Ieri pomeriggio, l’Aula del Senato ha stabilito di non procedere al voto sul DDL Zan. Game over. KO tecnico, come si usa dire in gergo sportivo, per un disegno di legge che aveva l’unica pretesa di rendere più civile l’Italia. Il disegno di legge redatto e proposto dal parlamentare e attivista della comunità LGBTQ+ è stato fermato articolo per articolo e in ogni suo emendamento. A livello teorico si potrebbe ripresentare il provvedimento tra sei mesi, ma a livello politico, la battaglia di un’intera comunità e ampiamente sostenuta nelle manifestazioni e nei corte, è finito tutto ieri pomeriggio. La maggioranza di Palazzo Madama ha avuto la meglio, ma gli errori sono stati commessi nel tragitto che ha portato a quest’ultima, amara e sconfortante votazione.

Cronaca di una morte annunciata

Non ci sono né vincitori – per quanto patetici siano stati i cori e gli applausi in Aula, ci sono solo vinti. Anzi, sconfitti. Si è persa l’occasione di fare una seria riflessione sui diritti per lasciare spazio e far prevalere esigenze di coalizione di carattere politico. Una discussione lasciata agli influencer e non accompagnata invece da chi si trova lì per dare voce a chi non ce l’ha e continuerà a non averla. La discussione sul DDL Zan è stata una via di Damasco piena di insidie fin dal primo giorno, ecco perché occorreva correre ai ripari molto prima.

Sarebbe stato necessario discutere sui punti in cui si era in disaccordo e non arroccarsi sulle semplici posizioni “ritirate la tagliola”, “no, non ritiriamo la tagliola”. Il giochino di Renzi e alcuni franchi tiratori all’interno del Partito Democratico hanno fatto il resto.

La “grande colpa”, perché qualcuno bisogna pure incolparlo di questa disfatta, probabilmente è stata della posizione, stranamente ferrea e non labile del PD. Una battaglia iniziata con “comunque andrà sarà un successo perché se non passa la colpa sarà degli altri”. Un pensiero che, di fatto, ha portato alla rinuncia di un duro e faticoso iter per raggiungere un compromesso e far passare il disegno di legge. Il partito guidato da Enrico Letta ha giocato d’azzardo ed è andata male.

Le dichiarazioni più assurde della Destra

Massimiliano Romeo, capogruppo Lega al Senato
Massimiliano Romeo, capogruppo Lega al Senato

Solo la famiglia tradizionale può proteggerci dalla decadenza della società moderna”, Maria Saponara, Lega.

“Bisogna dare ai bambini il tempo necessario per essere ciò che vogliono. Si vuole indurre i bambini a cambiare sesso ancora prima che si accorgano di averlo.”, Massimiliano Romeo, Lega.

Se volete imporre ai bambini di 3 anni le teorie gender fluid siamo qui per impedirlo. Non lo voteremo mai”, Licia Ronzulli, Forza Italia.

Potrebbe diventare reato che un bambino abbia una madre e un padre, o che un uomo non partecipi a competizioni femminili di donne”, Alberto Balboni, Fratelli d’Italia.

“Il diritto alla autopercezione dell’identità di genere rischia di mettere in pericolo anni di battaglie femministe”, Gaetano Quagliariello, Gruppo Misto.

Discorso Quirinale

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi, candidatura del centrodestra per il Quirinale

Ciò che è successo ieri pomeriggio a Palazzo Madama faccia da monito per ultimi mesi prima del voto per il Presidente della Repubblica. Perché forse adesso Renzi ammicca al centro-destra e il M5S è pieno di gente consapevole che nel 2023 non siederà più in Parlamento e quindi Conte si ritrova in un far-west complesso da gestire. Un voto che deve ricordarsi soprattutto Enrico Letta per cercare di far qualcosa per quei franchi tiratori all’interno del suo partito e provare a costruire una maggioranza ampia. Mattarella ci ha insegnato che quel ruolo lì è più importante di quanto si pensi.

Commento amaro

La decisione codarda e appartenente ad una mentalità in voga nel passato ha fatto si che si votasse tramite voto segreto. Proprio la scelta che ha affossato, eliminato il DDL Zan. Si è deciso di rimanere nel passato, perché una legge per contrastare l’omotransfobia non sarebbe stato un passo verso il futuro ma allinearsi a ciò che il presente chiede e pretende. Anche chi si professa riformista oggi ha scelto di essere conservatore, probabilmente a Palazzo Madama non ci sono abbastanza finestre per affacciarsi e per conoscere come stanno effettivamente le cose.

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