Scandali, dimissioni e ribellioni minacciano l’autorità di Boris Johnson
Sono giorni complicati nel Regno Unito: tra i preparativi per il Natale, il Capodanno, le feste e naturalmente i più di 90.000 casi giornalieri di Covid-19; l’UK è infatti tra i Paesi europei maggiormente colpiti dal coronavirus e il governo tentenna.
Il rapporto tra la Gran Bretagna e la pandemia è stato, fin dall’inizio, problematico. In un primo momento il governo presieduto da Boris Johnson appariva lassista, intento a raggiungere una naturale immunità di gregge, con poco riguardo per le vittime.
Dopo il grave ricovero di Johnson stesso la linea è stata invertita e il Regno Unito è diventato uno degli stati con la campagna vaccinale più efficiente, al punto da potersi permettere, fino a poco tempo fa, di eliminare buona parte delle restrizioni da Covid-19.
La diffusione delle varianti e il ritorno a una vita quasi normale hanno però portato ad un aumento dei casi, con i quali Boris Johnson deve ora fare i conti, cercando di rimanere a galla tra scandali e ribellioni interne al suo partito.

Boris Johnson leader degli sconfitti
A nessuno piace un capo che perde. Questa è una considerazione che Johnson deve avere bene a mente, specialmente dopo la pesante sconfitta subita dai Tories alle elezioni suppletive per il collegio del North Shropshire, che non era mai stato perso in 200 anni. Il premier se ne assume la responsabilità e questo non fa che piacere ai numerosi dissidenti nel suo partito.
Ma non si tratta solo di questo: la vittoria dei Liberaldemocratici è stata ottenuta grazie all’aiuto dei Laburisti. Questa inusuale e (per ora) isolata alleanza può rappresentare un campanello d’allarme per Johnson e i conservatori in vista dei prossimi appuntamenti elettorali nel Paese. Le cause di questa sconfitta sono di certo molteplici, ma le vicende di cui è protagonista Johnson non possono che avere influito negativamente sul voto.
Lo scandalo a Downing Street
La credibilità del primo ministro, dopo le passate e assurde dichiarazioni sul covid 19, potrebbe essere ancora diminuita. In questi giorni è scoppiato uno scandalo per alcune foto pubblicate dal The Guardian che ritraggono Boris Johnson, la compagna e diversi colleghi e assistenti intenti a bere vino e degustare formaggi nel giardino della casa del primo ministro al numero 10 di Downing Street. Il problema? La foto risale al maggio del 2020, in piena emergenza e in pieno lockdown.
Johnson si difende sostenendo che si trattasse di un incontro di lavoro, ma appare chiaro che il suo è un tentativo disperato. Le immagini non lasciano adito ad interpretazioni. Su Twitter sono esplose la rabbia e la frustrazione dei cittadini, che nel medesimo periodo non potevano uscire di casa, vedere i propri familiari e tantomeno vivere simili momenti di convivialità.
Da uno scandalo simile è stata colpita anche la ormai ex portavoce di Johnson, Allegra Stratton, ripresa durante il cosiddetto “Partygate” a deridere i cittadini ligi alle regole. Lo scandalo è nato dalla diffusione di un video al numero 10 di Downing Street che immortala un party di Natale, di cui, a quanto pare, Johnson non sapeva nulla. Altra benzina sul fuoco.

Le tensioni interne al partito
Se Johnson non ha vita facile con l’opposizione, che chiede a gran voce le sue dimissioni per la gestione della pandemia e gli scandali delle feste al 10 di Downing Street, non se la passa meglio nemmeno all’interno del proprio partito. Con l’inasprirsi della pandemia nel Regno Unito il premier ha pensato di varare nuove misure più restrittive per limitare il contagio, tra cui mascherine obbligatorie sui mezzi pubblici e nei negozi e certificato vaccinale o esito negativo di un tampone per accedere a locali notturni e spettacoli.
Queste decisioni hanno portato al voto contrario di un centinaio di Tories in parlamento, nonché alle dimissioni del ministro per la Brexit, lord Frost. L’approvazione delle nuove misure è stata possibile solo grazie al sostegno dei Laburisti, che non si sono certo fatti pregare per attaccare il leone ferito, sostenendo come il Regno Unito abbia bisogno di un leader forte in un momento così delicato.
Boris Johnson è così stretto tra due morse. Da un lato gli scandali personali che fanno scendere il suo indice di gradimento, dall’altro gli attacchi dal suo partito e dall’opposizione, da chi vuole misure più rigide contro il Covid e chi invece è per una strategia più lassista. Qualsiasi scelta faccia, pare che il primo ministro abbia i giorni di popolarità contati, a meno di un sorprendente colpo di coda.