Nel corso di quest’ultimo anno particolarmente burrascoso non sono venute a mancare importanti eventi di mobilitazione sociale quali forme di denuncia delle laceranti disparità presenti nel mondo. Lo scenario pandemico ha infatti permesso di mettere ancor più in evidenza e di accentuare le già esistenti disuguaglianze socioeconomiche che colpiscono in modo particolare le fasce più vulnerabili del tessuto sociale.
Nonostante le misure di lockdown, annunciate in molti Paesi, condizionassero fortemente la libertà di movimento e l’azione collettiva, gli attivisti di diversi movimenti sociali non sono rimasti impassibili, bensì si sono dimostrati capaci di realizzare nuove ed efficaci modalità di partecipazione che non violassero le restrizioni previste: tra queste vi sono i cortei in macchina o in bicicletta, gli scioperi, i boicottaggi, le marce virtuali ma anche le numerose proteste in piazza caratterizzate da un atipico distanziamento sociale.
Nell’ambito statunitense, di certo, non è passato inosservato il movimento Black Lives Matter, tornato al centro dell’attenzione internazionale a seguito delle mobilitazioni organizzate questa primavera dopo l’uccisione dell’afroamericano George Floyd da parte della polizia a Minneapolis. La sua morte ha indubbiamente segnato l’inizio di una chiamata all’azione globale contro la brutalità della polizia e il razzismo istituzionale. Sono stati contati tra i 15 e i 26 milioni di partecipanti in un totale di 7.750 proteste organizzate sia negli Stati Uniti che in 60 Paesi a livello internazionale. Nella sua estensione e radicalità, il movimento è diventato portatore di una visione contro-egemonica capace di tenere insieme “politica delle identità” e “lotta di classe”.
Credits: Vox.
La pandemia stessa è poi diventata la causa scatenante di una serie di agitazioni e proteste che hanno coinvolto diverse realtà socio-lavorative. La rapida e inaspettata diffusione del Covid-19 ha infatti travolto le strutture ospedaliere rivelatesi sprovviste degli essenziali presidi medici necessari per fronteggiare una simile emergenza sanitaria.
Nella maggior parte dei Paesi più colpiti dalla pandemia, pertanto, gli operatori sanitari hanno richiesto la fornitura immediata dei dispositivi e di risorse da investire nel sistema sanitario pubblico. A Milano il personale sanitario degli ospedali privati ha organizzato scioperi con occupazione dei luoghi di lavoro, pur mantenendo le distanze sociali, per protestare contro il peggioramento delle condizioni lavorative. Negli Stati Uniti, gli infermieri hanno organizzato manifestazioni pacifiche, subendo aggressioni fisiche e verbali da attivisti della destra radicale che pretendevano la fine del lockdown.
Credits: ANSA.
Nel frattempo, in Polonia migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade in decine di città per protestare contro la sentenza della Corte costituzionale emessa il 22 ottobre; quest’ultima, infatti, limita ulteriormente il già restrittivo diritto delle donne all’interruzione di gravidanza, vietando l’aborto anche in caso di malformazioni congenite del feto, rendendolo quindi legale solo in caso di stupro, incesto o minaccia per la salute della donna. La decisione ha alimentato una reazione senza precedenti contro la potente Chiesa cattolica polacca, che nel Paese è considerata una stretta alleata del governo nazionalista conservatore presieduto dal partito Diritto e Giustizia (PiS). Una delle leader della mobilitazione, Marta Lempart, si è rivolta ai paesi membri dell’Ue per chiedere loro di comprendere «la rivoluzione dei giovani», paragonando quanto accade in Polonia alle proteste che da agosto continuano senza sosta in Bielorussia.
Credits: Il Post.
L’evento scatenante della cosiddetta rivoluzione delle ciabatte bielorussa va rintracciato nel falsato risultato elettorale del 9 agosto che confermava la vittoria, con un improbabile 80% dei voti, dell’attuale presidente Alexander Lukashenko, al potere da ormai 26 anni. L’ondata di proteste pacifiche continua da mesi nonostante la violenta repressione da parte delle forze di sicurezza, responsabili dell’arresto di migliaia di manifestanti e dell’uccisione di almeno 3 persone.
Il malcontento che si è esteso nella società bielorussa affonda le sue radici nello smantellamento dello stato sociale e nel conseguente peggioramento della qualità di vita delle masse popolari, ma anche nelle ripercussioni generate dell’emergenza sanitaria determinate dall’incapacità governativa di adottare misure restrittive volte a limitare la diffusione del virus.
Credits: VOA news.
Anche i movimenti ambientalisti si sono trovati costretti a reinventare nuovi metodi di protesta virtuali a causa dell’emergenza sanitaria: l’attivista svedese Greta Thunberg ha così lanciato il #digitalclimatestrike, invitando tutti gli attivisti a continuare online questa battaglia tramite l’organizzazione di una serie di eventi informativi volti a sostenere fermamente la già avviata campagna di sensibilizzazione a sostegno dell’ambiente.
Appare quindi evidente la sinergia di questi movimenti intorno a una serie di sfide cruciali per la costruzione di un mondo post-pandemico alternativo, in cui sostenibilità ambientale, rispetto dei diritti umani, tutela dello stato di diritto e dello stato sociale vanno ad assumere una centralità decisiva. La pandemia, infatti, ha enfatizzato i drammatici effetti di lungo termine delle disuguaglianze sociali assieme alla necessità di fronteggiare responsabilmente la crisi climatica, rivelatasi strettamente correlata a quella sanitaria. I movimenti sociali progressisti, in questo senso, facilitano la creazione di rilevanti spazi sociopolitici fondamentali per intraprendere una riflessione sul nuovo ordine che emergerà da un 2020 indubbiamente tempestoso e quindi, le condizioni sociali stesse quali capisaldi di un sistema più equo e pacifico.