Tra febbraio e marzo la vicepresidente statunitense Harris si è recata due volte in Europa per delle visite diplomatiche: nella sua carriera prima professionale e poi politica le questioni estere non sono mai state un tema di cui si è occupata principalmente, ma da vicepresidente – e tenendo conto di possibili aspirazioni future – il suo coinvolgimento nel tema è ora molto maggiore.
La prima occasione è stata la conferenza sulla sicurezza di Monaco in Germania a metà febbraio, un forum annuale che permette ai leader di vari Stati del mondo di confrontarsi su temi legati alla sicurezza internazionale; il tema di quest’anno è stata la minaccia di un attacco russo all’Ucraina, poi verificatosi una decina di giorni dopo l’incontro. Non è stata la sola rappresentante del governo statunitense a partecipare alla conferenza, infatti era presente anche il Segretario di Stato Antony Blinken.
La seconda occasione è stata la visita diplomatica di metà marzo prima in Polonia e poi in Romania, resa più complessa del previsto dalla proposta polacca di donare degli aerei militari all’Ucraina (sulla quale gli alleati della NATO sono stati restii perché avrebbe potuto causare una dura reazione russa in quanto considerabile come un coinvolgimento più diretto nel conflitto).
Harris è stata quindi ampiamente resa partecipe nel modo in cui gli USA hanno affrontato l’aggressione russa dell’Ucraina, un coinvolgimento che sicuramente l’ha aiutata a guadagnarsi maggiore esperienza sulla questione.
For a foreign policy novice with aspirations for higher office, it has been a rigorous introduction to wartime diplomacy.
CNN

Learning by doing
È proprio grazie a queste situazioni e a questo livello di partecipazione che il profilo politico di Harris potrebbe diventare più completo e aiutarla a ottenere maggiore autorità per perseguire le sue ambizioni politiche.
La sua carriera si è infatti svolta maggiormente in ambito legale, avendo ricoperto i ruoli di procuratrice distrettuale a San Francisco (dal 2004 al 2011) e poi di procuratrice generale della California (dal 2011 al 2017); si tratta di figure istituzionali responsabili in ambito penale e di consulenza giuridica alle istituzioni pubbliche (in California il procuratore distrettuale guida anche il dipartimento di giustizia dello stato), dunque questa fase della sua carriera lavorativa è stata interamente concentrata sull’ambito locale e interno.
Nel 2017 Harris ha poi cominciato la sua carriera politica a livello nazionale, diventando senatrice per lo Stato della California; è stata membro del comitato per il settore legislativo, del comitato per la sicurezza interna (Homeland security) e affari governativi, del comitato per l’ambiente e i lavori pubblici, del comitato per il budget e del comitato per l’intelligence. In alcuni di questi comitati ha sicuramente avuto a che fare con questioni che riguardano tematiche che interessano gli USA nel contesto internazionale, ma nemmeno in questa esperienza ha avuto un impegno diretto nelle relazioni internazionali.
Tale tema non è stato neanche al centro della sua campagna presidenziale, sia durante la corsa alla nomination per le primarie del Partito Democratico che dopo l’ingresso nel ticket di Biden. Infatti, già durante la campagna elettorale gli analisti facevano notare queste lacune nel suo profilo e il contrasto invece con la figura di Biden, che ha grande esperienza in materia per via della sua lunga esperienza in Senato nel comitato per gli affari esteri, tanto da essere stato uno dei motivi per cui Obama lo scelse come suo vicepresidente.

Commentando il dibattito in cui ha discusso con il vicepresidente Pence, gli analisti hanno evidenziato come questa sua lacuna potrebbe essere molto pesante se poi davvero riuscisse ad ascendere alla presidenza, un ruolo in cui è possibile avere molta indipendenza e quindi molta influenza in politica estera.
Una volta cominciata l’amministrazione Biden, Harris è stata da subito molto coinvolta nelle questioni di politica estera, sia ricevendo molto supporto da altre figure del gabinetto con grande esperienza in materia (ad esempio, incontra regolarmente il Segretario di Stato Blinken), sia trovando molto spazio per agire in prima persona (infatti ha fin da subito dialogato con diversi presidenti di Stati esteri).
Questo approccio alla questione ha portato la rivista Politico a scrivere che Harris sta ricevendo un “crash-course” in materia, ma oltre alla conoscenza del tema sarà importante per la vicepresidente rafforzare le sue relazioni con i leader mondiali, motivo per cui incontri come quelli tenutesi recentemente possono essere momenti cruciali per le sue aspirazioni future.
Attuali giudizi e future ambizioni
I sondaggi più recenti non sono però molto positivi per l’amministrazione Biden. In generale gli intervistati sono d’accordo nel sostenere l’Ucraina, ma la maggior parte di essi preferirebbe evitare azioni che potrebbero portare a un diretto coinvolgimento statunitense. Nonostante questo limite, molti degli intervistati – sebbene l’appartenenza partitica sia molto influente sulle risposte – ritiene che Biden sia stato troppo cauto nelle decisioni prese finora.
Neanche per la vicepresidente Harris la situazione è positiva nei sondaggi: il suo approval rating è attualmente del 39%, mentre il 52% degli intervistati non ritiene che stia facendo un buon lavoro. La sua immagine poi risente anche di alcune gaffes che ha commesso nel corso di eventi ufficiali: già il suo primo viaggio all’estero (a inizio giugno scorso, al confine tra Messico e Guatemala per discutere della situazione migratoria nella regione) era stato criticato per alcune risposte e comportamenti non ritenuti adeguati all’occasione, però anche durante la recente visita in Polonia è stata criticata per dei comportamenti non ritenuti all’altezza.

Prima di rispondere a una domanda sull’accoglienza di migranti ucraini negli USA ha infatti riso, gesto che ha suscitato molti commenti critici del poco tatto dimostrato; anche altre risposte durante la conferenza stampa hanno lasciato perplessi per via della poca chiarezza e dell’indecisione nel formularle.
Harris ricopre una carica in cui ovviamente ogni suo gesto e ogni sua decisione sono continuamente scrutinate, avendo inoltre l’ulteriore peso mediatico di essere la prima donna e la prima persona proveniente da minoranze a ricoprire tale posizione. Le aspettative e i giudizi nei suoi confronti sono perciò maggiori di quanto potrebbero essere nei confronti di altre persone, ma, se davvero dovesse essere lei la candidata principale dei democratici per il post-Biden, deve riuscire a sfruttare al massimo situazioni come queste, sia dal punto di vista mediatico che da quello della sua autorevolezza e competenza.