M5S e “centro”-destra sconfitti alle urne: quale futuro?
Dal realismo di Giorgia Meloni all’arrampicata sugli specchi di Matteo Salvini, dalla fuga di Enrico Michetti all’assenza totale del Movimento 5 Stelle, finendo con la delusione di Forza Italia: questo il quadro degli sconfitti che si è delineato ieri. Ma andiamo per punti.
La leader di Fratelli d’Italia riconosce la sconfitta subito, proprio all’inizio del suo intervento. Dopotutto, il 5 a 1 (per il centrosinistra) nelle grandi città è un risultato che parla da sé. Le motivazioni di questa sconfitta sono innumerevoli: scelta tarda e impresentabilità del candidato, lotte intestine alla coalizione (che lei riconosce), ambiguità di diversi esponenti delle liste. Eppure, Meloni sostiene che la vera motivazione della sconfitta risieda nella presunta “campagna d’odio” rivolta verso lei e il suo partito. Insomma, prosegue con la linea del vittimismo per non riconoscere i problemi interni a FdI.
Invece, Salvini e Michetti hanno fatto veramente una pessima figura. Il candidato romano ha tenuto la conferenza stampa più veloce della storia, usando qualche parola a caso e scappando al termine dell’intervento, non lasciando spazio alle domande. Dall’altra parte, il leader della Lega ha mantenuto il suo solito modus operandi, caratterizzato da voli pindarici per cambiare argomento. Infatti, quella che doveva essere un’analisi della sconfitta si è trasformata nell’ennesimo attacco alla ministra Lamorgese. E, accanto a ciò, non riconosce il fatto che ci sia stata una sconfitta pesante della coalizione. Insomma, meglio parlar d’altro.
La coalizione non regge
Questa debacle elettorale è, a mio dire, soprattutto individuabile nella condizione in cui versa la coalizione di “centro”-destra. Continuo a mettere la parola centro tra virgolette perché, questa coalizione, di centrista e moderato ha ben poco. L’intesa tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia è senza ombra di dubbio a trazione di queste ultime due, che occupano una posizione marcatamente (e dichiaratamente) nazionalista e conservatrice. Risulta quindi chiara l’incompatibilità con i valori proclamati da FI, che sarebbero quelli del progressismo e dell’europeismo.
Infatti, emerge sempre di più la corrente “vitiana” all’interno del partito di Berlusconi, cioè quella liberale e progressista a cui fa (mediaticamente) capo il parlamentare Elio Vito. È da tempo che, soprattutto su Twitter, si presenta come voce fuori dal coro, dichiarandosi spesso e volentieri in disaccordo con la linea del suo partito. Un esempio recente è stata proprio la sua partecipazione alla manifestazione di sabato in sostegno ai sindacati, oltre che l’appoggio alla proposta di scioglimento di Forza Nuova e molto altro.
Non è mancato, quindi, l’attacco alla coalizione per la pessima figura fatta a questa tornata elettorale, tanto da mettere in discussione la stessa segreteria del suo partito. Dopotutto, Antonio Tajani sta dimostrando di aver abbracciato i valori “gasparriani” piuttosto che quelli fondanti del suo partito, una sorta di involuzione che caratterizza il pessimo stato di Forza Italia.
Facciamo un po’ di fantapolitica
Articolare un’analisi della condizione del sistema partitico italiano credo possa aiutare a prevedere cosa succederà nel prossimo futuro. Personalmente, ritengo che – sul fronte destro dell’arco costituzionale – presto ci saranno due scissioni. La prima si terrebbe in casa Lega: la frangia giorgettiana, quella definita più “moderata”, si potrebbe staccarsi dal fronte nazionalista e populista di Salvini, il quale è molto più legato al semi-estremismo di Fratelli d’Italia. In questa situazione, da Forza Italia diversi esponenti abbraccerebbero il polo centrista, progressista ed europeista, mentre i più conservatori formerebbero un nuovo soggetto con il “fronte Giorgetti”.
Ciò comporterebbe l’allargamento del polo centrista – occupato attualmente da Italia Viva, +Europa ed Azione – che andrebbe presentandosi alle elezioni con un’ipotetica coalizione liberale. Così facendo, si eliminerebbe definitivamente la parola “centro” dalla coalizione dei partiti di destra: una formazione dichiaratamente nazionalista e conservatrice, senza quindi troppi litigi interni.
Se consideriamo che all’interno del Movimento 5 Stelle sono rimasti solo quegli elettori appartenenti ad una sorta di sinistra, in quanto tutti gli altri sono confluiti nelle fila di Lega e FdI, una (più o meno solida) coalizione con il Partito Democratico e le altre forze di sinistra sembra una prospettiva piuttosto lucida. Personalmente, ritengo che ci sarà pure un passo successivo: una riunificazione di PD (post-epurazione delle frange renziane), LeU, Art.1 e Possibile sotto il nome di un nuovo partito.
Un nuovo tripolarismo?
Questo quadro che ho appena delineato si fonda su un presupposto: sembra che stia nascendo un nuovo tripolarismo. Non più quello in cui vedeva scontrarsi centrosinistra, centrodestra e M5S, bensì uno schema più definito: sinistra, centro e destra. Infatti, il polo centrista sta assumendo sempre più importanza in termini di voti, aggirandosi attorno al 10% dei consensi nazionali (sommando le percentuali dei singoli partiti). A sinistra si intravedono alcuni tentativi di unificazione, provenienti soprattutto da Bersani. Della destra, invece, abbiamo già parlato.
In tutto ciò, spero soltanto una cosa: di vedere più giovani al centro della scena. L’impasse politico e istituzionale si supera anche tramite l’interazione di noi giovani, che non vogliamo solamente essere “ascoltati” ma abbiamo bisogno di essere in prima linea. Ma di questo ne parleremo in un altro articolo.