dietro a termini all’apparenza di lode, si celassero verità ben più scomode.
La correlazione è lampante e il cambiamento è stato messo sotto gli occhi di tutti. Il termine patriota da “persona che ama la patria e mostra il suo amore lottando o combattendo per essa” è divenuto, troppo spesso, sinonimo di quanto più distante oramai c’è dagli ideali su cui si fonda la Repubblica: fascista. Alba e tramonto di una splendida parola: termine unificante, poi divisivo ed infine eversivo.