Excursus sullo stato di alcuni partiti di destra europei, con un occhio anche agli USA

A quasi due anni dallo scoppio della pandemia, come sta l’estrema destra europea? E visto che l’epiteto “estrema” in alcuni casi può sembrare esagerato, il riferimento è ai partiti sovranisti, populisti, reazionari di destra che tanto successo stanno avendo da un decennio circa a questa parte nel Vecchio continente. L’epidemia da coronavirus non è menzionata a sproposito, dato che la crisi economica e sociale da essa generata influisce pesantemente sulle istanze sulle preoccupazioni dei cittadini, quindi anche sull’offerta delle forze politiche in gioco, ma ci torniamo più avanti.

Zemmour scuote la politica francese

Partiamo innanzitutto dalla Francia. Il prossimo aprile si terranno le elezioni presidenziali e da qualche mese nella scena politica transalpina è entrato prepotentemente Eric Zemmour, giornalista di estrema destra molto popolare che sta avendo ampio successo televisivo (in particolare sul canale CNews, descritto dai giornali come una sorta di Fox News francese) ed editoriale, grazie ai grandi numeri registrati dalla vendita dei suoi libri.

Anche se non ha (ancora) ufficializzato la sua candidatura per la corsa all’Eliseo, Zemmour si comporta da vero candidato e partecipa a tutti gli effetti alla campagna elettorale, prendendo parte a confronti con i leader dei partiti, comparendo spessissimo in televisione e sui social, tenendo conferenze, anche all’estero, che sono sostanzialmente dei comizi.

Il giornalista e saggista Eric Zemmour (crediti: The Economist)

La propaganda del giornalista ruota attorno ai classici temi dell’estrema destra sovranista e populista: euroscetticismo, nazionalismo aggressivo, anti-immigrazione, islamofobia, rifiuto del multiculturalismo, avversione verso il femminismo e i diritti civili delle persone LGBT+, posizioni ultra-conservatrici sulla famiglia. Zemmour sostiene la non nuova teoria che in Europa sia in atto una sostituzione etnica e culturale da parte degli immigrati, non condanna completamente il regime di Vichy collaborazionista con il nazi-fascismo ed è “velatamente nostalgico del colonialismo”. Vorrebbe inoltre confini più rigidi fra gli stati europei e ritiene che per il bene della sua nazione sia necessario sottostare meno alle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo e alla Corte europea di giustizia.

Nulla di nuovo sotto il sole, men che meno per la candidata alla presidenza e leader del partito di destra Rassemblement National Marine Le Pen, la quale è anni che fonda la sua propaganda e offerta politica su queste tematiche, senza però uscire mai vittoriosa alle elezioni nazionali (raramente a quelle regionali). Il problema, per lei, è che ora si vede sorpassata a destra da Zemmour proprio sul suo terreno. La candidata negli ultimi anni ha moderato le sue posizioni del suo partito per cercare di espandere il suo bacino elettorale ma ora l’ascesa del giornalista francese con posizioni più radicali su immigrazione e sicurezza le ha eroso voti, tanto che i sondaggi danno i due praticamente appaiati attorno al 16%, con Macron primo al 24% e il candidato di centro-destra Bertrand quarto al 13%.

Marine Le Pen (crediti: Eunews)

Il periodo di gloria di Zemmour si sta comunque assestando: la settimana scorso si è aperto il processo a suo carico per complicità in provocazione all’odio razziale e per ingiuria razziale per via di pesanti frasi razziste pronunciate in un talk show nei confronti di migranti e stranieri; inoltre, nell’ultimo periodo il giornalista e scrittore non è sempre ben accetto nelle capitali europee: tre sue conferenze in programma rispettivamente a Londra, Ginevra e Bruxelles sono state cancellate con diverse motivazioni e alcuni membri di partiti di destra europei sono stati cauti nell’esprimere pieno sostengo alla sua causa, nonostante Zemmour abbia incontrato il premier ungherese Orbán a Budapest e in quell’occasione abbia auspicato un’alleanza della Francia con il Gruppo di Visegrád.

Solo il tempo ci dirà se questo rapido slancio di popolarità e di attenzione mediatica del polemista (così è stato descritto dalla stampa) si concretizzerà in un importante risultato elettorale alle prossime presidenziali, o se si tratta solo di un fuoco di paglia destinato a spegnersi venuto meno l’effetto sorpresa. Nel primo caso chi ci rimetterebbe maggiormente sarebbe Le Pen, che nella peggiore delle ipotesi non raggiungerebbe nemmeno il secondo posto al primo turno e quindi neanche il ballottaggio. Il loro nemico comune, Emmanuel Macron, dalla divisione dei suoi avversari a destra potrebbe invece guadagnarci politicamente ed elettoralmente, posto che la sinistra sarà ancora più frammentata come da tradizione.

Italia nostalgica

Anche in Italia, per un partito a destra che scende, ce n’è uno che sale. Più che partito forse è meglio dire leader, perché il successo della Lega e ora di Fratelli d’Italia è dovuto principalmente al carisma, alla personalità e all’abile retorica (purtroppo al ribasso) di Salvini e Meloni. Dalla caduta del secondo governo Conte nell’estate del 2019 la Lega nei sondaggi perde costantemente consenso e attualmente viene data circa al 20%, mentre Fratelli d’Italia in alcune rilevazioni si attesta perfino a prima forza politica del paese, con un chiaro travaso di voti (intenzione) dal Carroccio.

