Lo sport, come sappiamo, è fondato su principi cardine ben solidi: disciplina, tempo, pazienza e rispetto. Quest’ultimo è l’eccezione. L’unico dei quattro a non riguardare solo l’atleta in sé, ma un collettivo più ampio.
Rispettare gli avversari, i compagni di squadra, gli allenatori e chiunque graviti intorno a quel mondo fatto di competizioni e allenamenti infiniti. Darlo per riceverlo, no?
A quanto pare c’è chi se lo dimentica e questa volta, in occasione della prima settimana olimpica, a perdere la bussola sono stati diversi giornalisti.
Le prime pagine:
A cominciare dai giornali, sportivi in primis, che hanno titolato le prime pagine con frasi trasudanti delusione e rammarico per finali e ori mancati, sminuendo quasi totalmente argenti e bronzi olimpici conquistati dai nostri atleti con fatica.

Argenti e bronzi o l i m p i c i.
Una sorta di pacca sulla spalla all’atleta di turno che è riuscito a prepararsi alla più grande competizione sportiva di sempre nonostante la pandemia abbia costretto a continui stop degli allenamenti (oltre che rimandare di un anno Tokio2020).

Le interviste:
In più di una disciplina, la frase cardine dell’intervista è stata “Complimenti, ma c’è della delusione”.
Delusione. La Treccani cita “Il deludere o l’essere deluso; sentimento di amarezza di chi vede che la realtà non corrisponde alle sue speranze”.
L’atleta può essere deluso, non il giornalista addetto alle interviste che, così facendo, diventa portavoce di un sentimento condiviso da “veterani esperti non convocati perché conducenti vite non sportive”, conosciuti anche con il più comune nome di leoni da tastiera.
Gli obiettivi son sempre alti: che si tratti di voler conquistare una medaglia, di voler accedere ad una finale o di dare il 120% e vedere cosa succede. Ma sta al singolo atleta e il suo team stabilire se le aspettative sono state deluse o no. Non di certo a chi guarda la competizione dal divano di casa, né, tantomeno, da chi ha un microfono in mano.