La storia recente ci ha insegnato che esiste un modo, barbaro e subdolo, con cui viene condotto un certo tipo di politica. Intorno all’arte del governo si celano, troppo spesso, intrighi di potere che non si limitano a compiere, solamente, un crimine, ma che hanno, come reale obiettivo, quello di causare situazioni di crisi per i Paesi e gli organi coinvolti.

Così il caso dell’avvelenamento di Alexei Navalny, principale oppositore del Presidente russo Vladimir Putin, rischia di aggiungersi a quella lista, ancora troppo lunga, di casi e complotti dei quali non solo non si possiede alcuna certezza sull’identità dei colpevoli, ma nemmeno di quella dei moventi.

Il caso risale al 20 agosto scorso e più i giorni passano e più l’incertezza aumenta. Perché, sul fronte opposto a Paesi, come USA, sicuri della responsabilità diretta del Cremlino, cresce il numero di ricercatori, diplomatici e giornalisti che si dichiarano dubbiosi sull’idea che sia proprio dalle alte sfere di Mosca che sia partito l’ordine di eliminare Navalny.

La strada per la verità si fa tortuosa. Per ora soffermiamoci sulle conseguenze prossime del caso che apparentemente rischiano di rovinare i rapporti tra Germania e Russia, proprio sulla linea del traguardo di un grande progetto.

La Germania, che si è incaricata delle cure di Navalny, ora ricoverato a Berlino ed uscito di recente dal coma, ha minacciato la Russia di interrompere i lavori del Nord Stream 2, proprio nel momento in cui manca da concludere solo il 5% dei lavori. Ma cos’è Nord Stream 2?

Per comprendere il progetto russo-tedesco tanto temuto da USA ed Est Europa bisogna tornare al 2011, quando venne inaugurato Nord Stream, gasdotto che collega la russa Vyborg, vicina al confine finlandese, con la città portuale di Greifswald, nel nord-est della Germania. Oltre 1200 km di gasdotto a due linee, capacità massima di 55 miliardi metri cubi all’anno di gas naturale, secondo il sito di Gazprom, energia sufficiente a rifornire 25 milioni di abitazioni. Un capolavoro di ingegneria e di economia. La società che ha gestito la realizzazione e controlla oggi il gasdotto, è chiamata Nord Stream AG (Gazprom ne controlla il 51%, le tedesche BASF ed E.ON ciascuna il 15,5%, la francese Engie ed una società olandese possiedono entrambe il 9%) e gli interessi della Germania sono talmente radicati che il presidente del consiglio di amministrazione è l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder.

“Un capolavoro di ingegneria e di economia”

Gas al minor prezzo possibile e il controllo del nuovo hub dell’energia europea, questi i vantaggi della Germania. Per la Russia, i guadagni sono ancora maggiori: vendita del gas diretta ad uno dei suoi principali partner economici, senza dover attraversare con i propri gasdotti Paesi ostili, e soprattutto la possibilità di infiltrarsi maggiormente nel mercato europeo dell’energia.

Così, sperimentati i vantaggi dei progetti energetici con la Russia, nel 2018 sono iniziati i lavori per Nord Stream 2, il raddoppio del gasdotto. Questo significa che la capacità massima dei due complessi diventa di 110 mldc/a (numero non raggiungibile perché l’Europa ha comunque imposto dei limiti). Ma è con Nord Stream 2 che si dimostrano le ambiguità ed i doppi giochi della politica europea. Nel 2014 i lavori per South Stream, gasdotto russo che avrebbe rifornito i Balcani e l’Italia, furono progressivamente ostacolati ed, infine, definitivamente interrotti con le sanzioni comminate alla Russia per l’annessione della Crimea e la guerra nel Donbass. La stessa Europa che aveva voluto aiutare l’Ucraina, l’ha poi tagliata fuori dal mercato dell’energia con un suo nuovo gasdotto. Non stupisce che molti Paesi dell’Est Europa si siano sentiti traditi. Anche gli Stati Uniti si sono opposti al progetto, arrivando a rallentare con minacce e sanzioni i lavori a inizio anno, che sono poi ripresi. Ora che manca poco più un centinaio di km di linea da installare in acque danesi, i lavori rischiano di subire un’altra battuta di arresto.

Perché proprio la Germania, così coinvolta nel progetto, mette in discussione la realizzazione? Forse le continue opposizioni degli Stati Uniti, che rimangono comunque il principale alleato dell’Unione Europea, e dei Paesi dell’Est hanno convinto il governo tedesco a riassumere una politica di ambiguità nelle relazioni con la Russia. Berlino dimostra così di non dipendere da Mosca come certi Paesi credono e che, se vuole, può mettere davanti la morale agli interessi economici. Anche se, probabilmente, il progetto verrà comunque concluso.

Il tempo ci aiuterà a capire a cosa si sta giocando nelle alte sfere della politica e dell’economia, certo è che Mosca si trova ad affrontare un’altra crisi assolutamente non prevista. 

È stato un 2020 tragico per la Russia che, con oltre un milione di casi confermati di Covid e quasi ventimila morti, deve anche fronteggiare le sommosse popolari a Chabarovsk, nel profondo est, e la crisi della Bielorussia, mentre l’Occidente osserva preoccupato per la crisi umanitaria ed il rischio di una nuova guerra.

E per Navalny le prospettive sono preoccupanti proprio ora che, uscito dal coma, si ritrova immischiato all’interno di un vero e proprio intrigo internazionale.

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