Un romanzo cortissimo, uscito nel 2019 in Francia, lasciando dietro di sé emozione e sgomento. I lettori affezionati di Delacourt infatti sono stati sconvolti da un testo estremamente crudo, violento e toccante, ai limiti dell’esprimibile in arte. 

Il tema

Il problema sollevato fin dal titolo, quello della paternità, è abbordato su più livelli, a volte compresenti altri lontani nel tempo e nel luogo: in primis, c’è Abramo, proprio colui che nella tradizione cattolica conosciamo per essere stato disposto a sacrificare l’amato figlio Isacco, poi Édouard, protagonista e voce narrante, diviso tra il ricordo del proprio genitore, distaccato e non disposto a concedergli dell’affetto anche fisico e la preoccupazione per il figlio Benjamin, vittima di un crimine ancora oggi protetto. 

Il piccolo infatti è stato violentato dal sacerdote responsabile della colonia in cui i genitori lo hanno mandato in vacanza, ma non riesce a sfogarsi con i genitori, preferendo chiudersi totalmente in se stesso, tormentato dall’orrore e dai dolori fisici causati dall’accaduto. 

Il silenzio che tutto nega e appiattisce, rendendo impossibile l’azione, rimane l’unica via possibile di fronte ad un male sconosciuto, perpetrato dalle mani di colui di cui ci si sarebbe dovuti fidare di più; come Isacco, Benjamin rimane impotente davanti al padre. Ma quale padre? Sono le azioni a rendere padre un uomo o ci si nasce? 

Le risposte

Ecco che allora il parallelismo costruito fin dalle prime pagine con le Scritture si colora di una nuova luce, lasciandoci sconcertati e commossi: 

Allora sono rimasto in silenzio e ho cercato di capire come mai il silenzio racconti sempre un’immensa sofferenza, e perché sia così difficile da spezzare. 

Ascolta oggi la mia rabbia, Isacco. 

Édouard però, a combattere per il figlio ci va eccome, facendo a pezzi la parrocchia in cui (sembra) celebrare il prete pedofilo, confrontandosi con lui faccia a faccia per giorni, come in un rito catartico o una via crucis, scoprendo verità scomode su di sé e sulla Chiesa che ancora si affanna a coprire le tracce di simili orrori, lasciandoli impuniti. 

Oltre alla pregnanza ed importanza del tema, purtroppo sempre attuale, ad essere vera protagonista è la narrazione, limpida eppure di una suggestività in grado di far pensare quasi al lirismo. 

Un romanzo per certi versi simile all’italiano Bruciare tutto di Walter Siti, dedicato allo stesso tema, indagato però dal punto di vista del parroco e tutto mentale: non si compiono veri atti efferati, più riflessioni ai limiti del sopportabile, di forte pregnanza.

Mon père è un libro adatto a chi vuole informarsi, riflettere e incazzarsi a fondo. Come è giusto. 

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Di Valentina Farinon

22 anni, mi sono laureata in Lettere moderne e ora studio Filologia. Amo il teen drama, Kerouac, Tutti Fenomeni e Vasco Brondi. Provo a fare anche delle cose più serie, talvolta.

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