L’Occidente sceglie di chiamare il bluff
E’ dai primi giorni dell’invasione che il presidente russo Vladimir Putin minaccia, in modi a volte più velati e a volte meno, l’utilizzo delle armi atomiche. Il primo passo è stato infatti la messa in stato di allerta e “standby combat duty” delle forze deterrenti.
La prospettiva della distruzione del mondo chiaramente non è appetibile per nessuno degli attori in gioco. Tuttavia, Putin sta tentando di capitalizzare proprio sulla sua imprevedibilità e sul pragmatismo occidentale, Occidente che dovrebbe quindi scegliere di desistere dal supportare ulteriormente l’Ucraina, onde evitare l’ultima catastrofe.
Pare però che la risposta di Europa e USA non stia venendo intaccata dalla pericolosa retorica dello Zar.

Pratica e concetti della guerra nucleare
In questo momento è quindi utile fare chiarezza su quelle che sono le possibilità, e soprattutto con quali variabili teoriche e dottrinali i decisori devono fare i conti nel contesto nucleare. A questo scopo è molto utile rivedere alcuni punti del dibattito nucleare durante la Guerra Fredda. La dottrina ha infatti avuto una natura ciclica, ripresentando gli stessi dilemmi e le stesse soluzioni man mano che nuove tecnologie offensive e difensive si presentavano.
Innanzitutto occorre fare una divisione tra armi nucleari strategiche e tattiche. Le prime sono senz’altro quelle che hanno occupato una posizione di rilevanza nel dibattito pubblico e specializzato. Con l’aggettivo “strategiche” indichiamo quelle armi il cui obiettivo è “vincere” una guerra totale nucleare, è un aggettivo che di per sé non indica caratteristiche tecniche, ma più gli obiettivi che queste armi dovrebbero colpire. Tuttavia essendo un concetto coniato durante la Guerra Fredda (e quindi nel contesto di competizione tra regioni tra loro distanti) possiamo dire che si tratta per la maggior parte di missili balistici intercontinentali (ICBMs), ma ne fanno parte anche missili balistici lanciati da sottomarini (SLBMs) e bombe e missili aviotrasportati.
Quando si parla di armi tattiche parliamo invece armi che dovrebbero essere utilizzate in contesti più limitati, di guerre su piccola scala, potenzialmente anche solo per ottenere un vantaggio tale da permettere alle forze convenzionali di ottenere una vittoria sul campo. In questo caso l’aggettivo determina però anche una minore potenza esplosiva e un raggio d’azione sensibilmente più limitato.

La prima volta come tragedia, la seconda come farsa
Ora i punti fondamentali da tenere a mente sono due. Il primo è l’esistenza della Distruzione Mutua Assicurata (MAD in inglese), il concetto è stato spesso messo in discussione ogni qual volta che ci fossero sviluppi sulla qualità degli armamentari nucleari (come ad esempio una maggiore precisione), o sulla qualità dei sistemi difensivi.
Obiezioni classiche alla deterrenza della MAD sono state la possibilità di ottenere la “first strike capability” con la quale si sarebbero distrutte le capacità nucleari dell’avversario attraverso un primo attacco contro le installazioni militari, o la creazione di uno scudo anti-missile abbastanza efficiente da rendere inutile l’armamento offensivo avversario. E’ importante sapere che nessuna di queste due possibilità si è mai realizzata e non è tutt’ora realizzabile.
Distruggere le capacità nucleari nemiche è diventato virtualmente impossibile dall’introduzione dei missili nucleari su sottomarini non rintracciabili, senza contare che anche solo per distruggere tutte le riserve missilistiche lanciate da terra occorrerebbe avere informazioni precisissime sulla loro posizione in tempo reale. In secondo luogo, le tecnologie difensive semplicemente non sono mai state al passo con quelle offensive: specialmente con la creazione delle testate multiple (MIRV), è diventato impossibile intercettare tutte i missili derivanti da un attacco massiccio.
Quindi, se il superamento della soglia nucleare comportasse un allargamento del conflitto, non esisterebbero parti vincitrici.

La questione si complica con la possibilità di utilizzare armi tattiche. Per via della loro minore potenza, è vero che un loro uso nel teatro ucraino sia più plausibile. In un tale scenario le uniche possibilità di de-escalation sarebbero rappresentate dal cedimento del fronte occidentale, o nella migliore delle ipotesi dall’apertura di canali diplomatici di emergenza tra USA e Russia.
Tutto il resto rischierebbe di causare un allargamento del conflitto. Proprio questo rischio però gioca anche a sfavore della Russia. Inoltre, è difficile prevedere l’impatto che l’utilizzo di armi tattiche potrebbe avere sul terreno. Si tratta di armi che rimangono terribilmente potenti, il fallout nucleare creerebbe problemi anche alle truppe russe sul campo e persino ai civili russi vicino al confine ucraino. Tutto ciò senza contare che l’effetto simbolico del superamento della soglia nucleare scatenerebbe senza dubbio una forte condanna anche da parte di chi fino ad oggi ha mantenuto un atteggiamento ambiguo, come la Cina.