Con la sentenza del giudice Tomoko Takebe, della Corte di Sapporo, il Giappone per la prima volta stabilisce che i matrimoni omosessuali non possono più essere considerati incostituzionali. Nel formulare la sentenza, la giudice ha posto l’accento sulla violazione dell’articolo 14 garantendo il principio di uguaglianza degli individui davanti alla legge, ribadendo che l’orientamento sessuale non è dato da una scelta. Inoltre, la giudice ha ammonito il Governo di non “garantire alle coppie dello stesso sesso anche una minima parte degli effetti legali che derivano dal contratto matrimoniale”.

La decisione del tribunale è stata celebrata come una conquista per la comunità LGBTQ+, rappresentando un punto di svolta anche per la società stessa. La sentenza è la conclusione di un’iniziativa presentata già nel 2019 da 16 coppie, sparse in diverse località del Giappone, alle quali era stato sempre negato il diritto di poter convolare a nozze, non al pari delle coppie eterosessuali. Il tribunale, anche se ha dichiarato non incostituzionale le unioni di coppie gay, non ha però stabilito il risarcimento per danni morali e psicologici che tre coppie avevano richiesto in seguito alla negazione del diritto.
Passo dopo passo
Negli anni diverse sono state le iniziative a favore della comunità “arcobaleno”. Nel 2017, ad esempio, vennero emessi dalla città di Sapporo dei certificati di eleggibilità per le coppie omosessuali, semplificando loro l’accesso ai servizi comunali al pari delle coppie eterosessuali. Anche se non vi è stato quindi un rinnovamento radicale, questa sentenza è uno dei tanti passi che il Giappone sta compiendo per cambiare il suo assetto culturale. Da questa decisione storica il paese nipponico potrebbe aprirsi ulteriormente alle questioni socio-politico al fine di migliorare la difficile situazione degli omosessuali e transessuali nel Paese e garantire ulteriori diritti a favore.