Uno dipendente dall’altro
Nelle ultime settimane l’atteggiamento russo nei confronti dell’Ucraina sta rendendo la situazione sempre più instabile, tanto da portare gli USA a prendere una posizione molto decisa a riguardo.
La reazione europea è stata invece più timida: è stato dichiarato supporto all’Ucraina, soprattutto dal punto di vista economico, ma non si è arrivati ad alludere un potenziale intervento di altro tipo, come invece ha fatto il presidente statunitense Biden.

I paesi europei sono chiaramente in una posizione diversa nei confronti della Russia rispetto agli USA, per via della posizione geografica di maggiore vicinanza e per via delle fitte relazioni economiche: le esportazioni russe rappresentano infatti il 4,8% del commercio totale mondiale dell’Unione Europea (mentre per la Russia gli import dall’UE sono il 37,3% delle relazioni economiche mondiali totali). I dati non fanno però capire quale sia effettivamente l’importanza della Russia per l’Europa: si tratta dello stato da cui l’UE importa il 26% del petrolio e il 40% del gas naturale utilizzati.
Anche per l’Italia la Russia è uno dei principali partner economici extra-UE e, come più in generale per tutto il Vecchio Continente, al centro della relazione ci sono i prodotti del settore energetico: tra gennaio e novembre 2021 i beni maggiormente importati sono stati i prodotti dell’estrazione di minerali da miniere e cave (per €7,4 miliardi, pari al 59% degli export totali dalla Russia all’Italia), il coke e i prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (per €1,2 miliardi), le sostanze e i prodotti chimici (per €302 milioni) e i prodotti in metallo (per €3 miliardi).

Pecunia non olet
Non stupisce dunque che ci sia la volontà politica ed economica di mantenere delle solide e produttive relazioni bilaterali. Ci si potrebbe però chiedere in che modo queste dovrebbero venire considerate nel più generale contesto delle relazioni internazionali, cioè fino a che punto considerare uno stato come un essenziale partner commerciale senza volerne – e forse anche poterne – giudicare le decisioni in politica estera.
Questo dubbio risulta in questi giorni più pungente, in seguito alla videoconferenza organizzata nella giornata di mercoledì 26 gennaio dalla Camera di Commercio italo-russa, alla quale hanno preso parte alcune delle principali aziende nostrane (16 in totale, tra cui ENEL, UniCredit, Intesa San Paolo e Generali, mentre ENI si è chiamata fuori a causa delle polemiche) e durante la quale è intervenuto personalmente il presidente russo Putin.

Si tratta di un evento che era pianificato già da novembre, ma che, considerate le attuali notizie che vedono coinvolta la Russia, è diventato particolarmente scomodo dal punto di vista politico: dalle notizie sui quotidiani non è chiaro se il Ministero degli Esteri ne fosse o meno a conoscenza, però a posteriori il Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, un organo bicamerale che “verifica in modo sistematico e continuativo che l’attività del Sistema di informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione e delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni”) ha descritto la decisione delle aziende che vi hanno partecipato come “singolare” e ha spiegato che l’esigenza di mantenere buoni rapporti economici con la Russia non può “compromettere la affidabilità transatlantica dell’Italia e la piena condivisione delle decisioni che, anche in relazione agli sviluppi della crisi ucraina, saranno assunte con i nostri storici alleati occidentali”.
I nostri storici alleati occidentali – sebbene anch’essi affrontino la questione russa con incongruenze e interessi contrastanti – potrebbero però dubitare della nostra affidabilità in tali situazioni, tanto che dal punto di vista analitico l’Italia viene definita come il “ventre molle” dell’alleanza occidentale. Considerati i rapporti e le prese di posizione di buona parte della nostra classe politica, se anche alcuni tra i soggetti così importanti per il nostro apparato economico sono disposti a perseguire i propri interessi nonostante i comportamenti russi, qual è davvero la capacità italiana nei confronti dell’influenza russa?