Le radici storiche dell’antisemitismo moderno dalla Francia medievale alla Repubblica di Vichy
Nella Francia del primo dopoguerra, più precisamente nel 1928, un professore di Storia Medievale dell’Università di Strasburgo, deciso a far decollare la propria carriera, si candidò per entrare a far parte del prestigioso Collège de France di Parigi.
Ripresentò la propria candidatura anche nel 1934 e nel 1935, ma l’esito non cambiò: l’istituzione parigina non lo accettò
Il professore in questione era Marc Bloch, celebre medievista francese e uno dei più importanti storici del XX secolo.
Perché il Collège non accettò Bloch? Non certo per la sua mancanza di brillantezza, già appurata anni prima dai contemporanei quando Bloch presentò la sua tesi di dottorato, ma a causa del suo cognome.
Nonostante fosse francese, nacque infatti a Lione nel 1886, Bloch portava il cognome di una famiglia ebraica alsaziana che aveva abbandonato la regione quando il Secondo Reich la annesse nel 1871.
Bloch non era un fedele praticante, ma il suo cognome rimaneva quello di un ebreo e come molti suoi conoscenti e amici dell’epoca gli dissero, nel Collège, secondo molti, gli ebrei erano già fin troppi. Bloch, a partire da quella esperienza, iniziò a notare che, sempre più, l’antisemitismo andava aumentando nella Francia degli anni ’30.
Comunemente quando si parla di antisemitismo in Europa viene immediatamente da pensare al nazionalsocialismo che portò l’odio verso gli ebrei a limiti mai raggiunti prima di allora nella storia.
Ma quando si pensa all’Europa prima dell’ascesa al potere di Hitler difficilmente verrà in mente l’antisemitismo: si penserà alla Belle Époque, alla nascita degli imperi coloniali in Africa e Asia, alla Prima Guerra Mondiale, ecc…
I nazisti però non inventarono l’antisemitismo: era un sentimento già ben presente e radicato nelle società europee, in alcune più che in altre; il nazionalsocialismo lo incoraggiò e lo utilizzò per realizzare la Soluzione Finale.
Pensare all’odio e all’avversione nei confronti degli ebrei come un insieme di idee già presenti nelle popolazioni europee, ci aiuta a capire certi fatti del secolo scorso, come la creazione nella Repubblica di Vichy di un dicastero per gli affari ebraici guidato da due noti antisemiti, Xavier Vallant e Darquier de Pellepoix, e l’introduzione di leggi antisemite per iniziativa del governo Pétain. Lo stesso Himmler riconobbe che la popolazione francese dimostrava una certa “sensibilità” circa la questione ebraica.
Proprio dalla Francia mi piacerebbe iniziare questa ricerca delle radici dell’antisemitismo moderno negli Stati europei prima dell’avvento del nazismo al potere.

La giudeofobia di matrice cristiana
L’antisemitismo francese affonda le proprie radici nella giudeofobia medievale di matrice cristiana. La giudeofobia era l’avversione cristiana nei confronti degli ebrei, il popolo che Dio aveva punito con la diaspora per aver ucciso Cristo.
Oltre a questo “peccato originale”, gli ebrei erano un popolo chiuso, che manteneva le proprie tradizioni e la propria fede anche se si trovava in società di fede diversa dalla loro e ciò contrastava con la missione evangelica e il potere temporale della Chiesa.
Essere intollerante nei confronti degli ebrei, all’epoca, era normale, ma se un ebreo si battezzava diveniva a tutti gli effetti un cristiano.
Le cose cambiarono quando il Regno di Spagna, governato dai re cattolici, iniziò a dare sempre più importanza al principio della “limpieza de sangre”, la purezza del sangue, che equivaleva ad essere cristiani con antenati cristiani. Gli ebrei convertiti, chiamati in un primo momento “conversos” e poi “marranos”, inziarono ad essere espulsi dalla Spagna in quanto il loro sangue era impuro a causa dei loro antenati ebrei.
Col tempo, questa rinnovata giudeofobia si diffuse in tutte Europa.
L’antigiudaismo di matrice cristiana perversò per secoli, “contagiando” anche illuministi come Voltaire.
La Rivoluzione Francese e le prime forme di antisemitismo moderno
Con la Rivoluzione Francese la situazione migliorò per gli ebrei di Francia ed Europa: per la prima volta essi vennero posti sulla stesso piano dei cittadini francesi e man mano che l’esercito rivoluzionario prima e napoleonico poi conquistavano gli altri Stati europei, i ghetti venivano aperti e venivano introdotte leggi a favore dei diritti degli ebrei.
La definitiva sconfitta di Napoleone a Waterloo chiuse questo periodo di pace. L’antigiudaismo si fece più duro e radicale di quanto era prima e gettò i primi semi di quelle teorie che accusavano gli ebrei di aver manovrato la politica internazionale dal XVI al XIX secolo per dominare il mondo.
Ma è con l’inizio del XIX secolo e con la diffusione del capitalismo industriale che iniziò a diffondersi l’antisemitismo moderno.
Lo storico del movimento operaio Michel Dreyfus spiega che a partire dall’Ottocento si può parlare di giudeofobie multiple che riflettono le società.
