Tredici persone – parte di un gruppo chiamato Wolverine Watchmen – sono state accusate negli USA di aver pianificato di rapire la Governatrice dello Stato del Michigan Gretchen Whitmer, esponente del Partito Democratico. La situazione in questo Stato situato nel Midwest è stata molto complicata relativamente al coronavirus, perché nei primi mesi della pandemia il numero dei casi è stato tra i più alti negli USA: per fronteggiare questa situazione Whitmer ha imposto severe restrizioni, che hanno spinto molte persone a organizzare proteste già ad aprile (secondo CNN si è trattato di un “contrasto tra una battaglia di salute pubblica e una politica”) e hanno causato forti critiche da parte del Presidente Trump (che a riguardo ha twittato “LIBERATE MICHIGAN”). I quotidiani riportano che i piani di questo gruppo riguardavano diversi Stati federati, tra i quali appunto era compreso il Michigan, perché i governatori lì in carica venivano accusati di “violare la costituzione degli Stati Uniti”.

Foto da Wikipedia.
La posizione di Trump
Proprio il Presidente è stato accusato da Whitmer di essere la causa di tale progetto per via del suo linguaggio. Ha infatti dichiarato che in una situazione del genere le persone dovrebbero confortare e sostenere chi è stato coinvolto, ma da parte di Trump e del suo entourage sono giunte solo critiche. Inoltre, come attentamente notato dalla CNN, la reazione di Trump a questa notizia stona con l’approccio che ha tenuto negli ultimi mesi nei confronti delle manifestazioni sul tema della giustizia sociale e razziale: ha sempre sostenuto che sarebbe intervenuto per mantenere “law and order”, ma riguardo a questa notizia – ulteriore grave colpo alla democrazia statunitense, data l’esistenza di gruppi che vogliono agire secondo modalità non previste dalle pratiche democratiche – ha incredibilmente solo dichiarato che la Governatrice Whitmer dovrebbe ringraziarlo per aver sventato la cospirazione anziché accusarlo di essere un suprematista bianco. In questa situazione pare che Trump non fosse direttamente coinvolto, ma tutta la sua presidenza è stata accompagnata da riflessioni sui suoi rapporti con l’estrema destra e i suprematisti bianchi.
Ad esempio, già nel 2018 la rivista The Atlantic scriveva che “Trump è la colla che unisce l’estrema destra”, spiegando che il linguaggio da lui usato e proveniente da un’istituzione pubblica (perché è Presidente degli USA, quindi ciò che dice lo dice da Presidente degli USA e non semplicemente da Trump cittadino) ha rinforzato i gruppi estremisti, che hanno trovato un forte elemento di unificazione. Il supporto a Trump viene infatti indicato come uno dei pochi elementi condivisi dalla maggioranza dei gruppi dell’estrema destra, che altrimenti si troverebbero in posizioni distinte di tale area dello spettro politico: l’articolo spiega che si può meglio comprendere l’alt-right se la si considera non come un movimento o un’ideologia ma come “un blocco politico che tenta di unificare le attività di molti diversi movimenti estremisti o di molte diverse ideologie”; ci sono chiaramente delle caratteristiche comuni, come il nazionalismo e il suprematismo bianco (sebbene i membri provengano da Stati del mondo diversi e si rifacciano a teorie diverse, come quelle neo-naziste oppure quelle del Klu Klux Klan), l’opposizione verso l’immigrazione musulmana e il sostegno di teorie complottiste.
Nonostante queste diversità, l’articolo fa notare un aspetto importante: il fatto che Trump supporti o perlomeno non condanni l’alt-right – come accaduto durante il dibattito televisivo con Biden – permette a tale movimento di sviluppare una concezione e degli obiettivi condivisi tra i membri e le correnti, aspetto che potrebbe garantire all’estrema destra statunitense maggiore solidità nel futuro.
Trump is holding the rickety structure of the alt-right together, for now and probably for the foreseeable future. When he eventually leaves the public eye, the tottering edifice of the American far right might tip and fall. But for as long as he remains on the scene, it is likely to hold together. And the longer he and his fellow travelers remain in political power, the more likely it is that a more cohesive far-right movement will survive beyond his presidency.
Estratto dell’articolo Trump is the glue that binds the far right di J. M. Berger in The Atlantic, 29 ottobre 2018.
L’articolo si focalizza qui sulla solidità che l’estrema destra statunitense potrebbe raggiungere, perché effettivamente negli scorsi anni è stata un’area politica molto poco organizzata e composta da gruppi piccoli e autonomi. Un altro articolo, stavolta della Treccani, fa notare altre caratteristiche che si possono riscontrare nei gruppi dell’estrema destra statunitense: nostalgia per un passato statunitense – riferendosi soprattutto al periodo della rivoluzione che ha portato all’indipendenza – descritto come glorioso, critica del potere federale e preferenza dell’autorità statale (quindi diversi gruppi sono nella posizione contraddittoria di supportare Trump ma ritenere negativa l’autorità federale del governo di Washington), preferenza dell’interpretazione letterale della Costituzione, convinzione di avere il diritto di formare delle milizie private e di portare armi da fuoco, rifiuto della globalizzazione e dei diritti civili. Un aspetto certamente centrale per capire questi gruppi è conoscere il loro comportamento sui social networks: qui, inoltre, hanno maggiore libertà d’azione anche i cosiddetti “lone wolves”, cioè gli individui che decidono di agire mettendo in atto tali precetti ma per conto proprio, senza il sostegno e il supporto organizzativo di un gruppo; ciò è stato notato riguardo a diversi episodi di violenza avvenuti negli ultimi anni negli USA (l’articolo di The Atlantic si riferisce alla sparatoria di Jefferson Kroger, in Kentucky, del 24 ottobre 2018 e alla sparatoria alla sinagoga di Pittsburgh del 27 ottobre 2018).
