Periodicamente in Italia tornano polemiche sulle dichiarazioni di imprenditori e simili che lamentano la scarsa voglia di lavorare dei giovani. Da ultime, le posizioni di Alessandro Borghese hanno fatto discutere, riportando a galla un tema che ciclicamente si ripropone: il salario minimo.

La situazione in Italia
In Italia non esiste alcuna legge sul salario minimo. A tutela dei lavoratori ci sono diverse norme e i Contratti Collettivi Nazionali di lavoro (CCNL), ma non è presente una legge che, in maniera generale e indifferenziata, garantisca a tutti i lavoratori un salario minimo. Sono i CCNL ad avvicinarsi di più a questa idea, anche se con dei limiti. In generale, i contratti collettivi, che sono stipulati tra le organizzazioni dei lavoratori dipendenti e le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro, prevedono una soglia minima di retribuzione, ma questa varia da caso a caso e può anche essere ben distante dalle soglie che ci si aspetterebbero anche in relazione agli altri paesi europei, dove quasi ovunque una legge sul salario minimo è presente e ben radicata.
Il salario minimo in Europa
La situazione è ben diversa nel resto dell’Unione Europea, all’interno della quale sono ben 21 i Paesi che adottano misure di salario minimo. Il più alto è quello del Lussemburgo, che si aggira intorno ai 2000 euro mensili, seguito da Belgio, Paesi Bassi, Germania e Francia, tutti tra i 1500 e i 1700. Non si deve pensare che si tratti di una misura possibile solo negli stati più ricchi e con il PIL più alto, in quanto persino Grecia, Bulgaria e Romania hanno delle leggi sul salario minimo. Nella maggior parte dell’Unione, dunque, il salario minimo sembra una realtà concreta e ben consolidata, al punto che Francia e Germania hanno aumentato, o intendono aumentare, l’entità della retribuzione mensile minima.
L’importanza di un salario minimo
Chi sostiene il salario minimo lo presenta come una misura di civiltà, soprattutto se si pensa che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro. Ma non si tratta solo di questo. Salario minimo è anche giustizia, perché è fondamentalmente sbagliato che, a causa di retribuzioni non dignitose, anche persone che lavorano a tempo pieno vivano in condizioni di povertà. In molti sostengono anche che contribuirebbe a far diminuire il lavoro in nero, dal momento che l’onere delle tasse verrebbe compensato da una retribuzione corretta. A prescindere dal pensiero delle varie parti che sostengono o avversano una misura di legge in tal senso, quello che davvero servirebbe all’Italia per introdurre una salario minimo è una rivoluzione culturale dei suoi cittadini, che sono spesso i primi ad accettare con rassegnazione lavori sfruttanti e sottopagati; ma a forza di logiche di mettersi nei panni del datore di lavoro oppure, per i giovani, di temere di essere tacciati di pigrizia e svogliatezza verso il lavoro, un vero cambiamento potrebbe non arrivare mai.