Come sta andando la presidenza Biden dopo un anno di mandato? I successi ci sono ma le difficoltà sono molte
Per superare le profonde divisioni del contesto politico e sociale statunitense, Biden si è presentato come il presidente dell’unità.
To overcome these challenges – to restore the soul and to secure the future of America – requires more than words. It requires that most elusive of things in a democracy: Unity.
Discorso inaugurale al giuramento da presidente, 20 gennaio 2021
Le sfide indicate da Biden nel discorso inaugurale sono state: pandemia, ambiente, ripresa economica, questioni sociali, politica estera. Vediamo brevemente cosa il presidente sta cercando di fare a riguardo.
Pandemia
La lotta alla pandemia è uno degli ambiti in cui si vede più chiaramente la differenza di approccio tra Biden e Trump: si è passati da un presidente negazionista a uno che si è da subito affidato alla scienza.
Negli USA la percentuale di persone vaccinate equivale al 67% della popolazione: il 57% ha ricevuto due dosi, mentre circa il 10% una dose. Recenti calcoli riportano che ben 66 milioni di individui che potrebbero ricevere il vaccino hanno scelto di non farlo. Il monitoraggio della Kaiser Family Foundation (KFF) mostra quanto sia evidente la frattura dell’affiliazione politica: ad ottobre, il 90% di chi si considera democratico ha ricevuto il vaccino, mentre tra chi si considera repubblicano solamente il 61%; solo il 2% dei democratici rifiuta di ricevere il vaccino, mentre tra i repubblicani ben il 31%.

Trump e Biden, dunque, ben rappresentano quella che è la considerazione del virus e della situazione pandemica che hanno i sostenitori dei rispettivi partiti: tra i repubblicani il negazionismo della pandemia e il rifiuto di ricorrere al vaccino sono infatti molto più diffusi che tra i democratici. Al virus, però, le opinioni politiche non interessano, dunque è necessario trovare soluzioni che possano proteggere tutta la popolazione: la risposta di Biden è stata l’obbligo vaccinale per gli impiegati federali e per chi lavora presso grandi aziende (cioè con più di 100 addetti).
Ripresa economica
Una prima misura di rilancio dell’economia era stata presa già a marzo, quando è stato approvato l’American Rescue Plan. In breve, i $1,900 miliardi stanziati sono stati utilizzati per erogare un sussidio di $1400 a famiglie sotto una certa fascia di reddito, per supportare le autorità pubbliche locali, per le scuole, per le attività commerciali, in ambito sanitario (contro il Covid, ma anche per favorire a certe categorie l’accesso alla sanità); l’opposizione dei Repubblicani ha però impedito che venisse previsto anche l’aumento del salario minimo a $15/ora.

Nei primi due trimestri del 2021 c’è stata una crescita del PIL di poco superiore del 6%, insieme a un forte aumento nel numero di assunzioni. Per il terzo trimestre dell’anno la crescita è stata però minore delle previsioni (al 2%): ciò è dovuto soprattutto all’alta inflazione e al problema delle supply chains, questioni tra loro collegate e che rallentano i consumi nel mercato interno statunitense; i piani di spesa di Biden vengono criticati per aver immesso troppa liquidità nell’economia. Ciononostante, ci si aspetta che le prestazioni migliorino nell’ultimo trimestre (crescita di circa il 4%).
Ambiente e infrastrutture
La presidenza di Trump si è contraddistinta anche per un esplicito negazionismo del cambiamento climatico, tema di cui invece Biden si preoccupa maggiormente, tanto da avere istituito nel suo governo la carica di Inviato Speciale del Presidente per l’Ambiente (assegnata a John Kerry, già Segretario di Stato durante il secondo mandato di Obama). Relativamente alle questioni ambientali Biden aveva ottenuto un immediato successo già il giorno dell’insediamento, firmando – tra gli altri – un ordine esecutivo che contraddiceva quanto voluto da Trump e dunque faceva rientrare gli USA nell’Accordo di Parigi. L’incapacità delle principali potenze del pianeta di agire in modo deciso è però oggetto di critica da parte degli attivisti per l’ambiente, come accaduto a Glasgow durante il meeting ONU per l’ambiente COP26.

