L’anno finisce e i giornali si affollano a salvare qualcosa dai 12 mesi trascorsi, foto, film, notizie, interventi più o meno illuminanti che hanno animato il dibattito pubblico. Allora come sottrarci dallo stilare una lista che non è un bilancio ma più un’ammissione che sì, qualcosa di buono è venuto fuori anche nel 2021 e i conti con l’arte e la letteratura non sono mai del tutto chiusi (per fortuna).
Dove rimane solo lo spirito di rappresaglia, la lotta ai no vax, la satira patinata e fine a se stessa, noi ci teniamo stretta la convinzione, nient’affatto astuta, che si possano ancora raccontare delle storie, con diverse voci e diversi pretesti narrativi, ma senza lasciarsi assorbire dalla cronaca e dai facili guadagni- senza nemmeno negarla, anzi passandoci attraverso, come solo si può fare nelle grandi crisi.
Di getto dunque, una parziale ricognizione di contributi pubblicati nel 2021 che ci hanno fatto bene (o che l’hanno fatto a persone che conosciamo e ce lo hanno raccontato): 3 libri, 3 film, 3 album e un podcast, che fa 10.
Insomma, circa.

Yoga (Emmanuel Carrère)
Affacciarsi ad un libro di Carrère è più regalarsi qualche ora con la coscienza di uno scrittore tutto sommato sublime ma dalla morale deludente, capace di raccontarti lo stesso episodio in maniera diversa a distanza di qualche romanzo, di saltare dal saggio al racconto d’amore, al reportage, all’impegno civile. Yoga porta su di sé il peso di una vita vissuta con l’impeto di raccontarla e il silenzio e la solitudine necessari per farlo in maniera esemplare.
Da leggere, regalare, rubare in biblioteca il prima possibile.

Di chi è la colpa (Alessandro Piperno)
Parlare di famiglia è una di quelle cose che in fondo a noi italiani ci riesce bene- e allora facciamolo. O meglio, leggiamo le pagine di chi quest’anno lo ha fatto senza abbandonare la propria personalissima voce, lasciandoci a fare i conti con un groviglio di sensazioni che avremmo voluto dimenticare ma in fondo ci caratterizzano come esseri umani, su tutte il problema della colpa.

Gli invisibili (Pajtim Statovci)
“‘Me la leggi?’. La sua richiesta sulle prime mi disturba, ma non ci metto molto a cedere, perché è proprio quello che stavo aspettando. Che altro vuol dire scrivere, penso, se non essere disposti a tutto, farsi del male e accettare la propria incompiutezza, come attraversare una piazza affollata completamente nudo?”
Perché un libro finlandese non lo si legge mai, eppure quanto ci perdiamo.
È stata la mano di Dio (Paolo Sorrentino)
Al cinema o su Netflix, una storia che non possiamo perderci perché fa tanto bene; narrazione limpida, personaggi equilibratamente costruiti, compresa la città, una Napoli che non definirei da sogno ma da cartolina con i bordi spiegazzati uscita da un romanzo con il prezzo stampato in lire. Non è questione né di nostalgia, né di amore, solo una forte passione che cresce piano piano ed un ammonimento alle luci dell’alba: non ti disunire!
Rifkin’s festival (Woody Allen)
Uscire a maggio nel nostro paese, nel secondo anno di pandemia non ha di certo portato fortuna all’ultima pellicola di Woody Allen, che ci fa dono di una splendida canzone d’amore per il cinema, dalle note malinconiche ma ancora capaci di scaldarci.
DUNE (Denis Villeneuve)
Un titolo che aspettavamo da qualche anno che ha avuto il pregio di riportarci tutti al cospetto di un genere, quello fantasy, che se approfondito con strumenti raffinati come quelli messi in campo da Villeneuve assume un’importanza e una profondità inediti; una storia fatta di vedute sterminate, silenzi e suoni prima che di parole. Se vi addormentate, non preoccupatevi; è fatto anche per questo.
La terza estate dell’amore (Cosmo)
Un disco diverso dai precedenti, più riflessivo ed eterogeneo; da un pezzo all’altro si perde il filo, la nostalgia, la voglia di ballare, una forte incazzatura casuale a seguire il ritmo, il battito dentro tutti i pezzi. Da ascoltare e riascoltare, fino a metterle tutte nei preferiti.
OBE (Mace)
Un esordio per un artista che conosciamo come producer e beatmaker, che assomma su di sé gran parte di quanto di interessante si sta facendo nell’area hip- hop e urban negli ultimi anni, con una cifra poetica e anche un po’ mistica e malinconica in alcuni pezzi. Per lasciarsi sorprendere.
IRA (Iosonouncane)
IRA più che un disco è un esperimento, un rito da ascoltare al buio ma non tutto in una volta (pena lo stancarsene e non apprezzarne a fondo la complessità). Non serve essere fan di uno o l’altro genere, IRA è per tutti e per nessuno ma chiede di essere ascoltato.
Morning (Il Post)
Il primo episodio della rassegna stampa (e chiamarla così è abbastanza riduttivo) condotto da Francesco Costa va in onda il 17 maggio e da allora conosce un grandissimo successo di pubblico. Il podcast, ora riservato agli abbonati al Post, ci ha tenuto compagnia negli ultimi sei mesi e continua a farlo offrendoci spunti di riflessione e presentandoci notizie che altrimenti rischieremmo di perderci. Un’avvertenza: utilizziamolo come strumento e non come sostituto alla nostra capacità critica. Francesco Costa fa un ottimo lavoro, ma non dimentichiamoci di fare il nostro.
EXTRA: Inside (Bo Burnham)
Non solo un film, non solo un album ma un’opera completa, per la quale gli aggettivi sono difficili persino da trovare. Mi faccio andare bene profonda e disincantata, piena di dubbi ma anche d’amore. Proprio per tutti, soprattutto per le persone a cui volete bene. Di seguito, una delle canzoni che costruiscono parte integrante dell’esperimento.