Domanda fondamentale da porsi, ora che il pianeta si prepara a festeggiare il traguardo delle 8 miliardi di persone. Serpeggia la preoccupazione che le risorse che fino ad oggi davamo per scontate, come l’acqua dolce e potabile, in un futuro rischino di scarseggiare e diventare un potente strumento politico per chi le possiederà. C’è un Paese che ha risposto alla domanda ed ha constatato che sì, per mantenere il potere deve arrivare prima degli altri a controllare l’acqua. E, soprattutto, l’acqua salata.
Potremmo dire che la Cina ha una sorta di “fortuna” geografica. Essa è occupata, per metà del suo territorio, da pianure attraversate dalle acque del Fiume Giallo e del Fiume Azzurro. La prosperità demografica della Cina deriva proprio dall’enorme disponibilità di zone coltivabili.

61 anni fa fu ufficialmente fondata la Repubblica Popolare Cinese e meno di due anni più tardi aveva già conquistato il vicino Tibet. La Cina affrontò immediatamente la “questione tibetana”, prima che l’altipiano potesse cadere nelle mani di un’altra nazione appena formatasi: l’India. In Tibet, infatti, nascono le sorgenti dei fiumi Giallo ed Azzurro e per la giovanissima Repubblica era necessario garantire la sicurezza delle proprie riserve idriche.
Così, dopo aver preso il controllo dell’acqua dolce, con i decenni arrivò il momento di assicurarsi anche la propria acqua salata. Negli ultimi anni la Cina ha investito sul colossale sistema commerciale della Nuova via della Seta. Il progetto le permetterà di aumentare il numero e l’efficienza delle rotte commerciali verso il resto dell’Asia, Europa ed Africa. Le rotte marittime della Nuova Via della Seta, che scambieranno merci dall’India al cuore del Mediterraneo, si snodano, però, in una delle zone più calde e pericolose del pianeta.

Prima di spiegare la situazione del Mar Cinese Meridionale, è necessario accennare al concetto di Zona Economica Esclusiva (ZEE). Una ZEE è una convenzione del dirritto internazionale che serve a delimitare i confini marittimi di uno Stato. Fino a 200 miglia nautiche (130 km) tutto il mare e rispettivo fondale sono sotto la sovranità della nazione costiera.
Il Mar Cinese Meridionale è racchiuso tra Indocina, Borneo e Filippine. In queste acque avviene il 10% della pesca mondiale, nei fondali si trovano ricchissimi giacimenti di petrolio e gas naturale e, soprattutto, il 30% del commercio marittimo passa attraverso questo braccio di mare e rifornisce oltre due miliardi di persone in Estremo Oriente. Nella zona centrale del mare convergono le ZEE di ben sette Paesi: Repubblica Popolare Cinese, Repubblica di Cina (Taiwan), Filippine, Malesia, Brunei, Indonesia, Vietnam. Tuttavia, la Cina non riconosce la validità di queste ZEE in quanto, per questioni apparentemente storiche e culturali, il Mar Cinese Meridionale dovrebbe essere sottoposto alla sua sovranità. E, per mettere in atto questa rivendicazione, questo mare è diventato una polveriera.

Nel Mar Cinese Meridionale si trovano due arcipelaghi maggiori: le Isole Paracelso e le Isole Spratly. Le Isole Paracelso, che si trovano a sud dell’isola di Hainan, sono occupate ed amministrate dalla Repubblica Popolare Cinese dal 1974, che le contende alla Repubblica di Cina. Esattamente, ci sono “due Cine” che lottano per queste isole. Con il nome di Repubblica di Cina si intende quella Nazione che viene comunemente chiamata Taiwan. La Repubblica di Cina mantiene questo nome da quando il governo cinese si rifugiò sull’isola durante la Guerra Civile e decise, pertanto, di conservare questo nome per riconoscersi come l’unica e la legittima Cina. Oggi Taiwan è riconosciuto da soli 15 Paesi (tra cui la Santa Sede), ma gode della protezione degli Stati Uniti, che ha impedito l’invasione da parte della Cina continentale. Le due Cine hanno spostato quindi la loro contesa su questo piccolo arcipelago che tuttavia gode di una situazione infinitamente più serena rispetto a quella delle Isole Spratly, più a sud.
Nel Mar Cinese Meridionale si trovano due arcipelaghi maggiori, le Isole Paracelso e le Isole Spratly, e ci sono “due Cine” che lottano per queste isole.
Le Isole Spratly si trovano nel mezzo delle acque internazionali del Mar Cinese Meridionale e sono un arcipelago occupato parzialmente da Cina, Taiwan, Vietnam, Filippine e Malesia.
Questo arcipelago ha una caratteristica unica: le isole, anziché diminuire, aumentano. Questo fenomeno non ha, però, niente di naturale; dal 2015 la Cina costruisce isole artificiali pompando sabbia su scogliere e barriere coralline, devastando così l’ecosistema sottomarino. Le isole artificiali cinesi non sono dello stile di quelle di Dubai, con hotel e spiagge di lusso, bensì sono basi militari, con artiglieria, porti e piste d’atterraggio. Questa strategia fa, da una parte, “guadagnare” terreno e dall’altra fornisce basi d’appoggio per un’operazione ancora più subdola. Non riconoscendo la sovranità degli altri Paesi sulla zona, la Marina cinese accerchia con blocchi navali le isole dei Paesi avversari, non permettendo il passaggio ai rifornimenti ed il supporto alla poche truppe schierate a terra. Questa situazione è resa ancora più pericolosa dalle risposte degli altri Paesi, che reagiscono con arresti e sequestri di equipaggi, scambi di colpi di artiglieria, fortificazione e militarizzazione perfino delle scogliere.

Nel Mar Cinese Meridionale convergono interessi fondamentali per il futuro della Cina. La Nuova Via della Seta è il progetto che permetterà alla Cina di consolidare ed aumentare la sua influenza economica e politica sull’Asia e l’Europa. Pur di garantire la massima efficacia al progetto, la Cina è pronta a tutto. Qui si cela la chiave del suo successo. Così, per rispondere alla domanda iniziale, si può affermare che chi dominerà il mondo, probabilmente, sarà quel Paese che controlla sia l’acqua dolce che quella salata.
(per la foto di copertina, crediti: the Trumpet)