Il 22 ottobre si è concluso il XX Congresso del Partito Comunista Cinese, da molti giornali ed esperti definito come un momento storico per la Cina di Xi Jinping. Ma quali sono le ragioni di queste considerazioni?
L’esito del Congresso
È fondamentale dire che dal Congresso è uscita fortemente rafforzata la posizione del presidente Xi Jinping, che è riuscito, dopo mesi di trattative e manovre, ad inserire suoi fedelissimi nel Politburo, l’organo centrale del partito che ha il compito di dirigerlo e di eleggere i sette membri del Comitato Permanente del Politburo, i più importanti funzionari di Partito, interlocutori diretti del segretario e del presidente della Repubblica.

Questa manovra è il risultato di mesi in cui Xi Jinping ha tentato in ogni modo di rafforzare il proprio potere, eliminando le correnti e le opposizioni interne. Nei mesi precedenti al Congresso sono stati numerosi i funzionari, anche di alto livello, apparentemente legati tra loro da legami di natura non chiara, ad essere accusati di corruzione e per questo condannati a pene che vanno dai 14 anni di carcere alla pena capitale sospesa.
In questa maniera il presidente Xi Jinping ha ottenuto un duplice risultato: in primis è andato incontro alla risoluzione di un problema molto sentito dalla popolazione cinese, come quello della corruzione; secondariamente ha eliminato dal dibattito politico dei personaggi che avevano dimostrato di avere avuto l’idea di unirsi, in una sorta di fazione, secondo una linea non gradita ai vertici del partito.

Le conseguenze
Quali possono essere i motivi di questa stretta autoritaria del presidente cinese? E quali saranno le conseguenze? Tra i primi c’è sicuramente la necessità di migliorare il gradimento della popolazione per il governo. Le politiche zero-Covid e il rallentamento della crescita economica hanno impresso un marchio negativo nei confronti del Partito, così come la dilagante corruzione di diversi funzionari.
Un motivo che si intreccia con le conseguenze è certamente legato alla questione Taiwan. Xi Jinping ha dichiarato più volte la necessità cinese di annettere l’isola, anche con la forza, se necessario. Una svolta più autoritaria dei vertici della Repubblica Cinese potrebbe permettere al presidente una maggiore libertà e rapidità di azione, nel momento in cui si decidesse di fare scelte forti che concernessero un’azione militare, da lungo temuta, verso Taiwan stessa.

Xi Jinping ha poi più volte dichiarato di essere intenzionato a modernizzare l’apparato bellico cinese, altro indizio che potrebbe far sospettare l’intenzione di un’azione militare. Anche in questo caso, la presenza di vertici di partito fedeli a Xi Jinping renderebbe quasi nulle le voci delle opposizioni contrarie a una simile politica di potenza. La Cina si appresta a diventare ancora più centralizzata di quanto non sia e ciò è dovuto, con buona probabilità, alla necessità di una svolta radicale della politica del Paese, intesa a conquistare consenso interno e a continuare il proprio percorso come superpotenza internazionale.