La pena capitale ha una lunga storia: popolare in quasi tutte le culture, nel mondo occidentale è stata avallata per secoli dai maggiori pensatori: da Platone a Kant, passando per Aristotele. Nella Bibbia viene descritta come un aspetto del tutto naturale dell’umanità. Cesare Beccaria nel saggio Dei delitti e delle pene (1764) biasima la pena di morte: nessun individuo ha lasciato nelle mani della società il diritto di ucciderlo. Dal 1970 il tema è entrato nelle campagne di Amnesty International ed i paesi abolizionisti hanno cominciato a crescere.

La pena di morte è stata abolita, de iure o de facto, in 140 paesi. Sono state 993 le esecuzioni nel mondo registrate da Amnesty nel 2017: il 4% in meno rispetto al 2016 e il 39% in meno del 2015. Il trend positivo è tristemente inficiato da Cina, Vietnam e Bielorussia, che non rendono pubblici i dati sul ricorso alla pena capitale, ritenuti segreto di Stato: si stima che nella sola Cina le esecuzioni siano dell’ordine delle migliaia.

Miglioramento, ma non troppo

Ciò che colpisce a livello globale è che un numero ristretto di Paesi (Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan) è responsabile dell’84% delle condanne eseguite nel mondo. Negli Stati Uniti, invece, la pena è in vigore in 29 Stati su 50. Esiste poi il livello federale per alcuni reati: l’ultima condanna a livello federale è stata pronunciata per Lisa Montgomery, colpevole di omicidio, nel gennaio scorso.

(via Amnesty International)

In Italia è rimasta in vigore fino al 1889 nel codice penale civile (reintrodotta poi sotto il fascismo) e fino al 1994 nel codice penale militare di guerra. A fare grandi passi avanti nella lotta globale per abolire la pena capitale è stata l’Africa subsahariana, dove si è registrato un significativo decremento delle condanne negli ultimi quattro anni. Tendenze preoccupanti riguardano invece alcuni paesi asiatici, dove vige la discrezionalità della pena.

Negli ultimi 40 anni si è assistito ad un mutamento positivo rispetto all’uso globale della pena di morte, ma occorrono altre misure per arrestare la pratica feroce dell’omicidio di stato. Se la generale direzione sembra dunque costante, il cammino verso il raggiungimento dell’obiettivo è ancora piuttosto accidentato.

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