Ghjustizia é verità” e “Statu francese assassinu” sono gli slogan principali che da alcune settimane riecheggiano nelle piazze della Corsica.

Il destinatario è chiaro: lo Stato. L’obiettivo da raggiungere altrettanto evidente: l’autonomia.


Alle radici dei sentimenti indipendentisti

Il nazionalismo corso ha origini molto antiche, risalenti ancora al periodo in cui l’isola era sotto il controllo di Genova. Il primo indipendentista può essere considerato Pasquale Paoli che nel 1755 guidò la rivolta contro la Repubblica di Genova che portò alla nascita della Repubblica Corsa. Una Repubblica che tuttavia ebbe vita breve, dal momento che nel 1769 l’isola venne conquistata dai francesi.

In tempi più recenti il partito di riferimento per i separatisti è stato il Fronte di Liberazione Nazionale Corso, fondato nel 1976 e autore di vari attentati e assalti contro strutture e infrastrutture riconducibili alla Francia.

Il movimento si è sciolto nel 2014, ma nelle ultime settimane ha annunciato la ripresa della lotta clandestina al grido di “A ragione hè a nostra forza”.

Ma quali sono i motivi di quello che è un vero e proprio ritorno di fiamma del nazionalismo corso?

La bandiera dei nazionalisti corsi è tornata a sventolare nelle piazze dell’isola. (Crediti: AP/Lapresse)

Le nuove insurrezioni

La scintilla che ha fatto scoppiare questa nuova ondata di manifestazioni violente è legata al nome di Yvan Colonna, volto storico dell’indipendentismo corso.

Il “pastore di Cargese” si trovava nel carcere di Arles per l’omicidio del prefetto Claude Erignac, avvenuto ad Ajaccio il 6 febbraio 1998.

Lo scorso 2 marzo Franck Elong Abé, un altro detenuto, è riuscito ad avvicinarsi a Colonna e a strangolarlo per 8 minuti senza che nessuna guardia intervenisse, nonostante il regime di sorveglianza continua a cui era sottoposto.

Manifesti per Yvan Colonna. (Crediti: Getty Images)

Colonna è stato ricoverato in coma all’ospedale di Marsiglia e questo ha portato nuova linfa agli indipendentisti locali, che sono tornati a manifestare in maniera violenta nelle piazze di tutta l’isola.

Il 9 marzo alcuni manifestanti hanno fatto irruzione nel Palazzo di Giustizia ad Ajaccio e nei giorni seguenti le proteste si sono estese a tutta l’isola e in particolare a Bastia, dove gli scontri con la gendarmeria hanno provocato un centinaio di feriti.

La situazione ora rischia però di diventare ancora più incandescente.

Lunedì infatti Yvan Colonna è deceduto in seguito alle ferite riportate e le autorità francesi temono un’ulteriore escalation di violenza.

Per scongiurare quest’eventualità si è mosso in prima persona il Presidente Emmanuel Macron.

Le proteste a Bastia. (Crediti: Angèle Ricciardi)

Le elezioni presidenziali

Il fatto che a prendere direttamente la parola sia stato il capo dello Stato non è casuale.

Il 10 aprile infatti i francesi saranno chiamati alle urne in occasione delle elezioni presidenziali. L’intervento di Macron ha l’obiettivo di placare le proteste attraverso graduali concessioni sull’autonomia dell’isola. 

Il ministro degli interni Gérald Darmanin ha lanciato la proposta di uno “statuto alla polinesiana”. Polinesia francese e Nuova Caledonia hanno autonomia per quanto riguarda la giurisdizione economica, sociale, sanitaria e ambientale. Alla Francia resta, invece, il potere in materia di sicurezza, ordine pubblico, difesa, soccorsi, politica estera e giustizia.

L’atteggiamento del leader transalpino è stato però aspramente criticato dai suoi rivali per la corsa all’Eliseo, che l’hanno accusato di “cinismo elettorale”. 

Il commento di Marine Le Pen, principale avversaria di Macron, riguardo la presa di posizione del rivale è stato chiaro: “La Corsica deve rimanere francese”.
La situazione per Macron è quindi tutt’altro che semplice da gestire, considerata anche la complicata crisi in Ucraina, che vede la Francia come uno dei principali attori impegnati nei tentativi di de-escalation.

Emmanuel Macron ad Ajaccio nel 2020. (Crediti: thestar.com)

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