Avvertimento: questo articolo potrebbe urtare la sensibilità di qualcuno, il tema è delicato e lo sviluppo dell'argomento pure. Ma noi amiamo fare critica costruttiva, con fonti attendibili e sottoposte a fact-checking.
“Il fulcro della crisi attuale del pensiero critico sta nella confusione semantica, nella difficoltà di sapere che cosa siano oggi la pittura [..] e la fotografia [..]. Diventa necessario ridare un significato alle parole che usiamo.”
Philippe Daverio, “L’arte di guardare l’Arte”
Siamo in un periodo storico nel quale, in Italia, le persone non percepiscono o non capiscono ciò che sta accadendo. Secondo un sondaggio Nielsen, a marzo 2020 (in piena pandemia) il 46% della popolazione pensava che tutto ciò sarebbe finito entro un mese.
Altro dato: il 68% degli italiani tra i 16 e i 65 anni sono “analfabeti funzionali”, cioè “sono incapaci a comprendere, valutare e usare le informazioni riguardanti l’attuale società“. Il dato più alto di tutta Europa, per distacco.
Immanuel Kant, uno dei più grandi filosofi della storia, ci ha lasciato un enorme insegnamento: “Sapere Aude!“, esortando al pensiero critico, a utilizzare la propria ragione e non seguire un unica via di pensiero.
L’impatto dei media e delle fake news
Senza addentrarci sui vari tipi di fake news, un dato certo della pandemia sono la diffusione incontrollata di esse: Whatsapp è il canale principale di diffusione, tanto che Zuckerberg ha ridotto la possibilità di inoltrare a più di 5 chat un solo messaggio, proprio per arginare questa piaga.
L’italiano medio fatica a formarsi un pensiero critico autonomo, se poi le TV e i giornali generalisti (principali responsabili di questo tracollo dell’informazione) danno spazio ad esperti del settore medico/scientifico che cambiano idea più velocemente dei loro pantaloni o appoggiano fantomatiche teorie senza alcuna base scientifica, allora non ci siamo.

In periodo di lockdown (ma anche ora) i dubbi dell’informazione hanno contagiato anche le istituzioni. L’incertezza e la paura hanno cominciato a fare da padroni, così la mente fragile dell’italiano medio è crollata al primo DPCM.
Ma è proprio qui che vogliamo arrivare: dopo 9 mesi di pandemia, la situazione è cambiata? No, perchè ora è sorta l’ipocrisia da Coronavirus dell’individuo, su cui poniamo il nostro focus.
Analisi dell’ipocrisia da Covid-19
La pandemia ha inevitabilmente distrutto (non cambiato, distrutto) la maggioranza dei rapporti sociali, ma oltre a questo anche le divisioni di pensiero tra generazioni e al loro interno sono sempre più visibili.
Tantissimi ragazzi, ma anche adulti, non vogliono più uscire di casa, terrorizzati dal contagio o da qualsivoglia situazione di socialità con l’esterno: che sia un ritrovo al bar o addirittura fare la spesa
Ci ritroviamo così in una spirale psicologica davvero inquietante: “è quasi tutto chiuso, quindi sto a casa e non esco neanche per fare attività fisica”. Si rientra quindi nel fenomeno sociale dell’Hikikomori, letteralmente “stare in disparte”.
L’Hikikomori era un fenomeno in grande crescita in Giappone, ma ora gli psicologi ne hanno allargato a livello mondiale il rischio, modificandone gli aspetti dovuti alla pandemia. Però più che hikikomori, in molti casi diventa una vera e propria ipocrisia.
Alex Berg, in un articolo per NBC News, afferma che “in un periodo come questo, per le persone dalla socialità molto elevata bisogna concentrarsi sulla QUALITA’ delle relazioni, non sulla QUANTITA’. Trova il tempo per stare con persone con cui sei te stesso”: chiudersi in casa rovina i rapporti sociali.
Le misure anti-contagio vanno sempre usate, non siamo qui per fare sporca retorica, ma per mostrare un dato di fatto: il 41% delle relazioni di amicizia si sta deteriorando, a causa dell’isolamento di uno o più individui all’interno della relazione sociale. Un’enormità, difficile da ricostruire in futuro.
In questo momento molti luoghi pubblici sono inevitabilmente più sicuri persino della propria casa, a causa del continuo monitoraggio delle norme igienico-sanitarie: quindi perchè non uscire con gli amici al bar, ma con i familiari al ristorante si? Vi è un collasso logico-farisaico del ragionamento.
Diego Giachetti descrive così la cosiddetta “Ipocrisia da Covid-19“:
Si scopre che manca l’etica della responsabilità nel farsi carico delle conseguenze sugli altri dei propri comportamenti. [..] La responsabilità solidale si regge solo su prescrizioni e sanzioni normative, richiamandosi a un generico quanto vacuo buonsenso. Mancando questo, la legittimazione dei provvedimenti adottati dall’autorità viene attribuita alla necessità dettata dallo stato di emergenza, reale e immaginario si mescolano diffondendo senso di impotenza, frustrazione e depressione.
Diego Giachetti, Le ricadute del Covid-19 sulla società
Le regole vanno rispettate, il Covid-19 è reale e siamo in un periodo storico di riadattamento di tutte le nostre vecchie abitudini, ma ciò di cui noi umani non possiamo fare a meno sono le relazioni sociali.
In un sistema che ci vuole sempre interconnessi, la pandemia ci ha costretti a spostare le interazioni sociali online, ma ora non siamo più in lockdown.
#iorestoacasa per alcuni ora è uno stile di vita, non più il solo rispetto delle regole: l’ipocrisia e la mancanza di un pensiero critico ora farà sentire alcuni “protetti” dal virus, ma la vita sociale continuerà anche dopo la fine della pandemia.
Gli psicologi sono preoccupati dall’evolversi di questa situazione sociale: un’indagine di Snapchat afferma che il 25% degli italiani intervistati “non si sente vicino agli amici come prima del Covid“. Questo dato si è già alzato parecchio da marzo, e potrebbe aumentare ancora.
Quindi il “non ti vedo perchè ho paura del virus” è compromettente in termini morali e sociali: le interazioni fisiche devono esserci, nel rispetto delle regole e con le precauzioni del caso.
Come insegna Kant, informatevi: il pensiero critico va formato, per evitare che il vostro cervello sia sopraffatto da un pensiero unico. E non dimenticate gli amici: si possono vedere in sicurezza, ma soprattutto senza ipocrisia.
(Foto di copertina da Blog Sicilia)