L’intelligenza artificiale rappresenta una grande opportunità per lo sviluppo dell’umanità, ma i rischi non mancano
“Qualsiasi innovazione tecnologica può essere pericolosa: il fuoco lo è stato fin dal principio, e il linguaggio ancor di più; si può dire che entrambi siano ancora pericolosi al giorno d’oggi, ma nessun uomo potrebbe dirsi tale senza il fuoco e senza la parola.”
Isaac Asimov
In un’epoca nella quale si parla sempre più di digitalizzazione e si guarda alla scoperta di nuove tecnologie per il futuro, un ruolo sempre più importante è riservato all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella vita di tutti i giorni. Una simile tecnologia fornisce un contributo significativo alle sfide che l’umanità dovrà affrontare non solo negli anni a venire ma anche nel presente.
La prospettiva, tuttavia, non è priva di rischi e pericoli: un uso disarmonico di una simile tecnologia potrebbe portare ad una situazione nella quale i diritti dell’uomo verrebbero compressi all’inverosimile. D’altro canto, però, non può essere negato il fatto che l’intelligenza artificiale oramai sembra essere uscita da quel mito della fantascienza nella quale veniva descritta nei libri di scrittori illustri come Asimov, Gibson, Bradbury e sempre più sta entrando a tutti gli effetti nell’era di un utilizzo quotidiano, che ci permetterebbe di poter trovare una chiave universale per la porta del futuro in modo tale da poter risolvere molte situazioni che oggi appaiono criptiche ai nostri occhi.
Tutto ciò potrà essere attuato soltanto attraverso un utilizzo consapevole, inoltre dovrà essere regolamentato da una legislazione adeguata e non lacunosa, che disciplini sia gli aspetti pratici che quelli etici della materia in questione.

A.I. un aiuto per diversi settori
Pochi giorni fa si è conclusa la COP26, lasciando non pochi dubbi e molti malcontenti sui risultati raggiunti; tutto questo inoltre potrebbe amplificarsi se si considera il fatto che non sono state nemmeno prese in considerazioni le opzioni di utilizzare le nuove tecnologie per salvaguardare il pianeta.
Ma cosa potrebbe mai c’entrare l’intelligenza artificiale con i cambiamenti climatici e la salvaguardia del pianeta?
Nel 2020 è stata lanciata una partnership globale per l’utilizzo della A.I. (in breve GPAI). Tra le molte tematiche discusse dalla GPAI è stato stilato un rapporto che prende il nome di Climate Change and AI (cambiamenti climatici e intelligenza artificiale) nel quale vengono forniti consigli e raccomandazioni ai governi per poter sfruttare la tecnologia A.I. nella lotta ai cambiamenti climatici.
Ad esempio un corretto utilizzo dell’intelligenza artificiale potrebbe permettere di prevedere i consumi effettivi all’interno di un edificio, minimizzando così le emissioni energetiche; inoltre una tecnologia adeguata consentirebbe nel settore agricolo di prevedere la resa delle coltivazioni in situazioni climatiche avverse, queste e molte altre soluzioni sono contenute all’interno del documento.
Come si può notare, il rapporto fornisce soluzioni pratiche nonché un action plan di come i governi possano affrontare i problemi relativi al clima con il semplice aiuto di tecnologie basate sull’A.I.

