Il programma “Tale e quale show” è stato accusato di blackface. Di nuovo.
Già nel 2019 la trasmissione della RAI aveva proposto le imitazioni di Beyoncé e di Ghali e lo aveva fatto dipingendo i volti dei performer che li impersonavano, causando l’indignazione e le critiche di molti italiani neri. Nella puntata del 20 novembre 2020 è successa la stessa esatta cosa: in un anno non è cambiato nulla.
Il diretto interessato Ghali ha commentato l’accaduto attraverso Instagram, prima scrivendo il suo pensiero (foto sotto) e poi con un video in cui risponde ai commenti espressi riguardo alla sua prima reazione (lo si può vedere qui).

L’intervento del cantante è stato quindi ripreso anche dai maggiori quotidiani del paese, che però si sono fermati qui e non hanno approfondito in alcun modo la questione. Facendo una ricerca sui siti dei giornali sono molto pochi gli articoli di riflessione su questa questione, che pure è balzata al centro del dibattito pubblico diverse volte negli ultimi anni. Il fatto che la polemica venga solo ripresa dai quotidiani senza che ne venga data alcuna spiegazione o approfondimento la degrada alla pari di altri screzi tra celebrità, che notiamo soltanto perché coinvolgono personalità conosciute: questo tema è però completamente diverso ed estremamente serio, ma pare che nel dibattito pubblico italiano questo ancora non si sia capito. Gli italiani infatti pare che ancora non abbiano davvero capito quale sia il significato e il peso della blackface e la vicenda di quest’estate dell’abbronzatura di Di Maio per certi aspetti lo dimostra.
In breve, i fatti: dopo qualche giorno di vacanza il Ministro degli Esteri Di Maio tornò molto abbronzato e la sua faccia venne usata in diversi fotomontaggi in cui fu ritratto al posto di personaggi neri; Di Maio ricondivise alcuni di questi fotomontaggi sulle sue pagine social personali.

Questo gesto di Di Maio venne criticato dal quotidiano statunitense New York Times, che scrisse come “negli USA […] diverse figure pubbliche che sono state accusate di blackface sono state costrette a dimettersi o sono state licenziate. La pratica è diventata un taboo anche nella maggior parte dell’Europa, dove è, perlomeno, considerata molto offensiva.”: in Italia molti reagirono a questo articolo dicendo che gli statunitensi non dovrebbero pensare di poter imporre i loro standard culturali a tutto il mondo. O peggio, come dichiarato da Augusto Rubei (portavoce del ministro) e riportato dal NYT, dicendo di non essere razzisti e che quelle foto non avevano nulla di razzista, affermazione solitamente usata anche in riferimento ai fatti di blackface.
“The minister has been categorically against any form of racial discrimination or violence in any of its forms,” said Augusto Rubei, Mr. Di Maio’s spokesman. “It was a self-mocking post about the tan the minister got after a few days in Sardinia. Blackface is not something that is understood in Italy,” he said, adding that Italian culture did not have the same sensitivities as other countries.
Italy Foreign Minister Shares Blackface Images of His Summer Tan, New York Times, 27 agosto 2020.
«“La blackface è qualcosa che in Italia non è compreso”, ha detto, aggiungendo che la cultura italiana non ha la stessa sensitività di altri paesi.». Qualsiasi sia la vostra opinione riguardo alla blackface e riguardo alle polemiche che sorgono ogni qualvolta si verifichino episodi del genere in tv, su internet o da qualsiasi altra parte in Italia, un’affermazione del genere è gravissima. È gravissima perché intende che non c’è neanche la volontà di affrontare la questione, si torna sempre al solito approccio “si è sempre fatto così” e non c’è l’interesse a prendere in considerazione l’opinione degli italiani neri, non si pensa minimamente alla possibilità che ci possano essere dei comportamenti che sono offensivi e che potrebbero venire corretti. Non ricorrere più alla blackface forse sarebbe solo un miglioramento minimo, ma almeno si dimostrerebbe di avere capito qualcosa riguardo al rapporto con una minoranza e di avere la volontà di interagire alla pari.
E qui tornano in gioco i giornali e i grandi mezzi di informazione: nonostante esistano internet, i social networks e gli youtuber, i giornali e la televisione hanno ancora un’autorità diversa e possono raggiungere fasce della società poco presenti o poco attive sui social networks, perciò potrebbero avere un ruolo molto importante e utile alla diffusione di questo dibattito. Chiaramente già esiste in Italia un dibattito sulla blackface; sono molti gli attivisti che si impegnano per far capire quale sia la posizione dei neri nel nostro paese e per spiegare perché la pratica è razzista, ma il ruolo dei grandi quotidiani nazionali potrebbe essere molto utile per far crescere l’awareness degli italiani, e non solo su questa questione sociale.
crediti immagine in copertina: Il Fatto Quotidiano