La teoria politica ci suggerisce che nell’essenza fondamentale del governo di un paese risieda la capacità di determinare e condurre un sistema sociale, economico ed istituzionale nelle fasi di maggiore tensione: il così detto stato di eccezione.
Questa capacità, rappresentata nella metafora machiavelliana dalla tenuta degli argini di un fiume in piena, può segnare fatalmente le sorti politiche di figure pubbliche anche molto popolari. La portata degli eventi e la concatenazione di effetti e conseguenze ad essi legati sembrano avere la singolare facoltà di sovvertire l’ordine costituito, a prescindere che esso goda di buona stampa e sondaggi lusinghieri, richiamando all’apice le così dette “risorse della Repubblica”.
Proprio per questo nelle fasi più delicate della storia del nostro Paese si sono avvicendati a governi politici, spesso in balia degli eventi ed aggrappati al potere grazie all’uso della retorica, governi così detti tecnici, chiamati alla gestione di una serie di questioni spesso divisive e che richiedono competenze non comuni nelle moderne classi politiche.
Il dossier nomine
Le conseguenze dell’attuale crisi sanitaria ed economica hanno assunto un’entità tale da richiedere un intervento tempestivo, nel tentativo di sbrogliare la matassa intricata e snervante dei mali profondi dell’Italia.

Dunque, oltre al processo di riforme necessario per l’ottenimento dei fondi del Recovery Fund messo a disposizione dalla Commissione europea, è fondamentale che le principali cariche amministrative (a cui spesso l’esecutivo delega un ampio ruolo) siano all’altezza della contingente crisi e del delicato compito che sono chiamate ad assolvere, in quanto cinghia di trasmissione tra decisioni prese dal centro politico e la società.
Nel caso dell’attuale governo italiano, il premier Draghi ha avviato i lavori per una serie di doverose riforme (fisco, pubblica amministrazione, giustizia etc..) alle quali ha però fin da subito affiancato un’opera di riassegnazione di incarichi chiave in diversi ambiti di competenza.
Le scelte operate dal Premier sembrano andare nella direzione di un consolidamento delle principali agenzie dello Stato, a partire da quelle la cui credibilità era stata intaccata da precedenti nomine che nel tempo si sono rivelate controverse o scarsamente competenti.
Questione sanitaria
Non deve stupire infatti che il primo avvicendamento operato a seguito del cambio di presidenza a Montecitorio abbia visto il dimissionamento di Domenico Arcuri dal ruolo di commissario all’emergenza Covid.
Fatali per Arcuri sono stati i ritardi e l’incapacità di coordinare la campagna vaccinale, che al di là dei problemi di approvvigionamento, è risultata procedere a rilento ed essere condizionata dalla volontà di intraprendere soluzioni poco pragmatiche (ricorderete il progetto delle “Primule”). Il conflitto di interessi in quanto presidente di Invitalia, la scarsa trasparenza nelle procedure di approvvigionamento di presidi sanitari ed una comunicazione aggressiva nei confronti delle richieste di chiarimento da parte della stampa, hanno chiuso la parabola del “super commissario”.
Al suo posto è subentrato il generale e capo logistico dell’esercito Francesco Figliuolo, che nonostante alcune polemiche sull’uso dell’uniforme durante le apparizioni pubbliche, ha mobilitato nel giro di due mesi una macchina organizzativa capace di raggiungere l’ambizioso obiettivo di 500.000 dosi medie giornaliere.
Va inoltre ricordato che il Premier ha operato un radicale avvicendamento nella composizione del CTS (ndr comitato tecnico scientifico), nonché la nomina di un nuovo Capo della protezione civile, sino ad allora coinvolta solo marginalmente nella campagna di vaccinazione.
Mercato del lavoro
Nell’ambito economico l’agenzia a finire sotto la lente di ingrandimento del Premier è stata l’Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro). Fondata nel 2016 con il compito di organizzare iniziative di formazione e ricollocamento della forza lavoro sul territorio nazionale, l’Anpal, presieduta dal professore italo-americano Domenico Parisi, ha mostrato ampie criticità.
Voluto fortemente dal M5S nell’ambito della realizzazione del Reddito di cittadinanza, Parisi in oltre due anni di presidenza non solo non ha saputo riformare il sistema di incrocio della domanda e dell’offerta del mercato del lavoro ma si è reso protagonista di una scarsa trasparenza nella rendicontazione delle spese, oggi oggetto di un’indagine della Corte dei conti.
In prospettiva sembra sia prevista una profonda riforma dell’agenzia stessa che dovrebbe incentrare le proprie funzioni su progetti di riqualificazione e ricollocamento nel mercato del lavoro.
Servizi segreti
Ultimo, delicato dossier che il premier ha affrontato nei suoi primi mesi sono state le cariche dei servizi segreti, da poco lasciate in eredità dal predecessore Conte e tuttavia oggetto di critiche per l’intenso coinvolgimento che, secondo alcuni giornali (Il Riformista e Repubblica in particolare), avrebbero avuto negli ultimi mesi di presidenza e in generale per lo stretto legame personale che li legava allo stesso Conte.
Particolare attenzione è stata rivolta al presidente del DIS (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) Gennaro Vecchione; in un primo momento confermato con riserva e successivamente dimesso a seguito del suo coinvolgimento nel caso Mancini (ndr l’incontro tra il leader di Italia Viva, Renzi e l’agente dei servizi segreti Marco Mancini) sul quale Vecchione avrebbe dato spiegazioni non soddisfacenti.
Motivazioni del dimissionamento sarebbero poi state il precedente coinvolgimento nel “caso Barr” (ndr un tentativo di ricerca di sponde nei servizi segreti italiani operato da Trump nel contesto del contrasto alle indagini sul Russia Gate); a cui si sarebbe sommata l’irritazione di Draghi verso l’impreparazione palesata da Vecchione in un colloquio che aveva come oggetto la questione libica.
Il DIS è stato ora affidato ad Emanuela Belloni, profilo di alto livello in tema di sicurezza tra le fila della Farnesina, della quale è Segretaria Generale dal 5 maggio 2016.