“Oggi è un bel giorno per la sinistra…cilena”. Non si può non (semi)citare Il Terzo Segreto di Satira per annunciare la vittoria del nuovo presidente del Cile Gabriel Boric, 35 anni, di sinistra radicale, in passato leader di movimenti studenteschi, presentatosi alle elezioni da outsider.

Boric ha vinto domenica al ballottaggio aggiudicandosi il 56% dei voti, con un’affluenza del 55%, sconfiggendo il rivale di estrema destra Antonio Kast, il quale, un mese fa al primo turno era invece arrivato primo con il 28% dei voti, mentre Boric secondo con il 26%.

Il neo-presidente della Repubblica cilena non era in realtà un volto così noto della politica cilena. Prima di entrare in politica è stato a capo della Federazione degli studenti dell’Università del Cile di Santiago e acquisì popolarità nel 2011 guidando delle proteste studentesche in nome di un sistema scolastico più equo e accessibile; nel 2014 è stato poi eletto alla Camera dei deputati. Prima del successo alle presidenziali aveva a malapena raggiunto il numero di firme necessarie per candidarsi presidente, ma aveva poi vinto le primarie della sua coalizione di sinistra.

Messo davanti ad una grande polarizzazione fra Kast e Boric, il Cile si sposta dunque a sinistra e sancisce la sconfitta dei partiti tradizionali di centro-destra e centro-sinistra, sostenitori rispettivamente dell’ultimo e del penultimo presidente cileno.

Gabriel Boric con i suoi sostenitori (Crediti: Fanpage)

Idee e programmi

Boric è progressista, fortemente femminista, difensore dei diritti delle persone LGBTQ+ e ha promesso una svolta ecologista del Paese. Nel suo discorso di celebrazione della vittoria ha detto: “Voglio ringraziare le donne della nostra patria, che si sono organizzate per difendere i diritti che hanno conquistato con tanta fatica […] Contate su di noi, sarete le protagoniste del nostro governo […] Fermare la discriminazione e la violenza diventerà fondamentale per il nostro governo“.

In ambito economico, il nuovo presidente è critico nei confronti di un approccio neoliberista, vuole rafforzare il ruolo dello stato per migliorare il welfare (istruzione, sanità, pensioni) e i servizi pubblici, ha promesso di aumentare le tasse per le persone più ricche e di combattere largamente l’evasione fiscale, si propone di ridurre le diseguaglianze, compresa quella di genere, e vorrebbe decentralizzare i poteri dello stato in favore anche delle popolazioni native.

In sostanza, la proposta è di rovesciare il modello economico risalente agli anni ’80 della dittatura del generale Augusto Pinochet, modello a cui si riconosce il fatto di aver prodotto crescita economica ma allo stesso tempo di aver inasprito la diseguaglianza fra ricchi e poveri.

Lo sconfitto

Lo sconfitto Antonio Kast, anche lui inizialmente non pronosticato come candidato di punta, è invece la sua esatta antitesi: cattolico conservatore, anti-femminista, agita lo spauracchio dell’ideologia gender, è molto duro verso l’immigrazione e pone l’accento sull’ordine e sulla sicurezza, dicendosi pronto ad usare qualsiasi mezzo contro le rivendicazioni delle popolazioni native.

È nostalgico di Pinochet e inoltre ammira il populista di destra presidente del Brasile Bolsonaro e l’ex dittatore peruviano Alberto Fujimori. Kast inoltre sostiene politiche economiche liberiste e promuove lo stato minimo, nel senso di un intervento il più ristretto possibile dello stato nell’economia e nell’impresa privata.

Dunque, è stata scongiurata l’ascesa di un leader populista e di estrema destra alla guida di un paese latino, dopo la vittoria di Bolsonaro in Brasile, cosa avvenuta anche in Perù a luglio di quest’anno con la conquista della presidenza da parte del socialista Pedro Castillo, ai danni di Keiko Fujimori, figlia del suddetto Alberto.

Il candidato di destra Antonio Kast al ballottaggio ha raccolto il 44% dei voti (Crediti: Market Research Telecast)

La base di Boric

Nella corsa alle presidenziali Boric è riuscito a conquistare il voto delle nuove generazioni e delle donne, fatto non difficile da immaginare visto il suo essere rappresentante di istanze progressiste ampiamente condivise da questi due gruppi sociali, senza contare la spinta data dai suoi 35 anni di età.

Altro punto importante, tra il primo e il secondo turno il neo eletto è riuscito ad ottenere l’appoggio di tutto il centro-sinistra, compresi i partiti più moderati. Moderazione che Boric ha compiuto anche nelle sue posizioni e dichiarazioni; ad esempio, ha preso le distanze dal sostengo dato dal Partito Comunista cileno al controverso presidente venezuelano Nicolás Maduro, ha rivisto al ribasso la sua proposta di aumento delle tasse per i più abbienti e si è concentrato maggiormente su questioni di sicurezza e controllo dell’immigrazione.

Confronto con la realtà

Ora però arriva il difficile, prima di tutto perché la coalizione di Boric possiede solo un quarto dei seggi in parlamento (ricordiamo che in un sistema presidenziale come quello cileno si svolgono due elezioni distinte per il parlamento e per la presidenza), quindi l’appoggio dei partiti di centro-sinistra sarà fondamentale anche al Congresso per poter legiferare.

E soprattutto il suo progetto di social-democrazia garante dei diritti economici, sociali e civili è molto ambizioso, perché si tratta di modificare quello che finora è stato un modello orientato al libero mercato e perché saranno necessari crescita economica ed investimenti per finanziare le misure di spesa pubblica promesse. Sembra poi poco realizzabile la proposta di combattere il cambiamento climatico riducendo l’estrazione di rame nel paese che è il più grande produttore al mondo.

Crediti: Fanpage

Nell’analizzare la vittoria di Boric non va inoltre dimenticato il recente passato cileno. Nel 2019 si scatenarono delle proteste partite inizialmente contro il prezzo eccessivo dei trasporti nella capitale e trasformatesi successivamente in contestazioni più ampie del governo conservatore di Sebastian Piñera. Ma soprattutto montava la richiesta di modifcare la costituzione del 1980 risalente alla dittatura di Pinochet; voce che è stata ascoltata e nell’ottobre del 2020, tramite un referendum, il 78% dei cileni ha deciso per la cancellazione della vecchia costituzione ed è stata contestualmente votata la composizione di un’assemblea costituente con il compito di rediger una nuova carta fondamentale.

Kast si presentava come restauratore dell’ordine scosso dalle proteste e proponeva di interrompere il processo costituente e di mantenere la vecchia carta costituzionale. Boric, al contrario, ha sempre difeso il lavoro dell’assemblea costituente ed è convinto che il vero cambiamento passi attraverso una nuova costituzione; “Difenderemo il processo costituente, che è motivo di orgoglio mondiale. È la prima volta che scriviamo una costituzione democratica. Occupiamoci di questo processo affinché nasca una Costituzione frutto del consenso e non dell’imposizione”, ha detto davanti alla folla festante di sostenitori.

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