Attraverso un videomessaggio sul suo account Twitter, l’ex premier Enrico Letta ha sciolto la riserva e accettato la candidatura a segretario del PD.

Un ritorno accolto, almeno per ora, con piacere da parte del PD e non sono mancati messaggi di appoggio da Gentiloni a Zingaretti, passando anche per il tweet di Provenzano.

7 lunghi anni

Sono già passati 7 anni dal giudaico “Enrico stai sereno” e dal passaggio di consegna del campanello con tanto di stretta di mano tra Letta e il suo carnefice Matteo Renzi. Sette lunghi anni vissuti principalmente a Parigi con il ruolo di direttore della Scuola di Affar Internazionali di Scienses Po, con tanto di conferenze fatte in tutto il mondo.

La storia ci insegna che molte volte scomparire per poi tornare in politica funziona. È successo con Churchill e, rimanendo in territorio italico, con Fanfani e le sue molteplici vite politiche; ma volendo uscire dall’immaginario politico potremmo riprendere la celebre “traversata nel deserto” di De Gaulle che durò 12 anni.

Quante cose cambiano in 7 anni, e le storie inverse di Renzi e Letta sono l’esempio perfetto, con il primo che si ritrova un pugno di mosche in mano e il secondo chiamato a riprendere il PD riportandolo ad un ruolo di protagonista già a supporto del governo Draghi.

(Da Pinterest)

E ora?

Letta è l’uomo giusto per il PD? Cercando di aggirare la domanda per non cadere in risposte retoriche e banali, si potrebbe controbattere con un’altra domanda: il PD attuale è pronto ad essere guidato da un uomo dalla caratura politica e culturale come Letta?

Volendo rispondere si potrebbe portare la questione nel mondo immaginifico di J.R.R. Tolkien e vedere il ritorno di “Letta il bianco” pronto a dare il suo appoggio per amore di quella compagnia da lui stesso (e altri) fondata anche se in questo universo fantastico il Drago non è apertamente schierato ma ha bisogno dell’aiuto di tutti. L’unico fastidio potrebbe essere causato da Matteo Smigol e quella sua parossistica ricerca di attenzione e potere e che fino all’ultimo proverà ad acciuffare.

Di che morte deve morire il PD? Gran parte della risposta l’avremo domenica dopo che Letta pronuncerà il suo discorso all’assemblea.
Le parole del video messaggio sono rincuoranti, soprattutto per la base degli iscritti spesso calpestata e scavalcata dalle decisioni della dirigenza, ma le parole in politica contano poco e perdono di credibilità se non vengono messe subito in atto.

Una forte identità, idee chiare e ridurre al minimo i soliti harakiri interni: se Letta lavorasse in queste direzioni potrebbe ambire di nuovo a quella campanella a fine legislatura, ma il cammino è lungo e tortuoso.

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