La moneta è una cosa seria, o almeno dovrebbe esserlo. Questo perché è proprio la credibilità a consentirle di essere un tramite efficiente per le nostre transazioni. Tuttavia, la credibilità non è un mero esercizio di autoconvincimento e per non ritrovarsi nelle tasche moneta – materiale o digitale – che sia propriamente detta tale, sono fondamentali due requisiti: una solida economia ed una fiducia generalizzata delle persone, siano queste investitori o consumatori.

Questa semplice constatazione – oltre che ad ammutolire i predicatori del verbo delle crypto – dovrebbe fugare ogni dubbio sul reale valore del rublo. La moneta russa infatti, dopo una pesante svalutazione legata alla reazione dei mercati finanziari alla guerra in Ucraina, ha ripreso vigorosamente valore portando alcuni a sostenere che “i mercati stanno con la Russia”. Le cose però non sono così semplici.

In primo luogo vale la pena ricordare un fatto: l’economia russa è in caduta libera e non si sta parlando di un paese formalmente fallito solo perché in stato di guerra. Le prove di queste affermazioni sono paradossalmente confermate dalla Banca Centrale russa, istituzione che prevede un crollo del pil del 10% nell’anno 2022 (stime meno ottimistiche parlano di -15%) e che ha operato per mantenere artificialmente il valore nominale della moneta sui livelli pre-conflitto. Questo grazie ad una stretta draconiana sulla liquidità; se infatti i sistemi monetari occidentali permettono alle banche commerciali di ottenere dalle banche centrali liquidità a costo zero, o quasi (la FED ha portato i tassi allo 0,5% in risposta all’aumento dell’inflazione), le omologhe russe devono fronteggiare tassi del 20%. Per dirlo in termini più volgari: di rubli in giro ce ne sono veramente pochissimi.

La seconda ragione dell’apprezzamento del rublo va cercata nell’equilibrio della bilancia commerciale russa e nel meccanismo innescato dalle sanzioni. La Russia attualmente ha un’economia che si sostiene unicamente sulle esportazioni di petrolio e gas, non può importare nulla e ha strappato agli acquirenti delle proprie materie prime un tacito accordo per cui viene pagata solo in rubli. Questo ha prodotto due effetti: la bilancia commerciale registra un costante avanzo primario e i rubli stanno sparendo dai mercati finanziari risucchiati dalla banca centrale che, come si è spiegato sopra, non intende lasciarli fluire liberamente. 

Elvira Nabiullina nel 2016 (AP Photo/Ivan Sekretarev)


Le conseguenze di questo “gioco monetario” sono però tutt’altro che positive per l’economia russa. Due segnalatori sono a questo proposito eloquenti: l’inflazione e le catene di approvvigionamento. In Russia attualmente, nonostante una moneta forte e l’illiquidità forzata, l’inflazione si attesta intorno al 20% e il potere d’acquisto dei russi è debilitato. Se questo non fosse abbastanza l’embargo occidentale rende impossibile mantenere gli standard di produzione ai livelli pre-guerra. Come ha riportato la giornalista della Stampa Anna Zafesova in Russia iniziano a mancare componenti di base in tutti i campi dell’industria. Solo per fare un esempio, se volete un’automobile nuova e vi trovate in Russia potreste non trovare a bordo airbag, cinture di sicurezza o Abs. E se queste vi sembrano tecnologie abbastanza rudimentali provate a pensare come sono messi con l’alta tecnologia bellica.

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