Il XIII Emendamento della Costituzione statunitense venne approvato dal Congresso il 31 Gennaio 1865 e successivamente inviato ai 36 Stati allora facenti parte dell’Unione per la sua ratifica; entrò pienamente in vigore il 6 Dicembre dello stesso anno. Il testo dell’Emendamento, composta da due sezioni, enuncia un’idea tanto semplice quanto scontata per noi contemporanei: la schiavitù è una pratica considerata illegale in tutti gli Stati Uniti e nei territori sotto la loro giurisdizione.
Né la schiavitù né il servizio non volontario – eccetto che come punizione per un crimine per cui la parte sarà stata riconosciuta colpevole nelle forme dovute – potranno esistere negli Stati Uniti o in qualsiasi luogo sottoposto alla loro giurisdizione.
Sezione 1 del tredicesimo Emendamento
Quest’idea, però, all’inizio degli anni ’60 del XIX secolo non appariva né scontata, né tanto meno semplice nella sua applicazione all’interno dell’Unione, ma fu fondamentale per gli Stati Uniti d’America, non solo perché permise loro di ritrovare l’unità persa a causa della Guerra Civile, ma perché permise all’anima statunitense di sopravvivere nel tempo.
Nascita di un’idea
L’idea dell’abolizione della schiavitù in tutti i territori della federazione iniziò ad essere presa seriamente in considerazione a partire dall’autunno 1862, in piena guerra fra unionisti e confederati; prima di quel momento veniva considerata un’idea sbandierata da persone viste come “pericolosi idealisti e fanatici” che avrebbero messo a repentaglio l’esistenza stessa dell’Unione.
Scoppiata la Guerra di Secessione le cose cambiarono drasticamente: il presidente Lincoln, nel 1862, si trovò di fronte ad un esercito unionista ormai stanco e demotivato, nonostante il conflitto fosse iniziato solo l’anno precedente; nonostante la loro superiorità tecnologica rispetto alla Confederazione, i soldati del Nord non trovavano alcun senso nel combattere per riportare i secessionisti in un’Unione di cui non volevano fare parte.

Lincoln si ritrovò quindi a dover sostenere quell’idea che solo fino a qualche anno prima vedeva come un’assurdità, in quanto fermamente convinto che la schiavitù dovesse essere abolita dagli stessi Stati del Sud, senza alcuna imposizione dall’alto; una prima bozza del proclama per la liberazione degli schiavi venne pubblicata il 22 Settembre 1862, mentre il primo Gennaio ne venne pubblicata la versione definitiva.
Una guerra ideologica
Esso dava la possibilità agli Stati confederati di arrendersi entro tre mesi, trascorsi i quali essi avrebbero visto liberati tutti gli schiavi neri. Questa decisione fu importante per vari motivi: innanzitutto perché, trascorso il lasso di tempo prestabilito, l’abolizione della schiavitù avrebbe assestato un duro colpo all’economia della Confederazione.
Non solo: il nemico degli Unionisti cambiò completamente di natura a partire da quel momento; non erano più i secessionisti coloro che dovevano essere combattuti e sconfitti, bensì gli schiavisti, coloro che sostenevano un’istituzione antiliberale e perciò inaccettabile per il Nord puritano e liberale.

Ciò trasformò inevitabilmente la Guerra Civile in una guerra ideologica e non a caso lo storico Avery O. Craven definì il periodo 1850-1860 negli Stati Uniti come la prima guerra fredda della storia. Ma vi era di più in quella decisione di Lincoln; non si trattava solo di creare delle condizioni per impedire al Sud di proseguire la guerra o di incoraggiare maggiormente le truppe nordiste.
Dalle parole ai fatti
Con il proclama, e la successiva volontà del presidente statunitense di portare la Confederazione alla resa incondizionata, Lincoln cercò di salvare e rinnovare l’anima stessa che rendeva gli Stati Uniti una nazione diversa dalle altre, di rinnovare il loro “obbiettivo ben preciso” – come lo avrebbe chiamato Lyndon B. Johnson un secolo dopo la fine della guerra civile – e quell’obbiettivo era quello di concretizzare quel famoso “all men are created equal” presente nella Dichiarazione d’Indipendenza, considerata da Lincoln come l’atto fondativo degli Stati Uniti e citata nel suo celebre discorso di Gettysburg.
Non si trattò più quindi di salvare lo Stato e le sue istituzioni, ma di salvare la libertà come principio cardine di quello Stato, nato dalla volontà di sottrarsi dal dominio inglese e, ancor prima, terra in cui le persone potevano vivere libere, al riparo da persecuzioni politiche e religiose.
(Foto di copertina da: Ripley’s belive it or not)