È notizia di questa mattina il lancio di 3000 missili da parte di Hamas verso Israele. La domanda adesso sorge spontanea: chi finanzia e parteggia per Hamas e chi invece sostiene Israele?
L’arsenale di Hamas
Fabian Hinz, analista specializzato in proliferazione di armi e Medio Oriente, ha individuato 15 razzi differenti nell’arsenale di Hamas, cinque dei quali forniti dalla Siria e soprattutto dall’Iran, che in questi anni ha dato assistenza a diversi gruppi alleati (come Hamas a Gaza) per rafforzare la loro capacità di costruirsi il proprio arsenale militare da soli e – benché sotto l’embargo di Israele – i palestinesi hanno una discreta capacità e conoscenza nella costruzione di armamenti militari.
I razzi più numerosi in possesso di Hamas sono quelli a corto raggio, come i Qassam, che hanno una gittata che non supera i 20 chilometri; il razzo con la gittata più lunga è invece l’M302, fornito dalla Siria e arriva fino a 180 chilometri. Hamas dice di avere razzi con gittata ancora più lunga, ma l’arsenale in suo possesso gli permetterebbe in ogni caso di colpire le principali città israeliane come Tel Aviv, Gerusalemme e tutta l’area costiera settentrionale, che è densamente abitata e che ospita importanti infrastrutture.
La superiorità di Israele
Ma dei razzi che hanno tentato di colpire Israele, il 90 per cento è stato intercettato dal sistema antimissilistico di difesa Iron Dome, capace di calcolare la traiettoria di un razzo a corto raggio dal momento in cui viene lanciato da Gaza, prevedendo in pochissimi attimi il caso in cui sia diretto verso un’area urbana.

Oltre al sistema difensivo Iron Dome, Israele può contare su tecnologie più sviluppate e sull’uso di droni militari, e dominare quindi il conflitto nel campo aereo, mentre i gruppi palestinesi hanno a disposizione armi che riguardano per lo più il combattimento a terra.
L’UE è divisa
L’Europa continua nel suo imbarazzante immobilismo decisionale e resta a guardare divisa in tre fazioni: i paesi populisti dell’Est Europa che sostengono in maniera decisa Israele e il suo primo ministro Netanyahu, una parte composta dai grandi Paesi europei che prova a cercare un equilibrio e una tregua e alcuni Paesi come Lussemburgo, Svezia, Belgio e Irlanda molto sensibili alla causa palestinese.
Va ricordato anche che l’Unione Europea negli ultimi anni ha inviato centinaia di milioni di euro in aiuti umanitari nelle aree della Cisgiordania e di Gaza, ma al contempo è il principale partner commerciale di Israele.
La questione è delicata e di difficile risoluzione, ma continuare ad essere la barricata potrebbe essere pericoloso.