“Trump non ha iniziato guerre, ecco perchè lo vogliono far fuori” “A Trump dovrebbero dare il nobel per la pace” questi alcuni dei commenti che si trovano frequentemente sul web per incipriare il volto dell’aministrazione Trump. Non sono considerazioni che nascono dal nulla; Trump è rimasto (almeno per quanto riguarda la politica estera) coerente al suo motto “America First” e ha anzi continuato un trend cominciato già con Obama di generale ritiro e disimpegno delle truppe USA impegnate in Medio Oriente, necessità derivata anche dalla crescente coscienza dell’illegittimità di taluni conflitti da parte dei cittadini statunitensi. Non per nulla gli analisti confermano che Biden probabilmente seguirà la scelta di Trump per un ritiro totale delle truppe americane in Afghanistan, anche se dovesse presentarsi meno tollerante verso le richieste negoziali dei Talebani [Guardian].

Il Vice Presidente Biden e il Presidente Karzai nel 2011; crediti: New York Times

Ma la situazione, come sempre, è più complessa di ciò che sembra. Nonostante quanto detto prima gli anni dell’amministrazione Trump si stanno rivelando i più mortali per i civili delle nazioni coinvolte nei conflitti mediorientali. Le Nazioni Unite riportano che in Afghanistan le forze governative (inclusi quindi gli statunitensi) nel 2019 hanno ucciso 717, mentre le forze anti governative 531, e altre 118 morti non attribuite; in Yemen dove l’Arabia Saudita (fortemente criticata dall’ex segretario della difesa Mattis per la sua “cultura militare” che include l’uccisione indiscriminata di ribelli e civili) utilizza l’intelligence USA per condurre i suoi bombardamenti l’ONU riporta 20.000 civili uccisi, e in Somalia la lotta contro Al-Shabaab ha portato a 123 bombardamenti dal 2017, quattro volte il numero di bombardamenti condotti dall’amministrazione Obama in 8 anni [Los Angeles Times].

Tutto questo è frutto proprio delle politiche di cui abbiamo parlato prima. Trump ha puntato molto sul disimpegno delle truppe di terra, ma oltre ha questo ha abbandonato la grande strategia di contro-insurrezione dell’era Obama, con essa ha abbandonato ogni tentativo di nation-building e il famoso “winning hearts and minds“. Per usare le parole del presidente uscente:

“We are not nation-building again. We are killing terrorists.”.

Donald Trump

E questo significa il forte impiego di bombardamenti, bombardamenti dalle conseguenze meno persuasive rispetto a quanto “smart bombs” farebbe intendere.

crediti: Statista

Il prossimo futuro dell’impegno USA in Medio Oriente e specialmente in Afghanistan sta seguendo un percorso chiaro, ma i dettagli (tra cui molte vite innocenti), sono da definire. E sono da definire in un clima decisamente caotico dato che da lunedì 4 ufficiali del pentagono sono stati licenziati o hanno rassegnato le proprie dimissioni, incluso il segretario della difesa Mark Esper, licenziato da Trump lunedì. Tra sostituzioni e nomine salta all’occhio anche quella dell’ex colonnello Douglas MacGregor, forte oppositore dell’intervento USA in Afghanistan (e promotore dell’idea di sparare agli immigrati messicani). Risulta difficile capire se il caos portato nel Pentagono da Trump è più per motivi di politica interna o esterna, ma le conseguenze di tale caos non possono che avere conseguenze in entrambi i settori.

(Foto di copertina da TPI)

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