La Lega, entrando a far parte del governo Draghi, ha cercato di spostarsi verso il centro e i toni del suo capo sono meno estremi, almeno per quanto riguarda le posizioni ufficiali; ciò lo si vede ad esempio per quanto riguarda il rapporto con l’Unione Europea, prima considerata la matrigna cattiva che vuole il male del “popolo italiano” e ora invece non più presa in considerazione, d’altronde, il Next Generation EU non è sceso dal cielo e si fa parte di una maggioranza guidata dall’ex presidente della BCE, l’euroscetticismo quindi è meno spendibile. Inoltre, la pandemia ha stravolto la narrazione pubblica e sbraitare contro l’arrivo dei migranti e invocare più sicurezza non paga più in termini di consenso come faceva in passato.

Matteo Salvini e Giorgia Meloni (crediti: Tempi)

Di questa situazione ne ha approfittato Giorgia Meloni, che sta occupando a livello di propaganda il terreno lasciato scoperto da Salvini, approfittando di essere comodamente all’opposizione e poter avanzare proposte spot senza capo ne coda volte solo a fidelizzare i suoi elettori e ad andare a caccia di nuovi votanti di centro-destra. Gli esponenti di Fratelli d’Italia, e anche quelli estremisti della Lega non hanno voluto essere da meno, si sono poi adattati alle circostanze attraverso la strumentalizzazione delle paure e delle incertezze attorno l’epidemia da coronavirus, oltre a mettere in scena un patetico, ambiguo e pericoloso districamento tra posizioni “sì vax” e “no vax”.

Come nel caso francese, resta da vedere se l’onda sulla cui cresta cavalca felice la donna, madre, cristiana sarà lunga abbastanza da farle vincere le prossime elezioni in programma per la primavera 2023 (o almeno da farle ottenere un buon piazzamento) o se invece la sua popolarità si sgonfierà fisiologicamente come successo al Capitano; dovendo fare una previsione, sceglierei a malincuore la prima ipotesi, perché non è scontato che non si vada ad elezioni prima della scadenza naturale della legislatura e perché l’offerta e la domanda di destra illiberale sono ancora molto presenti, nonostante la parentesi Draghi.

Germania ed est Europa

In Germania le trattative per formare il nuovo governo sono ancora in corso, ma la coalizione sarà sicuramente composta dai socialdemocratici dell’SPD (arrivati primi alle elezioni dello scorso 26 settembre), dai Verdi e dai librali di FdP ed ormai è solo questione di poco tempo prima che arrivi l’ufficialità.

Nel paese teutonico l’estrema destra parlamentare si sostanzia nel partito Alternative für Deutschland (AfD, Alternativa per la Germania), estremamente nazionalista ed accusato più volte di razzismo, antisemitismo e di simpatie verso il nazional-socialismo. Le sue posizioni sono le più estreme e conservatrice sui temi quali europeismo, immigrazione, sicurezza.

Il partito è stato fondato nel 2013 e finora ha partecipato a tre elezioni federali. Nel 2017 ottenne il suo miglior risultato con il 12,6 % a livello nazionale, mentre all’ultima tornata elettorale si è fermato al 10,3%, con un saldo negativo di 11 seggi parlamentari. Nonostante abbia ottenuto buoni risultati nelle elezioni regionali non fa parte del governo di nessun Länder, anche grazie ad un tacito accordo fra le altre forze politiche per non includere AfD in una coalizione di governo, né a livello locale né nazionale. Ciò forse è dettato dal fatto che i cittadini tedeschi e la rispettiva classe politica abbiano fatto meglio i conti con il proprio triste passato, rispetto all’Italia per esempio, e che quindi certe prese di posizioni siano davvero un tabù e pertanto allontanate.

Diversa è la situazione in Europa centro-orientale, dove è propria la destra sovranista a governare. Come noto, è in corso uno scontro fra Bielorussia e Polonia a causa dei migranti, provenienti dal medio-oriente, fermi al confine fra i due paesi che cercano di entrare in territorio polacco (quindi Unione Europea) e che da settimane sono bloccati in condizione disumane fra l’incudine e il martello, venendo usati senza scrupolo come arma di pressione geopolitica. Senza dimenticare la riluttanza del governo ungherese a collaborare a livello europeo nella gestione dei flussi migratori e anzi artefice della militarizzazione del confine con la Serbia.

La situazione dei migranti al confine fra Bielorussia e Polonia (crediti: Repubblica)

Che fine ha fatto The Donald?

Infine uno sguardo oltreoceano. È passato un anno dall’elezione a presidente di Joe Biden e il predecessore Trump sta organizzando la sua ricandidatura alle presidenziali del 2024, molto probabile anche se non ufficiale: è intento a selezionare una lista di candidati repubblicani al congresso; sta raccogliendo fondi tramite i suoi comitati politici; organizza “sottotraccia” eventi elettorali e donazioni; tiene ancora riunioni politiche con i suoi collaboratori e comizi. Il tutto senza essere troppo appariscente.

D’altronde, oramai è da anni riuscito a fagocitare il partito Repubblicano e secondo i sondaggi la stragrande maggioranza degli elettori del GOP voterebbe per lui in caso di ricandidatura; in più, la percentuale di cittadini che approvano l’operato di Biden è in costante calo. Ma il punto più importante è che, sarà anche caduto Trump, ma non è di certo morto il trumpismo.

Donald Trump e Steve Bannon (crediti: Toscana Calcio)

Chi non se la passa bene è Steve Bannon, ex consigliere e stratega proprio di Trump che ha collaborato con movimenti populisti europei. È nei guai giudiziari per via dell’assalto al palazzo del Congresso americano avvenuto ad inizio anno, nello specifico è stato incriminato per oltraggio al Congresso per essersi rifiutato di collaborare con la commissione d’inchiesta sui fatti di Capitol Hill e per non aver fornito ad essa dei documenti richiesti. L’ultima notizia è che, in attesa del processo, a Bannon è stata concessa la libertà vigilata ma non potrà lasciare gli Stati Uniti.

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