Il leader della Lega cede alla linea dura dei “suoi” governatori sul green pass, dimostrando di non aver più il controllo del partito.
Matteo Salvini non ce la fa più. Un po’ come una maestra che non riesce a tenere a bada i bambini in classe, il leader del Carroccio vede continuamente la sua linea politica infrangersi contro le posizioni contrastanti dei suoi compagni di partito. E, incalzato dalle domande dei giornalisti, preferisce essere schivo. Parliamo quindi dell’ennesimo dietrofront sulle posizioni prese, e questi continui cambi non pagano in termini elettorali.
Infatti, nel partito di via Bellerio si respira aria di sfiducia nei confronti del segretario, colui che ha portato il partito al 34% alle europee del 2019 e che oggi, stando agli ultimi sondaggi, galleggia attorno al 18%. Insomma, da vincitore a distruttore. Il calo dei consensi è evidentemente dovuto al “furto” operato da Fratelli d’Italia, il compagno di coalizione che ha dimostrato di rappresentare “la vera destra” e di essere coerente con le proprie decisioni, staccandosi dalla volatilità decisionale della Lega. Dopotutto, questa era la posizione di Salvini a luglio, e di acqua ne è passata sotto ai ponti da allora.
Dai governatori ai ministri
Le voci girano e le domande dei giornalisti indagano su chi sarà l’erede dell’ex ministro dell’Interno, dando per scontato (comprensibilmente) che a breve la leadership di Salvini giungerà al termine. Attualmente, sembrerebbe “l’ala giorgettiana” a prevalere all’interno del partito, vale a dire quella non-populista e legata ad una tradizione liberista e conservatrice, mettendo fuori gioco quella populista rappresentata da Salvini. Oltretutto, queste posizioni di Giancarlo Giorgetti – che ricordiamo essere l’attuale “capo” del MiSE – sono spesso condivise dai governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, i governatori leghisti più conosciuti e alla presidenza rispettivamente del Veneto e del Friuli Venezia-Giulia. Insomma, non esiste più una linea unitaria.

Non è una novità che personaggi così di spicco prendano posizioni avverse al leader del Carroccio. Sin dall’inizio della pandemia, la discordanza tra le idee di questi è sempre stata evidente, ma ora Salvini sembra aver paura perfino di esporsi. Giusto qualche giorno fa, Giorgia Meloni si è distaccata dal fronte “Berlusconi al Quirinale”, dando l’ennesima spallata al compagno di coalizione. Tra l’altro, il sostegno al Cavaliere tra le fila della Lega non è mai stato unanime, dimostrando l’ennesima frattura tra il partito e il suo leader.
E ora?
Riassumendo, abbiamo quindi due anime all’interno dello stesso partito che non lottano su questioni secondarie, ma su battaglie identitarie. Dalla divisione sulla coalizione europea, alle differenti posizioni sulle questioni pandemiche, alle candidature da proporre. Due partiti in uno, si potrebbe dire. E un leader che rappresenta solo una fazione, ma che è succube delle posizioni dell’altra, senza spazio di mediazione.
La necessità di organizzare un congresso per decidere le sorti del partito “verde” appare inevitabile, tuttavia Salvini fa di tutto per schivare l’argomento. Traducendo: non vuole lasciare la poltrona da segretario.