La cronaca nera
Morire sotto le bastonate solo per difendere una persona a noi cara da un potenziale pericolo, è un atto veramente eroico, ma oggettivamente ingiusto. La dinamica sorge in seguito a ripetuti atti di stalking da parte di un uomo di 36 anni ai danni di una donna. Damiano Bologna, amico della vittima, reagisce contro l’aggressore, ma viene brutalmente ucciso da quest’ultimo.
Questo è ciò che è accaduto alcuni giorni fa a Canosa di Puglia, in Provincia di Barletta-Andria-Trani. Con la sua morte, l’aggressore deve rispondere anche delle accuse per omicidio preterintenzionale.
Il trentaseienne, dopo l’aggressione era fuggito dalla piazza. Dopo alcuni giorni la Polizia ha rintracciato e arrestato l’uomo. L’uomo è ora agli arresti. Su richiesta della Procura di Trani, il Giudice per le indagini preliminari aveva emesso per l’uomo una misura di custodi cautelare ai domiciliari.
Si poteva evitare questa tragedia?
La famiglia, i conoscenti e i cittadini stessi sono sconcertati dinanzi a questa tragedia. Un misto di odio e voglia di vendetta ribolle nella coscienza cittadina, portando ad augurare all’aggressore la pena più grave da scontare. Ma la domanda che ci sorge spontanea è: si poteva evitare?
Se vivessimo in un Paese in cui lo stalking venisse considerato reato, allora la risposta alla domanda è decisamente si.
Lo stalking secondo la legge italiana
L’Italia, però, preferisce vivere nel Medioevo, non ritenendo più lo stalking un reato grave, diventando una banale aggravante.
Nel 2009 venne introdotto il reato di stalking e per l’omicidio della vittima fu aggiunta una specifica aggravante. Ciò consentiva di condannare per tutti e due i reati con un aumento della pena fino all’ergastolo gli aggressori. Invece di progredire, siamo tornati indietro di 12 anni, perché il 15 Luglio 2021, quest’anno, la Cassazione ha stabilito che l’omicidio, in quanto reato complesso, assorbe tutto il resto, compresi gli atti persecutori.
Quindi chi uccide, paga solo per il reato grave compiuto e non per quanto fatto in precedenza. In questo caso tutte le aggravanti, in questo caso lo Stalking diventano solo inezie, atti che non sono “costituzionalmente” gravi.
Come se lo stalking o le lesioni con cui hanno prima tormentato la loro preda, rendendola ancora più fragile, non si fossero mai verificati: rimangono impuniti. Così ci si continua ad indignare difronte a queste notizie.
Giustizia (non) è fatta
Quando nella maggior parte dei casi avviene un femminicidio ,ma anche quando subentrano seconde persone ,si inneggia alla giustizia, quando essa stessa non garantisce la protezione adatta per le vittime. Non si può morire per difendere, non si può morire per aver denunciato. Non si deve morire per questo.
Sminuendo, ignorando e dimenticando episodi come questi, non ci sarà mai giustizia. Non avranno giustizia né Damiano né tutte le altre persone che vengono maltrattate e uccise da soggetti instabili. Queste persone che arrivano a compiere violenze hanno necessariamente bisogno di una rieducazione per poter convivere con gli altri cittadini. Giustificando o assecondando i carnefici, non si fa altro che sminuire la vittima e le violenze subite, favoreggiando il reato stesso. Ad uccidere le vittime non è solo la violenza di un folle, ma anche l’omertà dell’istituzione.