Oltre alle soluzioni per la salvaguardia dell’ambiente, l’intelligenza artificiale può essere utile anche in campo medico-sanitario, infatti non sono nuove le sue applicazioni per poter prevedere gli sviluppi e i decorsi di una malattia.
Di più recente scoperta è il suo utilizzo nelle terapie psicologiche: una ricerca della USC Viterbi School of Engineering in collaborazione con l’Università della Pennsylvania e l’Università di Washington ha rilevato come un software basato sull’intelligenza artificiale sia in grado di coadiuvare il medico durante le sedute, oltre a fornire al paziente un report effettivo su come la terapia sia stata realmente effettuata al fine di poter giudicare l’operato del medico.
Inoltre, l’A.I. viene utilizzata, in alcune applicazioni sanitarie, congiuntamente con la tecnologia del riconoscimento facciale, al fine di individuare i sintomi di patologie che potrebbero essere invisibili all’occhio umano (ad esempio come avviene per identificare i sintomi della demenza).
“Le espressioni facciali di base sono praticamente comuni alle persone di tutto il mondo. Stiamo sviluppando quelli che vengono comunemente chiamati algoritmi di apprendimento automatico, per imparare ad esempio a classificare le espressioni di felicità, tristezza e molte altre”
Dottor Hichem Sahli della Libera Università Fiamminga di Bruxelles
A onor del vero va fatto notare che la tecnologia A.I. non viene solamente utilizzata in campi complessi come quello medico o per la salvaguardia del pianeta, bensì, ogni persona durante il quotidiano, spesso, si interfaccia con sistemi A.I. più o meno complessi. Basti pensare al riconoscimento biometrico degli smartphone, alle chatbots o ancora più banalmente al correttore automatico.
Limiti dell’intelligenza artificiale
Ma come mai, se l’intelligenza artificiale può portare a così tanti benefici, il suo utilizzo è ancora visto come un qualcosa di poco etico o, per meglio dire, come qualcosa che può essere immorale? La risposta non può essere univoca ma dovrà essere ricercata in più fattori, che soltanto se messi insieme possono far comprendere pienamente i limiti di una simile tecnologia che in pochi anni ha compiuto passi da gigante.
Addentrandoci più nel dettaglio, una delle principali cause potrebbe essere ricercata nell’uso illecito di tale tecnologia da parte di società private che lavorano in ambito di pubblica sicurezza o addirittura da parte di entità statali che la utilizzano senza alcuna forma di controllo.
Che sia chiaro, ad oggi l’A.I. viene utilizzata in ambito investigativo, soprattutto per combattere la criminalità organizzata e per sventare minacce terroristiche, ma quello che preoccupa i più è che un suo utilizzo possa avvenire su ampia scala in modo indiscriminato, andando così a ledere le leggi internazionali sui diritti umani.
Attualmente lo scenario che preoccupa maggiormente è quello cinese, infatti il governo di Pechino ha sviluppato una tecnologia basata sul riconoscimento facciale delle emozioni e lo sta utilizzando per la sorveglianza degli Uiguri nella regione dello Xinjiang, per poterne controllare le abitudini e attuare misure preventive di contenimento delle persone ritenute “pericolose”. Inoltre, anche in paesi come Stati Uniti e Australia, la tecnologia basata sull’intelligenza artificiale è stata erroneamente applicata in fattispecie giudiziarie.

“Nel contesto cinese come in altri contesti siamo preoccupati per la trasparenza e l’applicazione discriminatorie che si rivolge a particolari comunità”
Peggy Hicks Direttrice del Thematic Engagement dell’Alto Commissario per i Diritti Umani
L’utilizzo illecito della A.I. deve essere visto nel complesso insieme di scarsa regolamentazione della materia, che potrebbe portare a repentine violazioni dei diritti civili, questo è anche quanto affermato da Despina Travlou, Segretaria Generale AIIA (organizzazione che studia i limiti etici dell’A.I.)
“I governi nazionali e le organizzazioni sovranazionali, come l’UE, stanno emanando linee guida e regolamenti, ma lo stanno facendo in modo scoordinato, aleatorio. Non si può accettare una sfida globale agendo individualmente. È necessaria un’azione globale concertata”
Opportunità future per un’intelligenza artificiale più etica
Quello che emerge in maniera più preponderante è che tutt’ora non vi sia una normativa globale, comunitaria o statale che disciplini in modo esaustivo la tematica dell’intelligenza artificiale. Seppur tale tecnologia venga utilizzata quotidianamente, la nostra tutela ad oggi è scarna di contenuti normativi e laddove esiste è frastagliata, risultando poco chiara nei suoi dettami applicativi.
Recentemente, però, alcuni passi in avanti sono stati fatti e a livello globale è sorta la consapevolezza che sia necessario disciplinare una materia che potrebbe mettere in pericolo la privacy, i diritti fondamentali o aumentare la discriminazione contro le minoranze.
In prima persona si è mossa l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Michelle Bachelet, che ha chiesto una moratoria sulla vendita e l’uso dei sistemi di intelligenza artificiale che rappresentano un serio pericolo per i diritti umani. Tutte le applicazioni A.I. che non rispettano le leggi internazionali devono essere bannate, con riferimento in particolare alle tecnologie di riconoscimento facciale.

Anche l’azione dell’Unione Europea non si è fatta attendere, infatti la Commissione Europea ha proposto una serie di norme volte a garantire che i sistemi di A.I. utilizzati nell’UE siano sicuri, trasparenti, etici, imparziali e sotto il controllo umano, attraverso una classificazione in base al rischio che tali strumenti potrebbero arrecare agli individui e alla società.
Perciò le possibilità e gli utilizzi di avere un futuro migliore attraverso il supporto dell’A.I. ci sono. Certamente i pericoli non sono nulli e, come detto in passato da Stephen Hawking, lo sviluppo di tecnologie A.I. alla lunga “potrebbe significare la fine della razza umana”; infatti, anche attraverso una corretta e adeguata regolamentazione i rischi sia di natura etica che sociale potrebbero sorgere ugualmente, ma ritengo che per evitare tutto ciò stia solo a noi capire fin dove spingerci, ponendo dei limiti tra un uso lecito e un uso illecito di una risorsa così potente e gigantesca.