La prima forma di antisemitismo slacciato dall’originale matrice religiosa cristiana fu quello che comparava l’ebreo al capitalista. Alcuni imprenditori e amministratori di banche erano ebrei e questa forma di antisemitismo trovava una conferma per i francesi dell’epoca nella vicinanza fra la corte della Monarchia di Luglio e la famiglia Rothschild, famosi banchieri di origine ebraica.
Ebreo era sinonimo di uomo ricco e potente, detentore di un potere politico ed economico che esercitava in modo indiretto. I socialisti francesi, come Proudhon, utilizzarono spesso questa equivalenza perché funzionale all’obbiettivo della lotta di classe.
L’antisemitismo razzista di fine Ottocento e l’Affare Dreyfus
La seconda forma di antisemitismo moderno individuata da Dreyfus nacque negli anni ’80 del XIX secolo dallo scientismo positivista. L’antisemitismo e il razzismo assurto a scienza si fusero e la frangia più nazionalista della società francese se ne fece portatrice.
L’unione fra razzismo e antisemitismo ebbe un risvolto tutt’altro che secondario: in epoca medievale un ebreo poteva ripudiare la propria natura di infedele attraverso il battesimo.
La componente razzista nell’antisemitismo di fine XIX secolo “impedì” questa possibilità: le razze erano infatti immutabili. Questo significava che chi nasceva ebreo, e quindi appartenente ad una razza inferiore, moriva ebreo.
Come scrivevo poco fa, furono soprattutto i nazionalisti francesi ad abbracciare questo secondo tipo di antisemitismo e un esempio di questo connubio è il caso giudiziario che infiammò la Francia di fine XIX secolo: l’affare Dreyfus.
La Terza Repubblica francese, all’epoca, era lacerata dagli scontri fra i nazionalisti militaristi e i tradizionalisti monarchici.
Il 15 ottobre 1894, il capitano Alfred Dreyfus, un ebreo alsaziano, venne accusato di aver inviato delle informazioni militari segrete all’ambasciata tedesca. Una lettera anonima scritta da Walsin Esterhazy, la vera talpa, incolpava il capitano originario dell’Alsazia.
Le alte sfere dell’esercito, nonostante i dubbi riguardanti le accuse mosse a Dreyfus, fecero di tutto per non rivedere il caso proprio perché era stato incarcerato il criminale perfetto, un ebreo.
Solo dodici anni e due processi più tardi, i giudici scagionarono Dreyfus e l’esercito lo reintegrò fra i suoi ranghi.
L’affare Dreyfus fu uno scontro combattuto su più fronti che sembrò risolvere il problema dell’antisemitismo diffuso fra capi dell’esercito e i dirigenti della Terza Repubblica.
Ma la “vittoria” fu solo temporanea.

“I Protocolli dei Savi di Sion” e la Repubblica di Vichy
Nel primo dopoguerra, ebbe un grande successo un documento, “I Protocolli dei Savi di Sion”, redatto dalla polizia segreta russa e pubblicato nel 1905.
Secondo questo falso storico, i capi del popolo ebraico elaborarono nel 1897 un piano per ottenere il controllo del mondo e giudaizzarlo.
Gli ebrei, per raggiungere questo obbiettivo, avrebbero dovuto fomentare guerre fra gli stati e rivoluzioni comuniste, in seguito alle quali avrebbero gettato la maschera. Furono soprattutto gli ebrei francesi che volevano fare la guerra ad Hitler le principali vittime di queste accuse antisemite, rivolte loro dai pacifisti.
La parabola dell’antisemitismo francese è poi storia conosciuta: con l’invasione da parte dei tedeschi, lo Stato fantoccio di Vichy iniziò a collaborare con la Germania nazista per “trasferire” tutti gli ebrei apolidi presenti in Francia.
Le idee e i sentimenti antisemiti vennero sdoganati e si abbatterono su quegli ebrei che, usando le parole del primo ministro francese Pierre Laval, “[…] erano sempre stati un problema, in Francia”.
C’è però un aspetto interessante: sebbene i francesi non si fecero problemi a consegnare ai tedeschi gli ebrei apolidi, essi si rifiutarono di consegnare quelli francesi.
Venuti a sapere dei campi di sterminio, la Repubblica di Vichy non volle essere complice di un assassinio di massa, testimoniato anche dal fatto che le operazioni per la deportazione iniziarono ad essere sabotate.
Questo comportamento ci informa su un aspetto dell’antisemitismo francese: sebbene molti vedessero gli ebrei come una razza malvagia e inferire, l’odio per loro aveva dei limiti.
L’eccidio di massa non era una soluzione accettabile per i francesi di Vichy che ad esso preferivano l’allontanamento dalla comunità francese.
La Francia rappresenta un caso di studio nel quale possiamo vedere come le idee di una società, talvolta, vengano da molto lontano nel passato. Tali idee sono cambiate così come è cambiata la società, ma un nocciolo duro rimane sempre riconoscibile.
Se è vero che la storia non si ripete, a mio avviso vale lo stesso per le idee in epoche diverse. Ma essendo sia la storia che le idee frutto di attività umane, talvolta accade che esse si ripresentino in forme simili.