Nonostante lo sviluppo politico-economico vissuto durante la prima metà del XX secolo, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale l’Uruguay iniziò a vivere un periodo di crisi economica generata da disoccupazione e inflazione; le difficoltà economiche generarono anche un alto livello di conflittualità sociale: i Tupamaros, un’organizzazione di guerriglia urbana di ispirazione comunista, guidarono scontri e rappresaglie bel Paese dalla metà degli anni 60 fino al 1973.
I primi governi formatisi negli ann ’70 ebbero come principale obiettivo quello di fermare i Tupamaros; in particolare, Juan María Bordaberry si rifece all’esercito e a molteplici arresti per riportare la pace sociale nel Paese, senza successo. Fu allora che venne presa una decisione drastica: Bordaberry, allora Presidente della Repubblica, chiuse il Parlamento e affidò il governo dello Stato ad una giunta militare, creando un Consiglio di Stato con poteri legislativi, costituzionali e amministrativi, in quanto, secondo il Presidente,
“l’atto criminale di cospirazione contro il paese, in sintonia con la compiacenza dei politici senza sentimento nazionale, è inserito nelle istituzioni, in modo da presentarsi formalmente mascherato da attività legale“.

La dittatura durò fino al 1985; sia prima che dopo il colpo di Stato, definito da molti un auto-golpe, gli USA ebbero molto a che fare con la politica interna uruguayana: un ex agente della CIA confermò che le autorità statunitensi veniva consultate per occuparsi dei sovversivi; inoltre, i servizi segreti statunitensi fornivano i nomi dei più importanti attivisti di sinistra in modo tale che il governo li controllasse e li tenesse d’occhio.