I gruppi estremisti suprematisti bianchi sono una minaccia
La possibilità che questi gruppi di estrema destra compiano gesti violenti è stata esplicitamente indicata dal Depatment of Homeland Security (paragonabile al Ministero dell’Interno) nel report uscito a ottobre 2020, ma anche dal direttore del FBI Christopher Wray durante un’interrogazione parlamentare a settembre.

In basso a destra si legge il motto del dipartimento: “Con onore e integrità, difenderemo il popolo americano, la Patria e i nostri valori.”.
È la prima volta che il dipartimento rende pubblici i propri temi d’azione e si tratta di un documento nel quale sono brevemente presentate le più concrete minacce agli USA, spiegando per quale motivo sono incluse: queste proverranno anche da altri Stati (soprattutto Cina, Russia e Iran), ma una parte del report riguarda esplicitamente “l’estremismo domestico violento”, tanto che, nell’introduzione, il Segretario Chad Wolf ha espressamente scritto “sono particolarmente preoccupato riguardo agli estremisti suprematisti bianchi violenti che sono stati eccezionalmente letali nei loro disgustosi, precisi attacchi negli anni recenti”. Viene poi scritto che gli USA saranno minacciati anche da gruppi terroristici stranieri, ma nei prossimi mesi sarà più probabile che azioni violente siano messe in atto da individui che agiscono da soli o in piccoli gruppi, tenendo anche in considerazione gli effetti negativi che le misure di isolamento sociale messe in atto per contenere la diffusione del Covid-19 potrebbero avere sui singoli; ma “tra questi estremisti violenti domestici, gli estremisti violenti razzialmente ed etnicamente motivati – nello specifico estremisti suprematisti bianchi – rimarranno la più persistente e letale minaccia alla Patria”, aggiungendo che potrebbero esserci ulteriori minacce causate da questioni sociali o politiche che portano a grande mobilitazione (come l’immigrazione, l’ambiente e le policy legate alla polizia), che comunque sono già state sfruttate da estremisti violenti – tra i quali anche quelli con motivazioni razziali o etniche, ma non solo (vengono nominati individui influenzati dall’ideologia anarchica e con idee anti-governative o anti-autorità) – per creare situazioni di violenza.
Among DVEs [Domestic Violent Extremists], racially and ethnically motivated violent extremists—specifically white supremacist extremists (WSEs)—will remain the most persistent and lethal threat in the Homeland.
Estratto del rapporto Homeland Threat Assesment del Department of Homeland Security, ottobre 2020.
Da una dichiarazione del genere sono sorte però nuove polemiche relativamente alla vera posizione di Donald Trump: nelle scorse settimane è infatti circolata la notizia – diffusa da un ex impiegato del Department of Homeland Security – che i dirigenti del dipartimento abbiano spinto perché i report di intelligence fossero modificati per fare in modo che non ci fossero contrasti con l’agenda di Trump, soprattutto riducendo l’attenzione rivolta alla questione dell’influenza russa e della minaccia posta dai suprematisti bianchi, ma fornendo invece più informazioni relativamente alla Cina e all’Iran.
La posizione di Trump risulta ambigua e non sempre facile da decifrare. Ciò è ancora più vero se si tiene a mente quanto scritto dall’ISPI: molti comportamenti di Trump sono stati favorevoli alla destra estremista (non hai mai immediatamente condannato i gruppi estremisti e suprematisti, alcuni membri del suo entourage hanno collegamenti con tali ambienti o con tali ideologie), ma allo stesso tempo ha preso altre decisioni che sono state considerate negative da tali gruppi (ad esempio, alcuni membri del suo entourage provengono da minoranze razziali, sociali o religiose). Tenendo conto di ciò, l’articolo ritiene che certi flirt di Trump siano spesso da considerare come dovuti alla necessità di ottenere supporto e ammirazione, elementi che il Presidente ritiene molto importanti anche personalmente e che ricerca quando più gli sembra necessario e senza una vera e propria logica o costanza. Nonostante ciò, è innegabile che molte delle sue dichiarazioni relative a questo tema – alle quali si aggiungono quelle fatte ieri sera relative al gruppo cospirazionista di estrema destra QAnon – vengano (giustamente) considerate come pericolose da molti elettori moderati, togliendogli quindi sostegno a poche settimane dalle elezioni. Lo stesso articolo di ISPI riflette sul fatto che il numero dei membri di questi gruppi di estrema destra sia contenuto e quindi scegliere di cercare di avere a che fare con loro può essere controproducente dal punto di vista elettorale, perché si mette in discussione il sostegno di elettori moderati che sono in numero molto maggiore.