Questo fine settimana è cominciata la nuova stagione della MLS (Major League Soccer), il campionato di calcio degli Stati Uniti. Potreste non esservene accorti, tanto più in seguito all’annuncio della Super Lega: il calcio statunitense non riesce ancora a fare breccia nella passione e negli schermi dei tifosi europei, dai quali viene ancora considerato come una retirement league, un campionato in cui giocano ex campioni nostrani all’ultimo contratto prima di ritirarsi. Il movimento calcistico statunitense, invece, è in crescita: non ci sono mai stati prima così tanti americani che giocano in Europa, anche nei top clubs del continente, e insieme in nazionale possono formare un undici titolare di talento, bilanciato e di rosea prospettiva.

Questa osservazione si riferisce solamente alla nazionale maschile (USMNT, US Men’s National Team), perché quella femminile (USWNT, US Women’s National Team) è tra le più forti del mondo e ha già vinto più volte i principali trofei internazionali; anche il campionato statunitense femminile è tra i più rinomati e vi giocano molte delle stelle della nazionale.
Inoltre, qui non si intende considerare lo sviluppo del sistema calcistico statunitense, ma solo notare che ci sono molti calciatori statunitensi di alto livello: alcuni di questi hanno fatto la trafila del settore giovanile di squadre americane, altri si sono trasferiti in squadre europee – soprattutto inglesi o tedesche – da ragazzini.
A golden generation?
Una potenziale rosa della nazionale a stelle e strisce potrebbe essere composta soltanto da giocatori militanti in squadre europee.
Tra i pali se la giocano Steffen (’95, Manchester City) e Horvath (’95, Club Brugge).
Per i ruoli di difensori centrali ci sono giocatori che da diversi anni militano in Europa come Brooks (’93, Wolfsburg), Miazga (’95, Anderlecht in prestito dal Chelsea), Chandler (’90, Eintracht Francoforte) e Ream (’87, Fulham), ma anche giovani promesse: Richards (’00, Hoffenheim in prestito dal Bayern Monaco), McKenzie (’99, Genk) e Carter-Vickers (’97, Bournemouth). Come terzini, titolare indiscusso è Dest (’00, Barcellona), ma ci sono a disposizione anche Robinson (’97, Fulham), Yedlin (’93, Galatasaray) e Cannon (’98, Boavista), oltre al neo arrivato in Italia Reynolds (’01, Roma).
A centrocampo risaltano McKennie (’98, Juventus), Adams (’99, RB Lipsia) e il giovane talento Aaronson (’00, Red Bull Salisburgo), ma anche qui ci sono giocatori con esperienza nel calcio europeo: Green (’95, Greuther Fürth), Holmes (’94, Huddersfield). Altre promesse sono Otasowie (’01, Wolverhampton) e Ledezma (’00, PSV Eindhoven under-21).
È in attacco che si trovano i futuri simboli del calcio statunitense, i franchise players, per usare un termine tipico dello sport americano: Pulisic (’98, Chelsea) e Reyna (’02, Borussia Dortmund). Oltre a loro due, ci sono anche altri talenti come Weah (’00, Lille), Musah (’02, Valencia), Sargent (’00, Werder Brema), Hoppe (’01, Schalke 04), de la Fuente (’01, Barcellona B) e Morris (’94, Swansea); militano in Europa anche Novaković (’96, Frosinone) Siebatcheu (’96, Young Boys), Llanez (’01, Heerenveen) e Soto (’00, Norwich)

Da: 3four3.
Oltre a questi, il commissario tecnico Berhalter fa anche affidamento su giocatori che militano nel campionato nazionale: alcuni sono già stati convocati molte volte e altri sono dei talenti ai primi passi. Tra i primi ci sono: il portiere Turner (’94, New England Revolution); i difensori Long (’92, New York Red Bulls), Zimmerman (’93, Nashville) e Lima (’94, Austin FC); i centrocampisti Delgado (’95, Toronto FC), Roldan (’95, Seattle Sounders), Bedoya (’87, Philadelphia Union), Nagbe (’90, Columbus Crew), Acosta (’95, Colorado Rapids) e Arriola (’95, DC United); gli attaccanti Altidore (’89, Toronto FC), Ebobisse (’97, Portland Timbers), Mueller (’96, Orlando City), Zardes (’91, Columbus Crew) e Wood (’92, Real Salt Lake City, appena riacquistato dall’Amburgo). Tra i secondi, invece: i difensori Robinson (’97, Atlanta United), Lennon (‘97, Atlanta United) e Araujo (‘01, Los Angeles Galaxy); i centrocampisti Yueill (’97, San José Earthquakes), Busio (’02, Sporting Kansas City) e Pomykal (’99, FC Dallas); gli attaccanti Ferreira (’00, Dallas) e Akinola (’00, Toronto FC).

Si tratta di una squadra ancora probabilmente acerba, che oggigiorno non sarebbe all’altezza delle grandi nazionali europee e sudamericane, però potrebbe giocarsela alla pari con il Messico per il dominio della CoNCACAF (Confederation of North, Central America and Caribbean Association Football): potremmo scoprirlo già quest’estate, visto che si giocherà la fase finale della CONCACAF Nations League (alla quale si sono qualificate anche Costa Rica e Honduras, oltre, appunto, agli USA ed El Tri).
Considerata la giovane età di molti dei giocatori, il tempo per fare esperienza ai massimi livelli e per scoprire ulteriori talenti c’è: come notato da ESPN, molti dei nomi citati nel 2026 – anno del mondiale casalingo (condiviso con Canada e Messico) – saranno nella fascia d’età 24-28 anni, che permette di avere esperienza ma di essere ancora al picco del potenziale fisico: l’obiettivo di ottenere buoni risultati e riscattare l’umiliazione dovuta alla mancata qualificazione all’edizione russa non pare irrealistico né presuntuoso.