L’École de Paris: un’Avanguardia inconsapevole

A partire dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, Parigi diventa la metropoli indiscussa delle arti e luogo di nascita di numerosi movimenti che avrebbero poi caratterizzato in maniera innovativa l’arte europea.
In questo torno si modifica il volto cittadino e cambiano anche i luoghi dell’arte: dalla Montmartre impressionista, alla Montparnasse espressionista.
Gli artisti giungevano da tutta Europa nei caffè di questo quartiere per bere, fumare (soprattutto hashish), vivere secondo lo spirito bohème, ma spesso, diciamolo, anche per morire di fame.
L’espressione École de Paris (Scuola di Parigi) designa solitamente gli artisti stranieri presenti nella capitale francese: queste personalità non condivisero mai direttrici artistiche comuni, né ideali o intenti, contrariamente a quanto si possa pensare leggendo il termine “scuola”.
Chagall, Modigliani, Brancusi e tanti altri esponenti dell’École risultarono uniti semplicemente dall’attaccamento alla città di Parigi, patria elettiva e luogo adatto a liberare la loro visione poetica.

Montparnasse (Crediti/https://www.gettyimages.it/)

Marc Chagall

Chagall nasce nei pressi di Vitebsk (oggi Bielorussia) e giunge a Parigi tra il 1910 e il 1911. Durante il suo soggiorno parigino, rimane molto colpito dal colore dei Fauves: tuttavia, non lo si può definire compiutamente espressionista perché non fece mai parte di quella cerchia e perché il colore non fu l’unico e solo protagonista dei suoi quadri.
A Parigi si lasciò suggestionare da numerosi artisti e stimoli avanguardistici: conobbe Modigliani, Delaunay (il meno cubista di tutti i cubisti), Apollinaire, poeta d’avanguardia famoso per i suoi calligrammi e teorico del cubismo.
Senza dubbio, anche in virtù di queste influenze, si avvicinò agli stilemi cubisti, anche se il tipo di scomposizione che Chagall praticò nei suoi quadri, soprattutto i più maturi, riguardava ciò che accade “dentro la mente”, ovvero il modo in cui frammentiamo i nostri ricordi, e non ciò che accade all’interno del nostro campo visivo, come nel caso dei cubisti.
Nel contesto parigino si imbatté anche nell’Astrattismo e nel Surrealismo, senza avvicinarsi né all’uno né all’altro: in particolare, non può essere definito surrealista, perché lui stesso, nonostante il tentativo (fallimentare) di Breton di inglobarlo nel gruppo da lui diretto, negò qualsiasi attinenza tra la sua arte e il Surrealismo stesso.
L’influenza della psicanalisi, che ebbe tanta parte nell’indirizzare i surrealisti, per Chagall fu irrilevante: i suoi quadri non restituiscono associazioni estemporanee dell’inconscio, ma al contrario ricordi consapevoli della sua infanzia.
Si è già detto della sua conoscenza con Modigliani, artista livornese che affascinava chiunque per la sua prestanza fisica. A Parigi, Modigliani condusse una vita dissoluta, tormentata dalla miseria e dalle inquietudini dell’esistenza.
Il pittore di Vitebsk ne fu un buon amico, ma non condivise mai il suo senso precario della vita.

“Parigi, tu sei la mia seconda Vitebsk”

Parigi dalla finestra, 1913 (Crediti/https://www.analisidellopera.it/)

Chagall diceva sempre: “Parigi, tu sei la mia seconda Vitebsk” e questo spirito è interamente racchiuso nel quadro Parigi dalla finestra (1913).
La Tour Eiffel si libra sui tetti della capitale francese, pronta a spiccare il volo. Un trenino sovverte tutte le leggi gravitazionali e viaggia capovolto.
Forse quella mano blu di un uomo bifronte sta tentando di accarezzare il gattino umanizzato seduto sul davanzale.
Questo panorama viene dipinto due anni dopo l’arrivo dell’artista a Parigi: Chagall si sente già compiutamente francese e si riconosce nel tricolore della nazione (a cui rinviano i colori blu, bianco e rosso onnipresenti nell’opera).
Il pittore, tuttavia, non dimentica le sue origini russe: queste sono richiamate dai fiori che decorano lo schienale della sedia e proprio uno dei volti dell’uomo bifronte guarda alla vita precedente, in Russia, ugualmente diviso tra tempo passato e tempo presente.
Il mondo di Chagall è una favola per bambini, dove orientamento e prospettiva non esistono più, dove il sotto e il sopra si equivalgono: tutto è vero e possibile, esattamente come nei sogni.

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