Una misura che avrà importanti ripercussioni sulle questioni ambientali è la legge sull’infrastruttura (Infrastructure Bill), approvata da entrambe le camere del Congresso dopo lunghe negoziazioni, anche interne al Partito Democratico. Vengono allocati $1,200 miliardi, con l’obiettivo di migliorare le condizioni delle infrastrutture in tutti gli USA: non comprende soltanto le strade, ma anche le ferrovie, i porti e gli aeroporti. Prevede investimenti per migliorare l’accesso a internet, per facilitare l’uso di auto elettriche, per gestire in modo più efficace le reti elettrica e idrica. Maggiori informazioni qui e qui.
Ambito sociale
In seguito alle elezioni di novembre 2020 (non si è votato solo per eleggere il presidente) le accuse di brogli elettorali inventate dai repubblicani e rivolte ai democratici hanno portato molte amministrazioni statali a modificare le regole di voto. Secondo un’analisi del Brennan Center for Justice, nei primi nove mesi di quest’anno 19 stati hanno modificato le proprie leggi elettorali e reso più difficile ai cittadini votare, mentre 25 stati hanno deciso di semplificare le proprie leggi elettorali e garantire maggiore accesso al voto. L’analisi spiega che quanto fatto dal primo gruppo è più incisivo perché si trattava di stati in cui l’accesso al voto era già piuttosto complicato, perlomeno rispetto a quelli del secondo gruppo, che invece hanno modificato leggi già molto comprensive.
In risposta a queste decisioni sono state proposte dai democratici due leggi. La prima è la John R. Lewis Voting Rights Advancement Act: dedicata all’attivista per i diritti civili e senatore John R. Lewis, si propone di attualizzare quanto contenuto in una prima legge del 1965 (Voting Rights Act) contro la discriminazione relativamente al diritto di voto. La seconda proposta di legge è la Freedom to Vote Act: intende rafforzare le garanzie di accesso al voto e rendere più difficile attuare riforme che potrebbero discriminare certi gruppi sociali o espressamente favorire dei candidati. Entrambe queste proposte di legge sono state approvate dalla Camera dei Rappresentanti, ma sono ora ferme al Senato.
Oltre ad aver proposto queste due nuove leggi, all’inizio della nuova legislatura i democratici hanno nuovamente tentato di approvare la legge For the People Act, proposta nel 2018 ma anch’essa bloccata dal Senato, cosa che poi è accaduta anche quest’anno; anche questa legge vorrebbe rafforzare i diritti dei cittadini di accedere al voto e garantire un controllo più imparziale sul procedimento elettorale.
La prossima settimana verrà discussa alla Camera dei Rappresentanti la legge Build Back Better Act: vengono stanziati $1,900 miliardi e proposti interventi in ambito sociale (asilo gratuito, congedo parentale e di malattia, bonus per famiglie con figli) e sanitario (rafforzare la copertura sanitaria prevista da leggi approvate in precedenza), ma anche relativamente al sistema di gestione dell’immigrazione e al contrasto al cambiamento climatico. Qui maggiori informazioni.
Politica estera
In politica estera ci si aspettava – o perlomeno noi europei ce lo aspettavamo – un completo cambiamento rispetto a Trump, con maggiore collaborazione e attenzione per gli alleati, visto anche quanto dichiarato da Biden, arrivato addirittura a dire “Diplomacy is back”. Ciò è vero, visto il rapporto di maggiore dialogo con l’Unione Europea e gli stati europei: ad esempio, Biden ha deciso di togliere i dazi sull’importazione di acciaio e alluminio dall’Europa che Trump aveva imposto. I rapporti non sono comunque sempre stati idilliaci perché in diverse occasioni gli USA hanno deciso sulla base dei loro interessi, senza coinvolgere gli alleati o addirittura andandogli contro: ciò è accaduto relativamente alla ritirata dall’Afghanistan e all’accordo AUKUS.
Nel complesso, però, l’obiettivo di base di Biden non è diverso da quello di Trump: ora la Cina è la potenza che mette a rischio la supremazia commerciale e politica degli USA, perciò è necessario contrastarla. Si possono notare delle differenze nei metodi scelti dai due presidenti per perseguire questo obiettivo, ma in sostanza si tratta di un obiettivo basato in primis sugli interessi degli USA: non ci si può più aspettare che gli statunitensi svolgano i compiti più logoranti nella gestione del contesto internazionale. Qui una riflessione più ampia sul tema.

Quindi?
Durante il primo fine settimana di novembre si è svolta una tornata elettorale a livello statale e locale in molte aree degli USA. La maggior parte degli analisti ritiene che i risultati di tali votazioni debbano mettere in guardia i democratici: sarà per loro più difficile mantenere il vantaggio numerico al Congresso, mentre i repubblicani potrebbero riuscire ad accorciare le distanze o addirittura a prendere il controllo delle camere.
Quest’ultimo scenario sarebbe quasi una condanna per l’amministrazione democratica, che avrebbe molte più difficoltà di quante ne ha ora nel portare avanti la propria agenda. Rimangono quindi pochi mesi a Biden per convincere gli elettori del buon lavoro svolto finora, cosa non facile visto che negli ultimi sondaggi l’approvazione del suo operato è scesa al 42,5%. So much for unity, huh?