I problemi e le soluzioni di una questione decennale

Tra l’annuncio di Macron dei nuovi reattori a produzione francese, la scelta australiana di dotarsi di sottomarini nucleari e la contingente crisi climatica, il dibattito sulla possibilità di un ritorno all’energia nucleare si fa sempre più intenso. L’Unione Europea in questi giorni dovrà inoltre decidere su quale mix energetico puntare per la transizione ecologica. Quali sono quindi le opportunità, le difficoltà e i rischi dell’opzione nucleare?

Una riluttanza storica

Bisogna innanzitutto fare una premessa di carattere storico per comprendere alcune delle riserve su questo tipo di energia. Sicuramente, infatti, non possiamo non comprendere i timori di quelle generazioni che hanno vissuto sotto la costante minaccia dell’annientamento atomico, un’epoca in cui lo sviluppo di capacità nucleari era necessariamente collegato allo sviluppo di armi di distruzione di massa.

Le stesse generazioni che peraltro hanno vissuto i disastri di Chernobyl e Three Mile Island, che si sono fissati tanto saldamente quanto negativamente nell’immaginario collettivo. Generazioni cresciute pure con film come “The China Syndrome”, che venivano creati spesso su basi scientifiche piuttosto dubbie. Da una parte risulta quindi comprensibile che l’idea di tornare all’epoca dell’energia atomica non sia così seducente per alcune fette della popolazione.

La centrale di Three Mile Islands – Crediti: Wired

L’impellenza di considerare il nucleare

Dall’altra però è più che mai necessario fare i conti con le conseguenze del cambiamento climatico – o per i più scettici e cinici, con le conseguenze della dipendenza energetica da fornitori esteri (obiettivi che nel frattempo legano avversarsi geopolitici dell’Europa). L’eliminazione delle fonti energetiche fossili in favore delle fonti sostenibili è imperativa per evitare una catastrofe. Dal momento che però alcune delle fonti rinnovabili classiche faticano ad emergere (si pensi all’energia solare e ai limiti delle batterie al litio), pare quantomeno giusto riconsiderare la possibilità di utilizzare energia nucleare.

Problemi di ieri, problemi di oggi

Ora, i problemi legati all’energia nucleare esistono, alcuni legati più al passato che al presente, altri molto più moderni. Tra questi ultimi, sicuramente i costi proibitivi e la mancanza di un know-how solido per la creazione delle centrali sono tra quelli più importanti. C’è poi il problema delle reti elettriche, che farebbero fatica a sostenere l’enorme output energetico di numerose nuove centrali.

Inoltre, se non ci si vuole limitare ad una visione occidentale del problema, allargare la strategia nucleare ai paesi in via di sviluppo (che di energia ne hanno bisogno) significherebbe mettere tecnologia potenzialmente pericolosa nelle mani di stati a volte fragili, spesso piegati da corruzione e mala-gestione. Ci sono poi la paura degli incidenti, dei danni ambientali e dello stoccaggio delle scorie. In questo video Vox analizza alcune delle cause e delle problematiche legate allo spegnimento della centrale di Indian Point.

Soluzioni di oggi, soluzioni di domani

Come dimostrato anche nel video, a volte i problemi legati al nucleare sono solo percepiti come tali. Oltre ad avere un bassissimo tasso di mortalità legato alla produzione energetica, l’energia atomica ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, portando allo sviluppo di reattori che oltre ad essere molto più sicuri rispetto a un tempo (ad esempio operando a pressione atmosferica), possono utilizzare il carburante nucleare molto più a lungo, dimezzando poi la vita delle scorie prodotte.

I costi intellettuali e monetari della produzione delle centrali rimangono invece ancora un problema, tuttavia qui entra in gioco l’annuncio del Presidente francese. Macron ha infatti annunciato i piani per la produzione di reattori di piccole dimensioni che sarebbero prodotti “in fabbrica” e poi assemblati sul posto. Questo significherebbe aumentare notevolmente la flessibilità dell’energia atomica, rendendone più accessibili i costi, e permettendo un graduale sviluppo del know-how nazionale in termini ingegneristici e scientifici.

Il clima politico italiano

Un recente sondaggio SWG ha evidenziato che tra gli italiani contrari all’energia nucleare, il 60% teme un non corretto smaltimento delle scorie, e un 15% teme che la gestione degli impianti possa finire in mano ad organizzazioni malavitose.

Al di là delle strettissime regolamentazioni che rendono il settore nucleare particolarmente sicuro, è vero, specialmente in paesi come l’Italia, che il pericolo di infiltrazioni mafiose esiste, in particolare considerando il giro di denaro che potrebbe essere mosso dal settore, la legislazione comunitaria a volte carente in fatto di crimine organizzato e la possibilità di infiltrarsi, più che nella gestione degli impianti, nella gestione dello smaltimento (più distante dagli occhi delle autorità). E’ infatti quello che è successo negli anni ‘90, quando l’Italia è diventata un hub per lo smaltimento di rifiuti tossici provenienti da America ed Europa.

Crediti: Legambiente Emilia-Romagna

Conclusioni

Chiaramente questi sono però problemi di carattere politico, che dalla politica dovranno essere affrontati affinché un’opportunità altrimenti irripetibile venga sfruttata. Sfortunatamente la politica dovrà anche affrontare il forte carattere divisivo e trasversale che lo stesso sondaggio fa notare. La questione nucleare non divide solo destra e sinistra, ma divide anche per età (e sbaglieremmo a pensare che i più giovani sono i più favorevoli) e talvolta pure per genere.

In conclusione, i nodi da sciogliere rimangono, anche senza contare la questione della sicurezza, questa legata al sopra-menzionato problema di fornire tecnologie avanzate a paesi che spesso collaborano con organizzazioni terroristiche o criminali. Si tratta però di problemi legati più alla gestione del nucleare che non al nucleare stesso, tecnologia che potrebbe essere cruciale per impedire un peggioramento irreversibile della crisi climatica.

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